venerdì 31 marzo 2023

TTR: le dichiarazione di Andrea Marcucci a Linkiesta

Think Tank Reformists pubblica le recenti dichiarazioni di Andrea Marcucci a linkiesta.it del 30 marzo 2023 

La solitudine del Riformista, La svolta radicale di Schlein apre uno spazio ai liberaldemocratici, dice Marcucci a Linkiesta

A Linkiesta l’ex capogruppo del Pd spiega: «Siamo passati in pochi mesi dall’agenda Draghi a un partito che sembra assumere come modello Mélenchon. C’è una parte dell’Italia, che per cultura o per le idee che professa, rischia di non essere più rappresentata», «l’importante è che si faccia il partito unico»

«Nel “nuovo” partito di Elly Schlein i liberaldemocratici non servono più, come non serve più chiunque venga da un’altra cultura politica. Questo vale anche per il cosiddetto organigramma, con la nomina della nuova segreteria». Così Andrea Marcucci, già capogruppo del Partito democratico al Senato, spiega a Linkiesta il primo vero effetto causato dalle scelte della neosegretaria: il lento ma inesorabile isolamento dell’ala riformista dem dalle decisioni del partito. Un cambiamento che non riguarda solo la nomina dei fedelissimi nei posti cruciali di comando, ma che investirà in futuro anche la linea politica, finora ancorata sull’atlantismo e il riformismo: «Vedremo come muterà il posizionamento politico sui singoli temi. Faccio una previsione: cambierà tanto».

Eppure, l’elezione a presidente del Pd di Stefano Bonaccini aveva fatto pensare a una gestione diversa, più unitaria, del partito. È finito il sogno del Pd riformista?

Finora la segretaria non si è molto esposta sull’agenda politica, lo farà presto in nome di una sorta di mandato elettorale ricevuto con il 53,8 per cento delle primarie. Sia chiaro, nulla di illegittimo, il Pd si caratterizzerà come un partito spostato del tutto a sinistra, quando invece la sua origine è sempre stata di centrosinistra.

Qual è secondo lei la ragione di questa ostracizzazione dell’area più riformista del partito? In fondo tra gli iscritti Bonaccini ha preso il 52,9 per cento, Schlein solo il 34,9 per cento.

È una scelta politica, e sottolineo nuovamente legittima. Siamo passati in pochi mesi dall’agenda Draghi a un partito che sembra assumere come modello Mélenchon, diventando il contenitore di tutte le piazze, come dice enfaticamente il capogruppo Boccia.

Lei ha dichiarato: «Non mi piace chi se ne va a prescindere, io prima devo capire in quale direzione andremo, perché per me la Schlein è ancora un enigma». Lo è ancora dopo queste prime scelte politiche?

Sempre meno un enigma, a essere franchi. C’è ancora cautela nell’esporsi direttamente, ma il profilo di quello che viene definito nuovo Pd, sta emergendo.

Anche se lentamente, sta nascendo il partito unico dei liberali e dei popolari. Calenda e Renzi hanno sempre dichiarato di voler aprire le porte a tutti i riformisti. Data la sua esperienza importante nel Partito Liberale Italiano, ci ha fatto un pensiero sul poter entrare in queste nuova formazione politica?

Esprimo un giudizio ‘neutro, la cosa più importante è che questo partito unico si faccia. C’è una parte dell’Italia, che per cultura o per le idee che professa, rischia di non essere più rappresentata. La svolta a sinistra del Pd e il posizionamento marcatamente sovranista di Forza Italia, crea oggettivamente spazio a una formazione politica con le caratteristiche immaginate da Renzi, Calenda e dai liberali.

Senza un Pd riformista a vocazione maggioritaria potrebbero coesistere un partito socialdemocratico (la “ditta” per intenderci) e uno a chiaramente riformista, atlantico liberaldemocratico?

Assolutamente si, serve una forza politica che assuma il tema della crescita economica, e che sia europeista e atlantista non a giorni alterni. Su questi temi, aspetto con ansia che anche Elly Schlein dica di più. Mi chiedo se ad esempio sull’Ucraina la pensi come Lorenzo Guerini o come Arturo Scotto?

In base agli ultimi sondaggi il Pd è cresciuto, ma togliendo i voti al M5s. Mentre il Terzo Polo ha ormai superato di molto Forza Italia. C’è spazio politico per una proposta liberale e riformista?

Che il Pd sottragga voti ai Cinquestelle è oggettivamente un fatto molto positivo. Che lo faccia, assumendo anche le battaglie di Conte, magari è più discutibile. Quanto a Forza Italia, la decisione di Berlusconi mi sembra chiarissima, affiancare Fratelli d’Italia. È un contesto che crea indubitabilmente uno spazio per una forza liberale.

Cosa ne pensa dei primi mesi del governo Meloni? È finita la luna di miele con il paese?

Addirittura, peggio delle previsioni. Tante sciocchezze inutili, ma purtroppo anche troppi disastri sui problemi dell’Italia. I ritardi sul Pnrr, le difficoltà con l’Europa, i passi indietro sui diritti civili: insomma un esecutivo decisamente non all’altezza.



 

 

giovedì 30 marzo 2023

TTR: Le proposte del Terzo Polo al Governo e alle Opposizioni

Think Tank Reformists vi propone un sunto della Conferenza Stampa che il 28 marzo il Terzo Polo ha tenuto alla Camera dei Deputati per illustrare quattro proposte, due al Governo e due alle forze di opposizione.

Al Governo, Carlo Calenda ha proposto la reintroduzione di Industria 4.0 e il ripristino di Casa Italia.

Alle opposizioni un accordo sul Salario Minimo e sulla Sanità.

LA SANITÀ è ormai la prima vera emergenza italiana: quasi 4 milioni di cittadini rinunciano a curarsi. Siamo convinti che i 10 miliardi derivanti quest'anno da risparmi sull'energia, maggiore crescita e rimodulazione del Superbonus vengano spesi sulla salute. Si concentrano in due differenti piani per lo smaltimento in un anno delle liste d'attesa e per affrontare la drammatica situazione dei nostri Pronto Soccorso.

PIANO PER LO SMALTIMENTO DELLE LISTE DI ATTESA

Nel 2050 gli over 65 saranno il 35,9 percento della popolazione italiana, con un rapporto tra giovani e anziani di 1 a 3 e conseguente aumento medio delle malattie croniche e costi maggiori per il SSN. Il 60 percento delle strutture ospedaliere ha più di quarant’anni e la metà è di dimensioni troppo piccole. Nel 2024 la quota di finanziamento della sanità in rapporto al Pil sarà pari al 6,4 percento, minore rispetto alla quota pre-Covid. Nel 2021 la spesa pro-capite in sanità in Italia è stata pari a 2.856 euro, molto minore rispetto a Germania (5.944 euro), Francia (4.355 euro), e alla media Ocse (3.771 euro). I ritardi nelle liste di attesa, tra i 3 ai 24 mesi, stanno danneggiando la salute e comportando maggiori costi, con un calo delle nuove diagnosi e delle malattie in stato più avanzato: a causa della pandemia non sono stati effettuati circa 2,5 milioni di screening oncologici.

Le nostre proposte: 

        aumentare l’offerta di prestazioni nel breve periodo (per smaltire le liste entro 1 anno), a) sovvenzionando l’utilizzo dell’intramoenia per smaltire le liste di attesa per le visite ambulatoriali (costo stimato di 2 miliardi); b) affidando alle strutture accreditate gli esami diagnostici (costo stimato di 7,8 miliardi); e, c) riorganizzando il processo, affinché siano le ASL a pagare le visite in intramoenia e presso le strutture accreditate, senza che i cittadini anticipino le spese;

        aumentare l’offerta di prestazioni nel medio e lungo periodo (3-5 anni), a) potenziando l’organico delle strutture sanitarie; b) rendendo più attrattivo il SSN; e, c) sviluppando la telemedicina grazie ai fondi messi a disposizione dal PNRR;

        ridurre la domanda di cure ospedaliere nel medio e lungo periodo,  a) rafforzando la medicina territoriale e, b) potenziando le attività di prevenzione.

