martedì 30 maggio 2023

TTR: il discorso di Giacomo Matteotti il 30 maggio 1924

 Il 30 maggio è una data fatale per la libertà: nel 1431: A Rouen, in Francia, la diciannovenne Giovanna d’Arco veniva bruciata sul rogo e nel 1924 Giacomo Matteotti denuncia in Parlamento le violenze dei fascisti e i brogli elettorali durante le elezioni di aprile e il 10 di giugno verrà rapito e ucciso per ordine di Mussolini.

Think Tank Reformists vuole ricordare oggi il discorso di Giacomo Matteotti deputato e segretario del Partito socialista unitario, riportando il resoconto del suo intervento alla Camera dei Deputati, con tutte le interruzioni e minaccie, fedelmente riprodotto da Wikisource, da cui lo abbiamo tratto, 

Camera dei Deputati, seduta del 30 maggio 1924

Presidente.1 Ha chiesto di parlare l’onorevole Matteotti. Ne ha facoltà2.

Giacomo Matteotti. Noi abbiamo avuto da parte della Giunta delle elezioni la proposta di convalida di numerosi colleghi. Nessuno certamente, degli appartenenti a questa Assemblea, all’infuori credo dei componenti la Giunta delle elezioni, saprebbe ridire l’elenco dei nomi letti per la convalida, nessuno, né della Camera né delle tribune della stampa. (Vive interruzioni alla destra e al centro)

Dario Lupi.3 È passato il tempo in cui si parlava per le tribune!

Giacomo Matteotti. Certo la pubblicità è per voi un’istituzione dello stupidissimo secolo XIX. (Vivi rumori. Interruzioni alla destra e al centro) Comunque, dicevo, in questo momento non esiste da parte dell’Assemblea una conoscenza esatta dell’oggetto sul quale si delibera. Soltanto per quei pochissimi nomi che abbiamo potuto afferrare alla lettura, possiamo immaginare che essi rappresentino una parte della maggioranza. Ora, contro la loro convalida noi presentiamo questa pura e semplice eccezione: cioè, che la lista di maggioranza governativa, la quale nominalmente ha ottenuto una votazione di quattro milioni e tanti voti... (Interruzioni).

Voci al centro: "Ed anche più!"

Giacomo Matteotti. ... cotesta lista non li ha ottenuti, di fatto e liberamente, ed è dubitabile quindi se essa abbia ottenuto quel tanto di percentuale che è necessario (Interruzioni. Proteste) per conquistare, anche secondo la vostra legge, i due terzi dei posti che le sono stati attribuiti! Potrebbe darsi che i nomi letti dal Presidente: siano di quei capilista che resterebbero eletti anche se, invece del premio di maggioranza, si applicasse la proporzionale pura in ogni circoscrizione. Ma poiché nessuno ha udito i nomi, e non è stata premessa nessuna affermazione generica di tale specie, probabilmente tali tutti non sono, e quindi contestiamo in questo luogo e in tronco la validità della elezione della maggioranza (Rumori vivissimi). Vorrei pregare almeno i colleghi, sulla elezione dei quali oggi si giudica, di astenersi per lo meno dai rumori, se non dal voto. (Vivi commenti - Proteste - Interruzioni alla destra e al centro)

Maurizio Maraviglia.4 In contestazione non c’è nessuno, diversamente si asterrebbe!

Giacomo Matteotti. Noi contestiamo....

Maurizio Maraviglia. Allora contestate voi!

Giacomo Matteotti. Certo sarebbe Maraviglia se contestasse lei! L’elezione, secondo noi, è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. In primo luogo abbiamo la dichiarazione fatta esplicitamente dal governo, ripetuta da tutti gli organi della stampa ufficiale, ripetuta dagli oratori fascisti in tutti i comizi, che le elezioni non avevano che un valore assai relativo, in quanto che il Governo non si sentiva soggetto al responso elettorale, ma che in ogni caso - come ha dichiarato replicatamente - avrebbe mantenuto il potere con la forza, anche se... (Vivaci interruzioni a destra e al centro. Movimenti dell’onorevole Presidente del Consiglio)

Voci a destra: "Sì, sì! Noi abbiamo fatto la guerra!" (Applausi alla destra e al centro).