Il finanziamento delle proposte di lungo periodo deve avvenire attraverso un aumento della spesa in sanità: adeguando il finanziamento del SSN al livello degli altri Paesi Ue, si avrebbero a disposizione almeno 21 miliardi di euro in più ogni anno.

PIANO PER I PRONTO SOCCORSO

i Pronto Soccorso italiani versano in una condizione critica. Molti medici di urgenza del SSN si sono dimessi negli ultimi anni e mancano attualmente 4.500 medici di emergenza su circa i 12.000 necessari. Le borse per le scuole di specializzazione in questa branca rimangono non assegnate per il 50 percento perché non ci sono abbastanza richieste. Il lavoro è usurante e non viene remunerato adeguatamente. I Pronto Soccorso sono sovraffollati, perché il personale è insufficiente mentre il numero di accessi dei pazienti oltremodo elevato. Il tasso di incidenza di aggressione per gli operatori ospedalieri è estremamente alto (9,3 per 10.000 lavoratori, con il 77 percento dei medici di urgenza che ha dichiarato di aver subito aggressioni).

Le nostre proposte:

        potenziare il reclutamento dei medici di Pronto Soccorso, a) rendendo più attrattivo il reparto di Pronto Soccorso (aumentando le indennità, riconoscendo il lavoro nei Pronto Soccorso come lavoro usurante, esonerando il personale dai turni notturni dopo una certa età, attribuendo un numero di ferie aggiuntivo e garantendo un’idonea copertura assicurativa) e, b) aumentando qualità e quantità dei medici (vietando i medici a gettone e assumendo i medici specialisti in formazione sin dal primo anno);

        ridurre gli accessi ai Pronto Soccorso, a) potenziando l’attivazione di gestione domiciliare, la Continuità Assistenziale e la telemedicina, b) introducendo protocolli condivisi con RSA e servizi di consulenza con geriatri per gli accessi non necessari e, c) destinando personale amministrativo a compiti di carattere esecutivo-burocratico;

        combattere il c.d. “boarding”, ossia l’attesa del paziente di un posto letto in reparto dopo la decisione di ricovero, che per il 50 percento dei pazienti urgenti è superiore a 9 ore, portando l’attuale numero di posti letto (3,1 per 1.000 abitanti) in linea con la media europea (5 per 1.000 abitanti);

        istituire un presidio fisso e linee dedicate delle Forze dell’Ordine e telecamere di sorveglianza presso le strutture e nelle sale di attesa dei Pronto Soccorso. 

SALARIO MINIMO: Sul tema è giunto il momento di avanzare proposte concrete e di discuterle seriamente. Quelle del Pd e dei 5 Stelle sono inconciliabili. Noi ne abbiamo prevista una.

PROPONIAMO DI INTRODURRE UN SALARIO MINIMO DI 9 EURO L’ORA :

Si applica a tutti i lavoratori dipendenti e a tutti i lavoratori saltuari e parasubordinati i cui corrispettivi economici sono

determinati su base oraria (indipendentemente dalla tipologia di contrattualizzazione).

        Il salario minimo di 9 euro l’ora deve essere comprensivo, oltre che della tredicesima e del TFR, anche del c.d. “salario differito” (es: sanità integrativa) e degli eventuali benefit accessori (es: buoni pasto).

        Devono essere concessi 12 mesi alle parti sociali per definire nuovi CCNL per i lavoratori attualmente scoperti e per adeguare

        al nuovo salario minimo i corrispettivi economici definiti nei CCNL vigenti. Tali adeguamenti non possono comunque determinare l’applicazione di un trattamento economico peggiorativo rispetto a quello applicato in virtù dei contratti collettivi in essere.

        Le imposte sui premi di produttività fino a 6.000 euro annui devono essere azzerate. Attualmente l’aliquota del 5% è valida solamente per importi inferiori a 3.000 euro.

        Gli aumenti salariali che derivano dalla contrattazione di secondo livello devono essere detassati

INDUSTRIA 4.0, chiediamo al Governo che sia pienamente ripristinata perché le imprese devono poter investire in innovazione, transizione ecologica e formazione. Deve essere chiaro a tutti, soprattutto alle altre forze d'opposizione: senza crescita non esiste redistribuzione. Nello specifico, indichiamo di utilizzare i fondi del Pnrr per il 2023 e il 2024.  

PROPONIAMO DI RIPRISTINARE IMPRESA 4.0 UTILIZZANDO I FONDI DEL PNRR PER IL 2023 E IL 2024:


        Ripristinare l’iper ammortamento (250%) per i beni strumentali innovativi e il super ammortamento (130%) per i beni strumentali nuovi. Il costo è di circa 6,6 miliardi l’anno.

        Estendere gli incentivi previsti per i beni tecnologicamente avanzati agli investimenti per la transizione ecologica. Il costo è di circa 4,5 miliardi di euro l’anno.

        Potenziare il credito di imposta per ricerca e sviluppo che è stato dimezzato nel 2023. Il costo è di circa 400 milioni di euro.

        Reintrodurre il credito “formazione 4.0” il cui costo è di 150 milioni l’anno.

Infine, chiediamo a Meloni di ripristinare IL DIPARTIMENTO CASA ITALIA E LA STRUTTURA ITALIA SICURA per il contrasto al rischio idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche e la lotta alla siccità.

Questo è il nostro modo di fare politica: con proposte concrete e sempre aperti al dialogo con maggioranza e opposizioni.  

L'Italia è più forte di chi la vuole debole.



 

 

 

martedì 28 marzo 2023

Gaetano Salvemini, quest’anno il 150° anno dalla nascita. Le iniziative di Think Tank Reformists

Think Tank Reformists sta preparando alcune iniziative, per onorare la memoria di Gaetano Salvemini e per ricordare uno dei primi autorevoli fondatori del pensiero Riformista Italiano.

Socialista atipico, storico, giornalista, scrittore, docente universitario, antifascista attivo, esule.

Dotato di una visione profondamente laica della vita, dall’avversione ai dogmatismi e alle nebbie ideologiche, lottò contro il fascismo, il comunismo, la monarchia, la burocrazia, il clericalismo, lo statalismo.  

Considerato il precursore del Riformismo democratico assieme ad Ernesto Rossi, di cui fu amico, come amico fu dei Fratelli Rosselli in esilio.

Lo ricordiamo con un suo aforisma: “L'imparzialità è un sogno, la probità è un dovere.»

Fu uno dei pochi che si contrappose al governo democristiano e al Fronte Democratico Popolare. Precursore del Terzo Polo.

Ha insegnato alle Università di Firenze e Pisa, è uno dei nostri, un Riformista e un Libertario.

I Riformisti Toscani di Think Tank Reformists lo ricordano con ammirazione e affetto, seguendo le celebrazioni in itinere.

Diamo pubblicità di una prima iniziativa promossa da: Istoreto e Fondazione Luigi Einaudi di Torino.

Presentazione del libro:

«Non ci è lecito mollare» Carteggio tra Amelia Rosselli e Gaetano Salvemini a cura di Carla Ceresa and Valeria Mosca (effigi, 2023)

30 marzo, ore 18 Sala ‘900 | Polo del ’900 | Via del Carmine, 14 | Torino

È prevista la possibilità di seguire l’incontro anche online sul canale YouTube dell’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini.

Alla presentazione del volume, oltre alle curatrici, prenderanno parte Simone Visciola, Massimo L. Salvadori, Paolo Soddu e Giovanni De Luna. Introduce e modera Federico Trocini. Saluto di Alberto Sinigaglia e Chiara Colombini. Letture di Federica Tabbò.

L’iniziativa, promossa da Polo del ‘900, Istoreto e Fondazione Luigi Einaudi di Torino, inaugura ufficialmente l’avvio delle Celebrazioni del 150° anniversario della nascita di Gaetano Salvemini, di cui l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini di Torino è primo patrocinatore.