Giacomo Matteotti. Codesti vostri applausi sono la conferma precisa della fondatezza dei mio ragionamento. Per vostra stessa conferma dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà... (Rumori, proteste e interruzioni a destra) Nessun elettore si è trovato libero di fronte a questo quesito...

Maurizio Maraviglia. Hanno votato otto milioni di italiani!

Giacomo Matteotti. ... se cioè egli approvava o non approvava la politica o, per meglio dire, il regime del Governo fascista. Nessuno si è trovato libero, perché ciascun cittadino sapeva a priori che, se anche avesse osato affermare a maggioranza il contrario, c’era una forza a disposizione del Governo che avrebbe annullato il suo voto e il suo responso. (Rumori e interruzioni a destra)

Una voce a destra: "E i due milioni di voti che hanno preso le minoranze?"

Roberto Farinacci.5 Potevate fare la rivoluzione!

Maurizio Maraviglia. Sarebbero stati due milioni di eroi!

Giacomo Matteotti. A rinforzare tale proposito del Governo, esiste una milizia armata... (Applausi vivissimi e prolungati a destra e grida di "Viva la milizia")

Voci a destra: "Vi scotta la milizia!"

Giacomo Matteotti. ... esiste una milizia armata... (Interruzioni a destra, rumori prolungati)

Voci: "Basta! Basta!"

Presidente. Onorevole Matteotti, si attenga all’argomento.

Giacomo Matteotti. Onorevole Presidente, forse ella non m’intende; ma io parlo di elezioni. Esiste una milizia armata... (Interruzioni a destra) la quale ha questo fondamentale e dichiarato scopo: di sostenere un determinato Capo del Governo bene indicato e nominato nel Capo del fascismo e non, a differenza dell’Esercito, il Capo dello Stato. (Interruzioni e rumori a destra)

Voci: a destra: "E le guardie rosse?"

Giacomo Matteotti. Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse. (Commenti) In aggiunta e in particolare... (Interruzioni) mentre per la legge elettorale la milizia avrebbe dovuto astenersi, essendo in funzione o quando era in funzione, e mentre di fatto in tutta l’Italia specialmente rurale abbiamo constatato in quei giorni la presenza di militi nazionali in gran numero... (Interruzioni, rumori)

Roberto Farinacci. Erano i balilla!

Giacomo Matteotti. È vero, on. Farinacci, in molti luoghi hanno votato anche i balilla! (Approvazioni all’estrema sinistra, rumori a destra e al centro)

Voce al centro: "Hanno votato i disertori per voi!"

Enrico Gonzales.6 Spirito denaturato e rettificato!

Giacomo Matteotti. Dicevo dunque che, mentre abbiamo visto numerosi di questi militi in ogni città e più ancora nelle campagne (Interruzioni), gli elenchi degli obbligati alla astensione, depositati presso i Comuni, erano ridicolmente ridotti a tre o quattro persone per ogni città, per dare l’illusione dell’osservanza di una legge apertamente violata, conforme lo stesso pensiero espresso dal Presidente del Consiglio che affidava ai militi fascisti la custodia delle cabine. (Rumori) A parte questo argomento del proposito del Governo di reggersi anche con la forza contro il consenso e del fatto di una milizia a disposizione di un partito che impedisce all’inizio e fondamentalmente la libera espressione della sovranità popolare ed elettorale e che invalida in blocco l’ultima elezione in Italia, c’è poi una serie di fatti che successivamente ha viziate e annullate tutte le singole manifestazioni elettorali. (Interruzioni, commenti)

Voci: a destra: "Perché avete paura! Perché scappate!"