 

 

La drammatica inconsistenza della Cgil e di tutto il fronte d’opposizione Un articolo di Mario Lavia x linkiesta.it

 Pubblichiamo con qualche giorno di ritardo una riflessione di Mario Lavia su linkiesta.it che ci era sfuggita e che abbiamo recuperato da fucinaidee.it  Una riflessione sulla CGIL che era e che non è più.

Il diciannovesimo Congresso nazionale della Cgil che termina oggi passerà alla storia per due cose: l’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, leader del partito dell’estrema destra italiana, e l’inesistenza di un “fronte” di opposizione. Non esattamente un successone, né dal punto di vista strettamente politico né da quello dell’immagine.

Sotto l’aspetto più soggettivo, è ancora una volta emersa la difficoltà del maggiore sindacato italiano a fornire una persuasiva chiave di lettura della situazione italiana – lasciamo stare, per carità di patria, le questioni internazionali, se non per rimarcare l’assoluta marginalità del sostegno alla battaglia del popolo ucraino – e di conseguenza parole d’ordine mobilitanti e indicazioni forti per recuperare il rapporto soprattutto con le nuove generazioni, ma non solo con esse.

Non bisogna meravigliarsi più di tanto della completa mancanza di dialettica interna – Maurizio Landini è da tempo il “padrone democratico” della Cgil – anche perché è da anni che quando esistono lotte interne queste restano sempre ben confinate in casa propria, nei congressi di categoria che precedono quello nazionale. Non è questo il punto, anche se francamente viene da chiedersi per quanto tempo ancora la Cgil dovrà somigliare a un partito comunista dell’est pre-1989.

In ogni caso, il dramma vero della Cgil sta nella sua verticale crisi di rappresentanza del mondo del lavoro e soprattutto dei soggetti che in quel mondo non riescono ad accedere. Il problema d’altronde non è stato sottaciuto nemmeno dal segretario generale nella sua verbosa relazione, e questo va a suo merito. Ma come fare per riuscire a tornare punto di riferimento dei lavoratori nel loro complesso, ecco, questo è un nodo gigantesco che non è stato nemmeno lontanamente risolto.

Probabilmente Maurizio Landini e il suo gruppo dirigente non sanno bene come uscirne: come mettere insieme rider, operai, impiegati, tecnici, partite Iva senza un grande disegno nazionale? Di qui la scelta di fare un congresso mediatico, che abbiamo qui ironicamente battezzato “Maurizio Landini show”, dove si è parlato di tante cose tranne che di quella più importante: come ricostruire la Cgil nella frantumata società italiana di oggi.

Ricostruire, sì: perché da soggetto generale, forte numericamente e influente politicamente, oggi il sindacato di Landini bene che vada è giusto uno strumento di assistenza per lavoratori e cittadini, riesce ancora a firmare qualche contratto, a dar vita a qualche lotta, ma la funzione nazionale, generale, dell’epoca dei Consigli, della svolta dell’Eur, degli accordi degli anni Novanta, quella proprio non esiste più.

C’è anzi persino incertezza nell’individuare proposte forti, limitandosi spesso al comodo rifugio dei no, mentre un tempo le ricette del sindacato avevano un peso anche nelle scelte dei partiti della sinistra.

Invece giovedì a Rimini è andata in scena una tavola rotonda dalla quale è emerso che le opposizioni non appaiono in grado, al di là di singoli punti come il salario minimo (peraltro in disaccordo proprio con la Cgil…), di fornire una piattaforma politica alternativa seria a quella del governo.

Se la Cgil insomma voleva essere il lievito per far crescere il “pane” dell’opposizione, l’operazione è fallita: e non per cattiveria di Carlo Calenda, che nel suo modo ruvido ha dato una lezione di realismo, ma perché gli altri capi dell’opposizione non sono stati in grado di prospettare una linea convincente e unitaria. Si potrà dire che Landini ci ha provato, a fare un’operazione politica. Non gli è andata bene. Forse andrà meglio se si dedicherà esclusivamente al compito di ridare un senso forte alla sua organizzazione, perché questo senso forte adesso non ce l’ha.

(da www.linchiesta.it - 18 marzo 2023)




lunedì 27 marzo 2023

Intervento di Francesco Colucci x Think Tank Reformists, al Consiglio Comunale di Lucca, aperto, sulla Sanità

Think Tank Reformists presenta al Consiglio Comunale due proposte precise e fattibili per una sperimentazione a Lucca nella Sanità, in accordo fra Comune e Regione per risolvere i due maggiori problemi dell'oggi: Il ritardo nelle prestazioni sanitarie e l'ingolfamento del Pronto Soccorso.

Le due proposte di sperimentazione illustrate da Colucci

Ringrazio il Sindaco e il Presidente del Consiglio Comunale per aver accolto la nostra richiesta di intervenire in questa preziosa riunione del Consiglio Comunale.

Ringrazio assessori e consiglieri comunali per l’attenzione che vorranno dare a due proposte concrete che faremo.

A Lucca, in Toscana, come nella maggior parte dele Regioni Italiane, abbiamo sulla sanità pubblica, due problemi più grandi e più urgenti di molti altri.

Il ritardo nelle prestazioni, negli esami, nelle visite specialistiche spesso di molti mesi e il sovraffollamento del pronto soccorso.

Mancanza di macchinari efficienti e soprattutto mancanza di personale, sottoposto a turni massacranti.

Per risolvere questi due annosi problemi occorrerebbero molti investimenti, molti soldi che sul bilancio italiano e della toscana, non ci sono.

L’Europa in questo caso avrebbe provveduto con 36 miliardi del MES, che il nostro governo, Meloni in primis, non vogliono, per non smentire anni di politica populista di opposizione, fatta negli anni passati.

Queste sono questioni nazionali e regionali che io ma anche voi possiamo denunciare ma non certo risolvere.

Vogliamo invece porre la vostra attenzione su un modesto contributo concreto che possiamo portare come Think Tank Reformists, un piccolo Blog-pensatoio culturale sorto da poco a Lucca.

La proposta che presentiamo è specifica per Lucca e la Lucchesia e crediamo che il Sindaco Mario Pardini, di cui conosciamo le capacità di innovazione e concretezza, potrebbe portare avanti come sperimentazione locale, in accordo alla Regione Toscana.

La difficoltà della sanità pubblica si può risolvere solo con nuovi grandi investimenti o con il contributo dei privati.

La sanità privata spesso di eccellenza ha costi importanti e trova un rigetto ancestrale nella sinistra italiana.

A Lucca esiste una sanità privata molto importante che è sanità sociale, cioè privati senza fine di lucro.

Il Centro di Sanità Solidale nasce grazie all’intuizione dell’Associazione “Amici del Cuore” di Lucca che, in un periodo di crisi economica globale, ha voluto dare una risposta concreta alle esigenze sanitarie dei cittadini che non trovano la giusta e tempestiva assistenza nel nostro SSN.

Il Centro di Sanità Solidale si avvale delle migliori professionalità e di moderne attrezzature pur garantendo prestazioni sanitarie a basso costo.

Le proposte sperimentali che il Sindaco potrebbe proporre alla Regione, in un tavolo di concertazione a tre, sarebbero due.

Una molto semplice: le prestazioni arretrate del territorio lucchese potrebbero essere dirottate sui servizi sanitari specialistici del Centro di Sanità Sociale, agli stessi costi del SSN.

Il Centro di Sanità Sociale ha apparecchiature di avanguardia e personale specializzato quasi tutto proveniente dagli ospedali lucchesi, per raggiunti limiti di età, in un campo in cui l’esperienza non è certo un difetto.

Una cosa semplice, a costi invariati, fattibile da subito.

Una sperimentazione che potrebbe fare da apripista ad altre realtà toscane, mentre risolverebbe immediatamente, per la Lucchesia, un problema drammatico.