Giacomo Matteotti. Forse al Messico si usano fare le elezioni non con le schede, ma col coraggio di fronte alle rivoltelle. (Vivi rumori. Interruzioni, approvazioni all’estrema sinistra) E chiedo scusa al Messico, se non è vero! (Rumori prolungati) I fatti cui accenno si possono riassumere secondo i diversi momenti delle elezioni. La legge elettorale chiede... (Interruzioni, rumori) 

Paolo Greco. È ora di finirla! Voi svalorizzate il Parlamento!

Giacomo Matteotti. E allora sciogliete il Parlamento.

Paolo Greco. Voi non rispettate la maggioranza e non avete diritto di essere rispettati.

Giacomo Matteotti. Ciascun partito doveva, secondo la legge elettorale, presentare la propria lista di candidati... (Vivi rumori)

Maurizio Maraviglia. Ma parli sulla proposta dell’onorevole Presutti.

Giacomo Matteotti. Richiami dunque lei all’ordine il Presidente! La presentazione delle liste - dicevo - deve avvenire in ogni circoscrizione mediante un documento notarile a cui vanno apposte dalle trecento alle cinquecento firme. Ebbene, onorevoli colleghi, in sei circoscrizioni su quindici le operazioni notarili che si compiono privatamente nello studio di un notaio, fuori della vista pubblica e di quelle che voi chiamate "provocazioni", sono state impedite con violenza. (Rumori vivissimi)

Giuseppe Bastianini. Questo lo dice lei!

Voci dalla destra: "Non è vero, non è vero."

Giacomo Matteotti. Volete i singoli fatti? Eccoli: ad Iglesias il collega Corsi stava raccogliendo le trecento firme e la sua casa è stata circondata... (Rumori)

Maurizio Maraviglia. Non è vero. Lo inventa lei in questo momento.

Roberto Farinacci. Va a finire che faremo sul serio quello che non abbiamo fatto!

Giacomo Matteotti. Fareste il vostro mestiere!

Emilio Lussu. È la verità, è la verità!...

Giacomo Matteotti. A Melfi... (Rumori vivissimi - Interruzioni) a Melfi è stata impedita la raccolta delle firme con la violenza (Rumori). In Puglia fu bastonato perfino un notaio (Rumori vivissimi)

Gino Aldi-Mai. Ma questo nei ricorsi non c’è! In nessuno dei ricorsi! Ho visto gli atti delle Puglie e in nessun ricorso è accennato il fatto di cui parla l’on. Matteotti.

Roberto Farinacci. Vi faremo cambiare sistema! E dire che sono quelli che vogliono la normalizzazione!

Giacomo Matteotti. A Genova (Rumori vivissimi) i fogli con le firme già raccolte furono portati via dal tavolo su cui erano stati firmati

Voci: "Perché erano falsi."

Giacomo Matteotti. Se erano falsi, dovevate denunciarli ai magistrati!

Roberto Farinacci. Perché non ha fatto i reclami alla Giunta delle elezioni?

Giacomo Matteotti. Ci sono.

Una voce dal banco delle commissioni: "No, non ci sono, li inventa lei."

Presidente. La Giunta delle elezioni dovrebbe dare esempio di compostezza! I componenti della Giunta delle elezioni parleranno dopo. Onorevole Matteotti, continui.

Giacomo Matteotti. Io espongo fatti che non dovrebbero provocare rumori. I fatti o sono veri o li dimostrate falsi. Non c’è offesa, non c’è ingiuria per nessuno in ciò che dico: c’è una descrizione di fatti.

Attilio Teruzzi. Che non esistono!

Giacomo Matteotti. Da parte degli onorevoli componenti della Giunta delle elezioni si protesta che alcuni di questi fatti non sono dedotti o documentati presso la Giunta delle elezioni. Ma voi sapete benissimo come una situazione e un regime di violenza non solo determinino i fatti stessi, ma impediscano spesse volte la denuncia e il reclamo formale. Voi sapete che persone, le quali hanno dato il loro nome per attestare sopra un giornale o in un documento che un fatto era avvenuto, sono state immediatamente percosse e messe quindi nella impossibilità di confermare il fatto stesso. Già nelle elezioni del 1921, quando ottenni da questa Camera l’annullamento per violenze di una prima elezione fascista, molti di coloro che attestarono i fatti davanti alla Giunta delle elezioni, furono chiamati alla sede fascista, furono loro mostrate le copie degli atti esistenti presso la Giunta delle elezioni illecitamente comunicate, facendo ad essi un vero e proprio processo privato perché avevano attestato il vero o firmato i documenti! In seguito al processo fascista essi furono boicottati dal lavoro o percossi. (Rumori, interruzioni)

Voci: a destra: "Lo provi."

Giacomo Matteotti. La stessa Giunta delle elezioni ricevette allora le prove del fatto. Ed è per questo, onorevoli colleghi, che noi spesso siamo costretti a portare in questa Camera l’eco di quelle proteste che altrimenti nel Paese non possono avere alcun’altra voce ed espressione. (Applausi all’estrema sinistra) In sei circoscrizioni, abbiamo detto, le formalità notarili furono impedite colla violenza, e per arrivare in tempo si dovette supplire malamente e come si poté con nuove firme in altre provincie. A Reggio Calabria, per esempio, abbiamo dovuto provvedere con nuove firme per supplire quelle che in Basilicata erano state impedite 

Una voce al banco della giunta: "Dove furono impedite?"

Giacomo Matteotti. A Melfi, a Iglesias, in Puglia... devo ripetere? (Interruzioni, rumori) Presupposto essenziale di ogni elezione è che i candidati, cioè coloro che domandano al suffragio elettorale il voto, possano esporre, in contraddittorio con il programma del Governo, in pubblici comizi o anche in privati locali, le loro opinioni. In Italia, nella massima parte dei luoghi, anzi quasi da per tutto, questo non fu possibile.

Una voce: "Non è vero! Parli l’onorevole Mazzoni!" (Rumori)

Giacomo Matteotti. Su ottomila comuni italiani, e su mille candidati delle minoranze, la possibilità è stata ridotta a un piccolissimo numero di casi, soltanto là dove il partito dominante ha consentito per alcune ragioni particolari o di luogo o di persona. (Interruzioni, rumori) Volete i fatti? La Camera ricorderà l’incidente occorso al collega Gonzales.

Attilio Teruzzi. Noi ci ricordiamo del 1919, quando buttavate gli ufficiali nel Naviglio. lo, per un anno, sono andato a casa con la pena di morte sulla testa!

Giacomo Matteotti. Onorevoli colleghi, se voi volete contrapporci altre elezioni, ebbene io domando la testimonianza di un uomo che siede al banco del Governo, se nessuno possa dichiarare che ci sia stato un solo avversario che non abbia potuto parlare in contraddittorio con me nel 1919.

Voci: "Non è vero! non è vero!"

Aldo Finzi.7 Michele Bianchi! Proprio lei ha impedito di parlare a Michele Bianchi!

Giacomo Matteotti. Lei dice il falso! (Interruzioni, rumori) Il fatto è semplicemente questo, che l’onorevole Michele Bianchi con altri teneva un comizio a Badia Polesine. Alla fine del comizio che essi tennero sono arrivato io e ho domandato la parola in contraddittorio. Essi rifiutarono e se ne andarono e io rimasi a parlare. (Rumori, interruzioni)

Aldo Finzi. Non è così!

Giacomo Matteotti. Porterò i giornali vostri che lo attestano.

Aldo Finzi. Lo domandi all’onorevole Merlin che è più vicino a lei! L’onorevole Merlin cristianamente deporrà.