La seconda sperimentazione più complicata ma non impossibile dato il contenitore attrezzato di Campo di Marte, è il ricercare sempre con il Centro di Sanità Sociale, di dare vita a un Pronto Soccorso ausiliario, per la cura delle emergenze più lievi.

Dopo lo screening fatto dal Pronto Soccorso del San Luca, la risoluzione dei casi valutati nei primi due colori, meno urgenti, potrebbero essere dirottati su una struttura in Campo di Marte gestita da personale del Centro di Sanità Sociale.

Ci sarà il contrattempo dello spostamento del richiedente assistenza dal San Luca al Campo di Marte, ma sempre meno invasivo che stare ore e ore su una sedia ad aspettare il proprio turno.

Signor Sindaco a Lucca abbiamo un privato nella sanità a Lucca che non è un privato tradizionale, non ha scopo di lucro ed è dotato di macchinari e personale di primo livello.

Come Think Tank Reformists, iniziativa nostra e non per conto, le chiediamo, umilmente e cortesemente, di approfondire la cosa: parli con il Centro di Sanità Sociale, poi con la Regione, verifichi la possibilità di fare uno o tutte e due queste sperimentazioni.

Nel caso sia possibile dar vita a questa sperimentazione pensi a quale ritorno per i suoi cittadini che vedrebbero abbattuti i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie e che soddisfazione sarebbe per il suo Comune, di essere, unico in Toscana, a riuscirci.

Grazie dell’attenzione

Francesco Colucci per Think Tank Reformists



 

 

 

domenica 26 marzo 2023

TTR: L'intervista a Nicola Danti di Edoardo Sirignano per "L'identità"

 Pubblichiamo l'intervista a Nicola Danti da parte di Edoardo Sirignano per l'Identità"

"Nel nuovo partito dovrà esserci un riferimento a Renew Europe". A dirlo Nicola Danti, vice-presidente del gruppo e coordinatore di Italia Viva in Toscana

Partito unico tra Iv e Azione. Quali i tempi?

Quelli stabiliti all'ultimo comitato politico. Approvazione del manifesto e delle regole congressuali entro metà giugno, apertura delle sottoscrizioni e congresso fra settembre e ottobre. Come ho sempre detto, comunque, non mi interessano tanto i tempi, quanto fare un percorso inclusivo e il più aperto possibile. Penso a tutto quel mondo che ci sta guardando perché vede in noi una grande opportunità.

Avete pensato già un nome, magari si chiamerà Renew Italia?

Escludo che si possa chiamare un partito con una denominazione inglese. Detto ciò, nel nuovo simbolo un riferimento a Renew Europe dovrà esserci. Ciò che è certo e che decideremo una sigla ed un simbolo che fotografi la nostra radice culturale, liberal-democratica e popolare.

Calenda si candida a segretario. Lo sosterrete oppure l'area renziana avrà un proprio candidato?

Non partiamo dalla fine. L'elezione del segretario è il passaggio finale del percorso. Abbiamo detto a Carlo che per noi lui può andare avanti ed è probabile che sarà così. Non è questo, però, l'oggetto attuale della discussione.

Quale il futuro di Matteo Renzi. Sarà leader di partito o immagina un ruolo di prestigio all'estero?

Renzi è un leader oggi e lo sarà domani indipendentemente dal guidare un soggetto politico. Ora lo trovo impegnato a dare una mano alla costruzione del partito unico. Su un ruolo all'estero vedremo, una personalità come la sua può ambire a tutto.

Considerando la vittoria di Schlein, si sono aperti maggiori spazi per il Terzo polo?

Schlein sta facendo un ottimo lavoro: ha trasformato il Partito Democratico in un nuovo partito di sinistra che compete con il Movimento 5 Stelle dell'ex premier Conte, il che è tutto un dire visto che è quello dei decreti Salvini, ma va bene cosi. Se si apriranno maggiori spazi dipenderà soprattutto dalla nostra capacità di interpretare le aspirazioni di tanti che da Veltroni in poi avevano riposto nel Nazareno la speranza di costruire una forza riformista, aspirazione che dopo Renzi si è inabissata.

Secondo i rumors diversi dem pronti a lasciare i dem per tornare alla vecchia casa. Ha avuto qualche contatto con qualche suo ex compagno di partito che le ha chiesto informazioni rispetto al nuovo movimento?

Quotidianamente registriamo il disagio dei dirigenti, ma soprattutto degli elettori. Dopodiché il futuro del nostro partito non dipenderà tanto dalla capacità di prendere pezzi di classi dirigente quanto da conquistare un popolo che oggi rischia di essere senza dimora.

Qualcuno dice che sarete pronti a fare da stampella al governo MeIoni qualora sia necessario. È davvero così?

Non facciamo stampella a nessuno, ma è anche vero che Meloni non ne ha bisogno. Se così fosse vorrebbe dire che è già finita un'era politica e se ne sta aprendo un'altra, cosa che non escludo potrebbe succedere presto. Ovviamente con Meloni a quel punto fuori dalla partita.

Cosa intendete per opposizione costruttiva?

Pensare al bene dell’Italia, prima di tutto, come quando diciamo a Meloni di non schierarsi con i sovranisti in Europa per poi tornare sempre a mani vuote dai tavoli che contano. Noi facciamo proposte concrete senza fare sconti a nessuno. L'opposizione ideologica la lasciamo ad altri.

Qualora si faccia un congresso, ci sarà anche Danti? Magari avrà un nuovo ruolo in Toscana?

I destini personali sono la cosa meno importante. In questo momento sono concentrato come vicepresidente di Renew Europe, relatore del Cyber Resilience Act e coordinatore regionale di Italia Viva. Questo è quello che mi interessa fare bene. Sono uno scout, sono abituato ad essere utile e ad aiutare gli altri, in qualunque posizione.

 


 

 

 

 

mercoledì 22 marzo 2023

Carlo Calenda al Congresso della CGIL

Ieri sono stato al Congresso della CGIL. Ho deciso di evitare giri di parole, di lisciare la platea e sono andato "dritto per dritto", come si dovrebbe fare innanzitutto per rispetto nei confronti di chi ti ascolta. Non l'hanno presa benissimo. Poco male, i confronti franchi e diretti mi sono sempre piaciuti.

Ho chiarito che per noi le alleanze si fanno sui contenuti, non contro "gli altri". Non condividiamo le posizioni di Schlein, Conte e CGIL su Ucraina, energia, politica industriale, politica economica, lavoro, ambiente. Su che basi potremmo mai governare? E a cosa serve la politica se non a governare, possibilmente cambiando in meglio la vita delle persone?

Aggiungo che un PD sempre più indistinguibile da Articolo 1 e dai Verdi di Bonelli, che si contende l'elettorato con i 5S (su posizioni pressoché identiche), non potrà mai vincere le elezioni.

E se ciò non bastasse, non ci sono elezioni in vista che prevedano alleanze.

Quello che occorre fare è lavorare, se possibile, su proposte comuni dell'opposizione. Per questo ho invitato tutti a unirsi sul nostro progetto di azzeramento delle liste d'attesa della sanità presentato la scorsa settimana. Ci sono 98.000.000 di prestazioni arretrare, un dato indegno di un Paese civile. Questa è l'emergenza da sanare per avere più equità! Altro che Superbonus e la proposta della Schlein di lavorare meno a parità di salario.

Il momento più assurdo di tutta la manifestazione è stato quando Conte, tra gli applausi della platea, mi ha rinfacciato di aver votato con la destra. La cosa surreale è che questa accusa (falsa, Ucraina a parte) mi è stata mossa dal "burattino" (cit. del capo dei liberali al Parlamento Europeo) di Salvini quando era in modalità "ruspa".

La memoria selettiva è IL nostro problema. Una "malattia" che alimenta la faziosità e mina la capacità di giudizio dei cittadini. Questo Paese è prigioniero di retorica e ipocrisia tanto quanto è ossessionato da un vuoto confronto di slogan e ideologie. Come Azione siamo nati per opporci a tutto questo e offrire soluzioni concrete fondate su idee chiare e nette che riflettono ciò che è possibile fare.

Per noi prendere in giro i cittadini con false promesse è innanzitutto immorale. Così come immorale è nascondere ciò che si pensa dietro parole vuote e espressioni barocche.

La prossima settimana interverrò in Senato sul Consiglio Europeo. Parlerò di come gestire seriamente l'immigrazione. Gli arrivi sono triplicati rispetto agli scorsi anni e con essi le morti in mare. Le promesse di assurdi blocchi navali della Meloni sono svanite come neve al sole e oggi il Governo appare del tutto impreparato ad affrontare un fenomeno complesso destinato a durare.

Avanti dunque! Con determinazione e serietà. Abbiamo bisogno del vostro sostegno



sabato 18 marzo 2023

Incatenati al massimalismo - La sinistra alle prese con il suo passato non vede il futuro. di Beppe Facchetti

Think Tank Reformists pubblica un interessante articolo di Beppe Facchetti pubblicato da www.linchiesta.it  il 17 marzo 2023 e replicato su fucinaidee.it

La sinistra massimalista si riaffaccia prepotentemente nel traballante PD con uno sterile vecchio dibattito sull'art.18 e il Jobs Act disconoscendo anche i chiari successi di queste scelte politiche. Un ritorno al passato, come se presente e futuro non esistessero. Un ottimo articolo che mette a nudo come il massimalismo di sinistra sia solo passato.

Incatenati al massimalismo - La sinistra alle prese con il suo passato non vede il futuro. di Beppe Facchetti

Se la sinistra politica si divide oggi in Italia in almeno quattro frazioni, non ci si può certo stupire se la cultura corrispondente si spacca a sua volta in tendenze diverse.

Ne è prova un recente confronto su Repubblica tra Aldo Schiavone e Carlo Galli (stessa appartenenza culturale, due soluzioni opposte).

Lo conferma lo strepitoso esito elettorale delle Primarie del Partito democratico, con due risultati contraddittori, ma paradossalmente entrambi plausibili.

A meno di accontentarsi del nuovo in quanto nuovo (nuova segretaria, nuovo genere al comando, nuovo linguaggio contro i cacicchi, nuovi applausi dei cacicchi a sé stessi), un chiarimento sarebbe necessario.

La sconfitta, e l’occasione di elezioni ancora lontane, offrono la possibilità di rigenerarsi e provare a battere una destra oggi appagata dal suo transitorio successo e quindi disattenta a riflessioni strategiche di cui pure, a sua volta, avrebbe urgente bisogno.

In attesa di tutto questo, il dibattito tra Carlo Galli e Aldo Schiavone segnala una distanza pressoché totale sia nell’analisi che nelle proposte.

Al di là di un rispettoso galateo formale nelle argomentazioni, due intellettuali di area seguono percorsi culturali segnati da discontinuità (Schiavone) e conservazione (Galli) ancor più inconciliabili, alla luce della contestuale lettura di un piccolo libro di grande qualità (“Sinistra! Un manifesto”, editore Feltrinelli) con cui Schiavone supera violentemente tutte le categorie continuiste del pensiero di sinistra.

Aldo Schiavone esorta addirittura la sinistra ad accettare la realtà e cioè la vittoria del capitalismo e la sconfitta finale del socialismo, mentre Galli fa slalom tra riformismo e socialismo, costringendo il titolista del suo saggio a una affermazione che sembra un po’ surreale: “Il riformismo senza sinistra si chiama neo liberismo”. Come a dire che l’accettabilità del neoliberismo (cosa sia davvero mai nessuno lo spiega, c’è solo sempre un’allusione demoniaca) dipende da chi lo brandisce. Spiegandolo poi meglio, e premesso che la parola socialdemocrazia continua a essere «impronunciabile», il riformismo di cui si parla va inteso solo come la «fase transitoria» di un percorso il cui «obiettivo resta il socialismo».

Sarebbe sempre meglio la rivoluzione, ma bisogna prendere atto, (dolorosamente sembra necessario aggiungere), che quest’ultima deve essere accantonata, ma solo «perché impraticabile».

Muovendo da queste premesse, è dunque comprensibile, ma forse un po’ antistorico, che Galli citi il riformismo laburista di Tony Blair e la socialdemocrazia di Gerhard Schroeder come prodromi della successiva deriva neoliberista (ancora questo pensiero fisso).

Certo, si concede che esista un filone di riformismo democratico borghese, ma lo si distingue bene da quello socialista, quasi ne fosse una imperfetta imitazione.

I suoi meriti sono citati – Franklin Delano Roosevelt, stato sociale, società del benessere ecc. -, ma il filone principale resta l’altro, quello del riformismo «in mancanza di meglio» di cui parlava anche l’ex responsabile economico del PD, Emanuele Felice: un male minore, sempre perché la rivoluzione è «impraticabile».

Nessun dubbio sulla possibile contaminazione creatrice che potrebbe scaturire dall’esame degli insuccessi del socialismo, non solo quello reale, e da quello dei successi del capitalismo in termini di superamento della lotta di classe e di crescita sociale complessiva.

Aldo Schiavone è invece su questo punto inesorabile: chiede di abbandonare «come inservibile ogni idea di socialismo» (farlo sarebbe addirittura un «ultimo gesto autenticamente marxista; un’applicazione rigorosa e conclusiva di quel pensiero geniale») esortando a capire che «In termini strettamente economici e sociali, il capitale ha vinto la sua battaglia…e bisogna prendere atto con realismo di questo dato e saper chiamare le cose con il loro nome, senza addolcimenti».

Il realismo consentirebbe tra l’altro di non inseguire battaglie di retroguardia antiliberiste, concentrandosi magari meglio sull’insostituibile ruolo che la sinistra dovrebbe avere nel combattere le contraddizioni del capitalismo.

Uscendo però dallo schema che Carlo Galli ancora ripropone: quello di riforme pensate per adattare l’economia ai cittadini e non i cittadini all’economia (come se gli effetti negativi, talora catastrofici, del dirigismo nelle sue varie forme non avessero insegnato niente).

Il merito di Aldo Schiavone è di evitare le categorie astratte e prendere atto concreto della realtà, anche se intellettualmente scomoda.

E realtà significa capire le conseguenze della vera rivoluzione del nostro tempo: quella della tecnica e del capitale, con implicazioni dirette sul lavoro.

La sinistra non può non sapere che questi tre fattori hanno cambiato totalmente il quadro di riferimento. Non c’è più il conflitto tra operai e capitale, non ci sono più gli operai.

E va anche apprezzato il fatto che Schiavone si pone in una prospettiva universalistica di cittadinanza dinamicamente alternativo alle “nazioni” meloniane.

Quella da risolvere, sulle rovine di un’epoca chiusa, è se mai la diseguaglianza, che va affrontata a sua volta non con le vecchie categorie “socialiste”.

Magari Galli chiamerà liberiste queste priorità ma ci sembra innegabile che si debba finalmente pensare ad «un’eguaglianza che possa coesistere con la valorizzazione delle diversità individuali». Queste ultime devono essere le protagoniste di un diverso rapporto con beni comuni essenziali: salute, ambiente, informazione, democrazia.

Chi pensa pertanto a programmi di governo basati sulla restaurazione di simboli degli anni 70 del secolo scorso, come l’articolo 18, o fa del piccolo cabotaggio sul Jobs Act, forse non ha nozione reale dell’economia, della finanza, del lavoro (soprattutto) nella nostra epoca.

E ritarda, rallenta ciò di cui abbiamo più bisogno, una nuova disponibilità mentale non al revisionismo ma al riformismo delle scelte difficili.

da Linkiesta.it del 17 marzo 2023



 

venerdì 17 marzo 2023

Niente armi all’Ucraina. La new entry Cristallo e le contraddizioni Pd

Un articolo di Federico Di Bisceglie per “Formiche.net” | 15/03/2023

Appena entrata nella direzione dem, la già sardina Jasmine Cristallo ha espresso la sua contrarietà “all’invio di armi in Ucraina”, specificando che la sua posizione sul tema “è diversa da quella di Schlein” anche se “è una pacifista come me”.