Giacomo Matteotti. L’on. Merlin ha avuto numerosi contraddittori con me, e nessuno fu impedito e stroncato. Ma lasciamo stare il passato. Non dovevate voi essere i rinnovatori del costume italiano? Non dovevate voi essere coloro che avrebbero portato un nuovo costume morale nelle elezioni? (Rumori) E, signori che mi interrompete, anche qui nell’assemblea? (Rumori a destra)

Attilio Teruzzi. È ora di finirla con queste falsità.

Giacomo Matteotti. L’inizio della campagna elettorale del 1924 avvenne dunque a Genova, con una conferenza privata e per inviti da parte dell’onorevole Gonzales. Orbene, prima ancora che si iniziasse la conferenza, i fascisti invasero la sala e a furia di bastonate impedirono all’oratore di aprire nemmeno la bocca. (Rumori, interruzioni, apostrofi)

Una voce: "Non è vero, non fu impedito niente." (Rumori)

Giacomo Matteotti. Allora rettifico! Se l’onorevole Gonzales dovette passare 8 giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo, non fu bastonato. (Rumori, interruzioni) L’onorevole Gonzales, che è uno studioso di San Francesco, si è forse autoflagellato! (Si ride. Interruzioni) A Napoli doveva parlare... (Rumori vivissimi, scambio di apostrofi fra alcuni deputati che siedono all’estrema sinistra)

Presidente. Onorevoli colleghi, io deploro quello che accade. Prendano posto e non turbino la discussione! Onorevole Matteotti, prosegua, sia breve, e concluda.

Giacomo Matteotti. L’Assemblea deve tenere conto che io debbo parlare per improvvisazione, e che mi limito...

Voci: "Si vede che improvvisa! E dice che porta dei fatti!"

Enrico Gonzales. I fatti non sono improvvisati! (Rumori)

Giacomo Matteotti. Mi limito, dico, alla nuda e cruda esposizione di alcuni fatti. Ma se per tale forma di esposizione domando il compatimento dell’Assemblea... (Rumori) non comprendo come i fatti senza aggettivi e senza ingiurie possano sollevare urla e rumori. Dicevo dunque che ai candidati non fu lasciata nessuna libertà di esporre liberamente il loro pensiero in contraddittorio con quello del Governo fascista e accennavo al fatto dell’onorevole Gonzales, accennavo al fatto dell’onorevole Bentini a Napoli, alla conferenza che doveva tenere il capo dell’opposizione costituzionale, l’onorevole Amendola 8, e che fu impedita... (Oh, oh! - Rumori)

Voci: a destra: "Ma che costituzionale! Sovversivo come voi! Siete d’accordo tutti!"

Giacomo Matteotti. Vuol dire dunque che il termine "sovversivo" ha molta elasticità!

Paolo Greco. Chiedo di parlare sulle affermazioni dell’onorevole Matteotti.

Giacomo Matteotti. L’onorevole Amendola fu impedito di tenere la sua conferenza, per la mobilitazione, documentata, da parte di comandanti di corpi armati, i quali intervennero in città...

Enrico Presutti. Dica bande armate, non corpi armati!

Giacomo Matteotti. Bande armate, le quali impedirono la pubblica e libera conferenza. (Rumori) Del resto, noi ci siamo trovati in queste condizioni: su 100 dei nostri candidati, circa 60 non potevano circolare liberamente nella loro circoscrizione!

Voci: a destra: "Per paura! Per paura!" (Rumori - Commenti)

Roberto Farinacci. Vi abbiamo invitati telegraficamente!

Giacomo Matteotti. Non credevamo che le elezioni dovessero svolgersi proprio come un saggio di resistenza inerme alle violenze fisiche dell’avversario, che è al Governo e dispone di tutte le forze armate! (Rumori) Che non fosse paura, poi, lo dimostra il fatto che, per un contraddittorio, noi chiedemmo che ad esso solo gli avversari fossero presenti, e nessuno dei nostri; perché, altrimenti, voi sapete come è vostro costume dire che "qualcuno di noi ha provocato" e come "in seguito a provocazioni" i fascisti "dovettero" legittimamente ritorcere l’offesa, picchiando su tutta la linea! (Interruzioni)

Voci: a destra: "L’avete studiato bene!"

Orazio Pedrazzi. Come siete pratici di queste cose, voi!

Presidente. Onorevole Pedrazzi!

Giacomo Matteotti. Comunque, ripeto, i candidati erano nella impossibilità di circolare nelle loro circoscrizioni!

Voci: a destra: "Avevano paura!"

Filippo Turati. Paura! Sì, paura! Come nella Sila, quando c’erano i briganti, avevano paura. (Vivi rumori a destra, approvazioni a sinistra)

Una voce: "Lei ha tenuto il contraddittorio con me ed è stato rispettato"

Filippo Turati. Ho avuto la vostra protezione a mia vergogna! (Applausi a sinistra, rumori a destra)

Presidente. Concluda, onorevole Matteotti.. Non provochi incidenti!

Giacomo Matteotti. Io protesto! Se ella crede che non gli altri mi impediscano di parlare, ma che sia io a provocare incidenti, mi seggo e non parlo! (Approvazioni a sinistra - Rumori prolungati)

Presidente. Ha finito? Allora ha facoltà di parlare l’onorevole Rossi...

Giacomo Matteotti. Ma che maniera è questa! Lei deve tutelare il mio diritto di parlare! lo non ho offeso nessuno! Riferisco soltanto dei fatti. Ho diritto di essere rispettato! (Rumori prolungati, Conversazioni)

Antonio Casertano.9 Chiedo di parlare.

Presidente. Ha facoltà di parlare l’onorevole Presidente della Giunta delle elezioni. C’è una proposta di rinvio degli atti alla Giunta.

Giacomo Matteotti. Onorevole Presidente!...

Presidente. Onorevole Matteotti, se ella vuole parlare, ha facoltà di continuare, ma prudentemente.

Giacomo Matteotti. Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente!

Presidente. Parli, parli.

Giacomo Matteotti. I candidati non avevano libera circolazione... (Rumori. Interruzioni)

Presidente. Facciano silenzio! Lascino parlare!

Giacomo Matteotti. Non solo non potevano circolare, ma molti di essi non potevano neppure risiedere nelle loro stesse abitazioni, nelle loro stesse città. Alcuno, che rimase al suo posto, ne vide poco dopo le conseguenze. Molti non accettarono la candidatura, perché sapevano che accettare la candidatura voleva dire non aver più lavoro l’indomani o dover abbandonare il proprio paese ed emigrare all’estero. (Commenti)

Una voce: "Erano disoccupati!"

Giacomo Matteotti. No, lavorano tutti, e solo non lavorano, quando voi li boicottate.

Voci a destra: "E quando li boicottate voi?"

Roberto Farinacci. Lasciatelo parlare! Fate il loro giuoco!

Giacomo Matteotti. Uno dei candidati, l’onorevole Piccinini, al quale mando a nome del mio gruppo un saluto... (Rumori)

Voci: "E Berta? Berta!"