Aspro scontro a distanza con Calenda

La nuova segreteria del Pd rischia di cadere in contraddizione su uno dei punti più scottanti: il sostegno militare all’Ucraina. Sì, perché se da un lato – pur con meno convinzione rispetto al predecessore – Elly Schelin sembra essersi inserita nel solco tracciato da Letta, i nuovi dirigenti dem non la pensano esattamente come lei. E lo dichiarano apertamente, spiegando che su pace e invio di armi “nel Pd c’è una novità: prima era difficile parlare di pace, c’era solo la direzione che spingeva per l’invio di armi mentre ora è in atto un dibattito molto articolato”.

A dirlo, nel corso della trasmissione “Un giorno da pecora” è Jasmine Cristallo, nuova leva della direzione Pd in salsa schleiniana, già sardina convinta. “Io sono pacifista, da principio mi sono detta contraria all’invio di armi all’Ucraina.  E anche Schlein è pacifista, lo dice la sua storia”. Poi, ammette, “la sua posizione (di Elly) sull’invio di armi è diversa dalla mia”. Va detto che, comunque, anche la neo segretaria non ha una convinzione così irriducibile. “Per chi viene dalla cultura del disarmo come me – aveva detto a Repubblica in un’intervista dello scorso anno – è un vero dilemma etico. Penso che la pace non si faccia mai con le armi”.

Il tema è centrale, anche perché la parte più riformista del partito misurerà il nuovo corso dem proprio su questo crinale. Che rischia di creare spaccature ulteriori se non viene percorso con determinazione. Pier Ferdinando Casini, in una recente intervista a formiche.net si era sbilanciato dicendo che “la linea in politica estera deve essere in continuità con quella tracciata da Enrico Letta che è stata perfetta: atlantista e al fianco dell’Ucraina senza se e senza ma. Questi sono presupposti irrinunciabili anche per il nuovo corso del Pd”.

Ma non è tutto. Anche sul versante delle alleanze, Cristallo nella sua intervista dice sembra tracciare una linea chiara. Più che di inclusione, di esclusione di eventuali partner del campo centro-centrosinistra.

“Non dovremmo andare assolutamente con loro”, attacca riferendosi al Terzo Polo. Pronta, fulminea, la replica del leader di Azione Carlo Calenda che peraltro le risponde anche sulle ambiguità in politica estera.

“Tutti sono pacifisti – twitta Calenda – . Impostare così la discussione è come dire “io voglio bene alla mamma”.

Il che sintetizza il modo di fare politica delle sardine e del “nuovo PD”.

Come raggiungere la pace senza sacrificare la libertà è ciò di cui si occupano gli adulti”.

E rincara la dose. “È la differenza – tuona – tra le invocazioni infantili “voglio un mondo green” “basta diseguaglianze” e la politica del come conseguire miglioramenti attraverso politiche complicate e mai univocamente buone o cattive”.

Visti così, i rapporti saranno tutt’altro che facili tra Pd e Terzo Polo.

Le ambiguità in politica estera, di certo, non aiutano.

Federico Di Bisceglie



giovedì 16 marzo 2023

TTR, Liberaldemocratici: La Versilia storica dà l’esempio

Think Tank Reformists: C’è voluta la determinazione dei cavatori versiliesi, duri come il marmo, tenaci come il salmastro, appassionati come il libeccio per vincere le titubanze e le alchimie dei professionisti della politica, dei cultori del se e del ma.

I Liberaldemocratici scendono in campo, alle elezioni di Pietrasanta, dove un centrodestra governante ha perso la sua unità e sta brancolando nel buio e la sinistra-sinistra non è una alternativa credibile.

Pubblichiamo la lettera con cui “Alternativa per Pietrasanta” LUCA MORI SINDACO hanno lanciato la campagna elettorale, con il sostegno pieno di Azione e Italia Viva di cui Mori è il coordinatore Versiliese.

Con Luca Mori Sindaco, scende in campo l’area liberale, popolare e riformista per superare scontri e divisioni personali e dare al Comune una guida capace, competente e inclusiva, che sappia unire i cittadini.

Alternativa per Pietrasanta, non sarà però la compagine dell’uomo solo al comando, – come ormai siamo abituati da tempo – bensì la forza del gruppo e della comunità.

Crediamo che il nostro Comune, debba superare una politica che negli ultimi anni ha fatto prevalere le divisioni anziché l’unità di intenti, per far crescere in modo sinergico la nostra comunità.

Insieme a tanti cittadini e cittadine rivendichiamo il diritto di essere protagonisti nelle scelte del nostro comune.

Per questo motivo crediamo che ci sia bisogno di qualcosa di nuovo, alternativo a ciò che c’è stato fino ad oggi”

Partendo da queste premesse, la proposta dall’area liberare, popolare e riformista, ha trovato da subito l’appoggio di Azione e Italia Viva, che insieme hanno deciso di aderire con convinzione a questo progetto:

“Dare voce alla società civile, significa portare alla guida del comune di Pietrasanta, cittadini e cittadine rappresentativi del territorio che abbiano capacità di amministrative e dedizione al proprio Comune.

Crediamo inoltre che la città debba crescere come comunità, rivendicando il diritto di partecipare alle scelte del nostro comune, in maniera alternativa e consapevole”

Luca Mori, classe 1971. Laureato in Economia e Commercio svolge la professione di Tributarista a Pietrasanta.

Papà di due bambini, è sposato da oltre 20 anni con Chiara.

Tra le sue passioni il calcio e la chitarra, è impegnato da sempre nell’associazionismo e nel mondo del volontariato.

Un’altra passione che lo ha sempre accompagnato è la Politica e l’impegno civico per la comunità di Pietrasanta, che lo ha portato negli anni ad occuparsi direttamente della cosa pubblica.

“Mi sono sempre messo a disposizione della comunità – sono le prime parole di Luca Mori – e quello che mi ha sempre dato la forza di impegnarmi al massimo delle mie possibilità è stata la vicinanza della gente con cui ho un rapporto di confronto quotidiano e costante.

La scelta di presentarci con una lista civica, anziché un logo di partito, sta a rimarcare il carattere civico del mio impegno a Pietrasanta.

Ringrazio perciò le comunità di Azione e Italia Viva, delle quali faccio parte, per il sostegno in questo percorso di intendere l’amministrazione locale”.

Faccio appello ai cittadini e alle forze politiche che si rivedano in questa metodologia, di sostenere questo nostro progetto che superi finalmente le divisioni e i litigi personali e la logica delle tifoserie a favore di un metodo pragmatico e inclusivo di fare amministrazione.

Luca Mori, Alternativa per Pietrasanta.



mercoledì 15 marzo 2023

TTR: Alcuni spunti del “Discorso elementare sulle somiglianze e sulle dissomiglianze fra liberalismo e socialismo” di Luigi Einaudi.

In tutte le discussioni aperte da Calenda e Renzi sul nuovo partito del Terzo Polo compare sempre la parola Liberale.

Anche il nome più gettonato per il nuovo partito “liberaldemocratico” la contiene.

Molti di noi iscritti e attivisti di Azione e Italia Viva provengono da una delle molte anime del Socialismo democratico.

Qui si parla di Socialismo di fine anni cinquanta, non di Partito Democratico che è la somma di Post-Comunisti e di Cattolici Progressisti.

Proprio questi Cattolici, dopo la vittoria a valanga di Elly Schlein, come dice Giorgio Merlo, sono destinati a ricoprire lo stesso ruolo che ebbero negli anni ‘70 i “cattolici indipendenti di sinistra” all’interno del glorioso Partito Comunista Italiano.

Frugando nell’archivio della Fondazione Luigi Einaudi, nel cui Consiglio è entrato da poco l’ex Senatore lucchese Marcucci, abbiamo trovato un interessante discorso su Liberale e Socialista.

Think Tank Reformists propone oggi la rilettura parziale di alcuni brani di una lunghissima riflessione del 1957 di Luigi Einaudi “..Sulle somiglianze e sulla dissomiglianza fra liberalismo e socialismo”

Tutto l’articolo si può leggere integralmente su https://www.luigieinaudi.it/doc/discorso-elementare-sulle-somiglianze-e-sulle-dissomiglianze-fra-liberalismo-e-socialismo/?sterm=liberale

Di seguito riportiamo solo alcuni brani molto attuali per una serena discussione mentre ci accingiamo a costruire da Socialisti un nuovo partito Liberale.

Alcuni spunti del “Discorso elementare sulle somiglianze e sulle dissomiglianze fra liberalismo e socialismo” di Luigi Einaudi.

…non pare inopportuno osservare che unificazioni ed intese e patti e colloqui debbono fondarsi su un’idea. Se un’idea, che sia politica e cioè definisca un’azione, non esiste, di che cosa possono discorrere i capi dei partiti per giungere ad un accordo od alla constatazione del dissenso?

…Chi distinguerà però gli uni dagli altri? Come impedire che i furbi cattivi ed ignoranti non prevalgano sui buoni e sui sapienti? Altra via non c’è fuor del contar le teste, che è metodo, per sperienze anche recenti, migliore del farle rompere dai più forti decisi a conquistare o tenere il potere. Il mito è valido, nonostante la dimostrazione data da Ostrogorscki, da Mosca, da Pareto, da Michels, da Schumpeter che non avendo gli elettori libertà di scelta – la libertà di scelta è sinonimo di dispersione di voti e quindi di confusione – se non fra i candidati, ed essendo i candidati proposti necessariamente dai capi di gruppi organizzati, detti partiti, la scelta è fatta non dagli elettori, ma dai fabbricanti auto-selezionati di gruppi politici. Il che è vero, ma, di nuovo, quale metodo migliore se non il diritto di tutti i volenterosi di farsi capi-gruppo e di scegliere così di fatto gli eletti? Solo l’educazione politica giova a consentire una scelta non del tutto infelice tra i candidati….

A coloro i quali “sanno”, i quali conoscono la “verità” e credono di avere il dovere di attuarla, noi dobbiamo opporre il principio che noi conosciamo la verità solo se e finché abbiamo la possibilità di negarla; che il solo criterio della verità politica, come di ogni altra verità, è il diritto illimitato di discutere le regole accettate nel costume o nelle costituzioni scritte, di criticare gli ordinamenti esistenti e gli uomini al potere, di adoperarsi per mutare gli uni e per cacciare gli altri di seggio, il diritto delle minoranze di trasformarsi, in virtù di persuasione, in maggioranze. Nella diuturna battaglia per la conquista del potere politico, i combattenti hanno d’uopo di fare appello a parole d’ordine, a grida di battaglia. Che sono, per lo più, quelle parole prive di contenuto, delle quali si disse sopra; e sono parole che variano di tempo in tempo, di luogo in luogo, e sono ripetute, da uomini di diverse parti politiche, identiche spesso nel suono verbale e deferentissime nel sottinteso significato sostanziale.

Se ben si guarda, esiste tuttavia, attraverso il velame delle parole apparenti, un filo conduttore, il quale consente, a chi voglia, di vedere e tentare di orientarsi. Quel filo conduttore è il contrasto, che ad ogni volta vien fuori tra i due principi del “liberalismo” e del “socialismo “. In tutti i partiti, cattolici o democristiani, monarchici, repubblicani, conservatori, progressisti, liberali, radicali, socialisti, laburisti, democratici, qualunque sia il nome assunto a simbolo del partito, due sono i principi che, discutendo di problemi politici, economici, sociali, materiali o spirituali, si contrappongono: l’idea della libertà della persona umana e l’idea della cooperazione o solidarietà o dipendenza reciproca degli uomini viventi in società. Gli uomini, tutti gli uomini, sentono il valore dei due principi ed ora prevale in essi l’uno ed ora l’altro; e se i più sono legati alle tradizioni familiari, all’opinione del proprio ceto sociale, alle amicizie ed alla iniziata consuetudine di voto, esiste sempre in ogni luogo e tempo, là dove le opinioni ed i voti sono liberi, ed una maggioranza fino al 60 % dei votanti è reputata l’optimum della sanità e della stabilità politica, esiste sempre un margine di uomini fluttuanti i quali bastano a dare la vittoria, bastano a trasformare la minoranza di ieri in maggioranza di oggi.

Negli stati stabili le somiglianze tra le due grandi correnti d’opinione sopravanzano di gran lunga le dissomiglianze; ed oggi in Inghilterra, negli Stati Uniti, nei paesi scandinavi, nella Svizzera, nel Belgio e nell’Olanda, le dissomiglianze fra i due partiti o fra i due gruppi di partiti sono minime; e si riducono a piccole sfumature, rispondenti, più che a differenze sostanziali, a minori modalità di attuazione di principi universalmente accettati.

Non presumo di saper cogliere la più parte delle somiglianze e delle dissomiglianze fra l’idea liberale e l’idea socialistica. Vorrei solo esaminare quali siano le somiglianze e le dissomiglianze tra gli uomini i quali nel nostro paese tendono verso il liberalismo e quelli i quali guardano al socialismo.

Liberali e socialisti sono concordi nel sentire vivamente il rispetto della persona umana; che direi, più semplicemente, il rispetto dell’uomo. I liberali non aggiungono nulla alla parola “uomo”, e sono accusati dai socialisti di essere difensori di una particolare specie di uomo, che sarebbe l’uomo “borghese”. I socialisti vagamente aspirano a liberare un’altra sottospecie di uomo, quello “proletario” dalla schiavitù economica ed incolpano i liberali di volere una libertà puramente “formale” o “giuridica”, e di ignorare la libertà sostanziale, che sarebbe quella “economica”. Se ben si guarda, la dissomiglianza tra gli uni e gli altri riguarda non già il principio della libertà ma quello della “uguaglianza”, che è tutto diverso e deve essere discusso per se stesso. Messi alle strette, gli uomini liberali e quelli socialisti vogliono medesimamente che l’uomo sia libero di pensare, di parlare, di credere senza alcuna limitazione, sono parimenti persuasi che la verità si conquista discutendola e negandola, sono convinti che solo la maggioranza ha diritto di passare dalla discussione alla deliberazione, e di passare a ciò provvisoriamente sino a quando la maggioranza, seguitando a discutere sia mutata, venendo in opinione diversa od opposta. Liberali e socialisti non possono, per principio, distinguere fra uomini aristocratici, borghesi o proletari, cristiani od ebrei o mussulmani, bianchi o gialli o negri. Tutti sono uomini ed hanno diritto a tutta quella libertà di opinare e di operare, la quale non neghi l’ugual diritto di tutti gli altri uomini. I contrasti paiono sorgere quando dal principio di libertà si passa a discutere il principio dell’uguaglianza. Non già che alcuno dichiari mai di essere fautore di una uguaglianza assoluta od aritmetica; non già che esista alcun liberale o socialista pronto a sostenere la tesi che tutti debbano partecipare in quantità identica ai beni della terra. Liberali e socialisti sono concordi nel riconoscere che l’uguaglianza piena del possesso o del godimento è assurda, data la diversità sempre esistita in passato e, fino ad esperienza contraria, destinata a durare in avvenire, fra le attitudini intellettuali, morali, fisiche degli uomini. Non è immaginabile che gli uomini laboriosi o poltroni, risparmiatori o dissipatori, intelligenti o mediocri o sciocchi, muscolosi o fiacchi possano godere di uguale ricchezza o reddito. Astrazione fatta dalla impossibilità pratica di misurare ricchezze, godimenti, felicità e dolori, l’uguaglianza, anche se per miracolo potesse essere instaurata per un attimo, potrebbe durare solo colla forza. Se un capo od un collegio sapientissimo, onniveggente, giusto non usasse all’uopo la forza, l’uguaglianza verrebbe immediatamente meno, non potendosi supporre che l’uomo intelligente, forte, previdente non si giovi delle sue qualità per innalzarsi al di sopra della condizione di coloro che hanno tardo l’intelletto o sono minorati fisicamente o non vedono al di là dell’attimo fuggente. Ma alla forza, anche se la somma del potere spettasse al capo sapiente, puro, incorruttibile, giusto, perfetto, repugnano ugualmente, in nome della libertà, liberali e socialisti, di nulla tanto gelosi come del rispetto alla persona umana.

Se alla “libertà” non si può aggiungere aggettivo veruno, alla “uguaglianza” fa d’uopo forzatamente aggiungere un chiarimento non agevole ad enunciare, il quale giovi ad escludere trattarsi di uguaglianza aritmetica e perciò tirannica.

La formula meno impropria è forse quella della uguaglianza “nei punti di partenza”. Ogni uomo deve essere inizialmente posto nella medesima situazione di ogni altro uomo; sicché egli possa riuscire a conquistare quel posto morale, economico, politico che è proprio delle sue attitudini di intelletto, di carattere morale, di vigore lavorativo, di coraggio, di perseveranza. L’uguaglianza, così intesa, ha innanzitutto un contenuto giuridico universale: nessun uomo deve essere posto dalla legge in condizioni di inferiorità rispetto ad ogni altro uomo, per motivi di sesso, di colore, di razza, di religione, di opinioni politiche, di nascita, di appartenenza ad un determinato ceto o classe sociale. Sull’uguaglianza giuridica non nascono e non possono nascere divergenze fra socialisti e liberali.

Su taluna maniera di porre rimedio alla disuguaglianza nei punti di partenza vi ha sostanziale concordia fra liberali e socialisti ed è per quel che riguarda l’apprestamento – a spese di tutti, e cioè dei contribuenti, ossia, formalmente, dello stato, degli enti pubblici e delle varie specie di opere di bene, coattive o volontarie – di mezzi di studio, di tirocinio e di educazione aperti a tutti. Scuole gratuite elementari, refezioni scolastiche, opere post scolastiche, borse di studio per i meritevoli nelle scuole medie ed universitarie con pagamento di tasse, sono patrimonio comune alle due tendenze politiche.

Ad uguale sentenza si giunge rispetto a quei provvedimenti intesi ad instaurare parità di punti di partenza tra uomo e uomo con le varie specie di assicurazioni sociali: contro la vecchiaia e la invalidità, contro le malattie, a favore della maternità, contro la disoccupazione e simiglianti. Anche qui, le divergenze non sono di principio, ma di limiti e di applicazione; né esse dovrebbero dar luogo a dispute insanabili attenendo alla eliminazione delle cause di spreco e di degenerazione delle provvidenze medesime, eliminazione desiderabile a vantaggio massimamente dei beneficati.

Per altro motivo si può essere dubbiosi rispetto all’assicurazione contro la disoccupazione….

Il vero problema sta nella esistenza di un punto critico, sorpassato il quale il sussidio di disoccupazione diventa socialmente dannoso. Nessuno potendo essere costretto ad accettare un lavoro, il quale sia disadatto alle attitudini intellettuali e fisiche del lavoratore o notabilmente degradi la situazione sociale e morale sua, importa che l’ammontare del sussidio sia determinato in maniera siffatta da creare un incentivo nel disoccupato a cercare e ad accettare il lavoro che eventualmente può essere a lui adatto. Se il sussidio si avvicina troppo al salario normale suo, perché egli dovrebbe essere diligente nel cercar lavoro e non troppo sottile nell’accettarlo? La divergenza tra le due parti è di temperamento; i liberali più attenti ai meriti ed agli sforzi della persona sono propensi a tenersi stretti nell’ammontare dei sussidi, laddove i socialisti, meglio misericordiosi verso gli incolpevoli, sono pronti a maggiori larghezze. Né il contrasto è dannoso, perché giova alla scoperta del punto critico, per il quale si opera il trapasso dal bene al male sociale.

L’analisi critica delle somiglianze e dei contrasti fra liberalismo e socialismo o, meglio, fra uomini liberali e uomini socialisti non può trascurare quelle specie di intervento dello stato nell’economia, che hanno preso nome di “dirigismo” o “statizzazione” o “nazionalizzazione”.

Non fa d’uopo confutare ancora una volta la grossolana fola che il liberalismo sia sinonimo di assenza dello stato o di assoluto lasciar fare e lasciar passare e che il socialismo sia la stessa cosa dello stato proprietario e gestore dei mezzi di produzione. Che i liberali siano fautori dello stato assente, che Adamo Smith sia il campione dell’assoluto lasciar fare e lasciar passare sono bugie che nessuno studioso ricorda; ma, per essere grosse, sono ripetute dalla più parte dei politici, abituati a dire “superata” la idea liberale; ma non hanno mai letto nessuno dei libri sacri del liberalismo e non sanno in che esso consista. Che i socialisti vogliano dare allo stato la gestione compiuta dei mezzi di produzione è dettame talvolta scritto nei manifesti elettorali, ma ripugnante ai socialisti che aborrano dalla tirannia dello stato onnipotente, e tali sono tutti i socialisti.

Liberali e socialisti sono dunque concordi nell’affermare che lo stato deve intervenire, come in tante altre cose, nelle faccende economiche; né può lasciare gli uomini liberi di agire a loro posta, fuor di un qualunque regolamento statale.

Non giova seguitare l’elenco, il quale non è limitato, come qui si fece, ai problemi economici e sociali; poiché su ogni problema morale, religioso, educativo, familiare, nazionale od internazionale, i due principi, della libertà della persona e della cooperazione degli uomini viventi in società, costringono l’uomo, che è uno solo, ad essere a volta a volta e nel tempo stesso, liberale e socialista; o più l’uno o più l’altro, a seconda del prevalere dell’uno o dell’altro principio.

La stabilità politica e sociale è minacciata solo quando venga meno il limite; e l’uomo liberale rinneghi stoltamente la necessità della collaborazione degli uomini viventi in società o l’uomo socialista neghi il diritto dell’uomo a vivere diversamente dal modo che egli abbia dichiarato obbligatorio.

Sembra che, nell’Italia d’oggi, il punto critico sia stato superato, in virtù di una combinazione, non nuova, e di cui non mancano esempi nella nostra storia contemporanea, di dirigismi, demagogico da un lato e plutocratico dall’altro. L’Italia economica resiste e tuttora avanza, in virtù quasi esclusivamente della meravigliosa attitudine ad arrangiarsi di cui gli italiani sono provveduti.

Anche quando il punto critico sia stato toccato, la lotta tra gli uomini devoti ai due ideali liberale e socialistico non è destinata ad attenuarsi, ed è lotta necessaria e feconda; ché, se fa d’uopo che l’individuo sia libero di raggiungere massimi di elevazione individuale, è necessario anche che la gara si compia non coll’abbassare tutti al livello comune, ma coll’elevare i minori a livelli sempre più alti; ché se è vantaggiosa l’elevazione dei singoli, questa non può giovare, se non si apprestino quei beni comuni di istruzione, educazione e sicurezza sociale senza i quali l’elevazione dei singoli avrebbe luogo con disuguaglianza eccessiva a vantaggio dei più forti. L’optimum non si raggiunge nella pace forzata della tirannia totalitaria; si tocca nella lotta continua fra i due ideali, nessuno dei quali può essere sopraffatto senza danno comune. Solo nella lotta, solo in un perenne tentare e sperimentare, solo attraverso a vittorie ed insuccessi, una società, una nazione prospera. Quando la lotta ha fine si ha la morte sociale e gli uomini viventi hanno perduto la ragione medesima del vivere.