Giacomo Matteotti. ... conobbe cosa voleva dire obbedire alla consegna del proprio partito. Fu assassinato nella sua casa, per avere accettata la candidatura nonostante prevedesse quale sarebbe stato per essere il destino suo all’indomani. (Rumori) Ma i candidati - voi avete ragione di urlarmi, onorevoli colleghi - i candidati devono sopportare la sorte della battaglia e devono prendere tutto quello che è nella lotta che oggi imperversa. Lo accenno soltanto, non per domandare nulla, ma perché anche questo è un fatto concorrente a dimostrare come si sono svolte le elezioni. (Approvazioni all’estrema sinistra) Un’altra delle garanzie più importanti per lo svolgimento di una libera elezione era quella della presenza e del controllo dei rappresentanti di ciascuna lista, in ciascun seggio. Voi sapete che, nella massima parte dei casi, sia per disposizione di legge, sia per interferenze di autorità, i seggi - anche in seguito a tutti gli scioglimenti di Consigli comunali imposti dal Governo e dal partito dominante - risultarono composti quasi totalmente di aderenti al partito dominante. Quindi l’unica garanzia possibile, l’ultima garanzia esistente per le minoranze, era quella della presenza del rappresentante di lista al seggio. Orbene, essa venne a mancare. Infatti, nel 90 per cento, e credo in qualche regione fino al 100 per cento dei casi, tutto il seggio era fascista e il rappresentante della lista di minoranza non poté presenziare le operazioni. Dove andò, meno in poche grandi città e in qualche rara provincia, esso subì le violenze che erano minacciate a chiunque avesse osato controllare dentro il seggio la maniera come si votava, la maniera come erano letti e constatati i risultati. Per constatare il fatto, non occorre nuovo reclamo e documento. Basta che la Giunta delle elezioni esamini i verbali di tutte le circoscrizioni, e controlli i registri. Quasi dappertutto le operazioni si sono svolte fuori della presenza di alcun rappresentante di lista. Veniva così a mancare l’unico controllo, l’unica garanzia, sopra la quale si può dire se le elezioni si sono svolte nelle dovute forme e colla dovuta legalità. Noi possiamo riconoscere che, in alcuni luoghi, in alcune poche città e in qualche provincia, il giorno delle elezioni vi è stata una certa libertà. Ma questa concessione limitata della libertà nello spazio e nel tempo - e l’onorevole Farinacci, che è molto aperto, me lo potrebbe ammettere - fu data ad uno scopo evidente: dimostrare, nei centri più controllati dall’opinione pubblica e in quei luoghi nei quali una più densa popolazione avrebbe reagito alla violenza con una evidente astensione controllabile da parte di tutti, che una certa libertà c’è stata. Ma, strana coincidenza, proprio in quei luoghi dove fu concessa a scopo dimostrativo quella libertà, le minoranze raccolsero una tale abbondanza di suffragi, da superare la maggioranza - con questa conseguenza però, che la violenza, che non si era avuta prima delle elezioni, si ebbe dopo le elezioni. E noi ricordiamo quello che è avvenuto specialmente nel Milanese e nel Genovesato ed in parecchi altri luoghi, dove le elezioni diedero risultati soddisfacenti in confronto alla lista fascista. Si ebbero distruzioni di giornali, devastazioni di locali, bastonature alle persone. Distruzioni che hanno portato milioni di danni... (Vivissimi rumori al centro e a destra)

Una voce, a destra: "Ricordatevi delle devastazioni dei comunisti!"

Giacomo Matteotti. Onorevoli colleghi, ad un comunista potrebbe essere lecito, secondo voi, di distruggere la ricchezza nazionale, ma non ai nazionalisti, né ai fascisti come vi vantate voi! Si sono avuti, dicevo, danni per parecchi milioni, tanto che persino un alto personaggio, che ha residenza in Roma, ha dovuto accorgersene, mandando la sua adeguata protesta e il soccorso economico. In che modo si votava? La votazione avvenne in tre maniere: l’Italia è una, ma ha ancora diversi costumi. Nella valle del Po, in Toscana e in altre regioni che furono citate all’ordine del giorno dal Presidente del Consiglio per l’atto di fedeltà che diedero al Governo fascista, e nelle quali i contadini erano stati prima organizzati dal partito socialista, o dal partito popolare, gli elettori votavano sotto controllo del partito fascista con la "regola del tre". Ciò fu dichiarato e apertamente insegnato persino da un prefetto, dal prefetto di Bologna: i fascisti consegnavano agli elettori un bollettino contenente tre numeri o tre nomi, secondo i luoghi (Interruzioni), variamente alternati in maniera che tutte le combinazioni, cioè tutti gli elettori di ciascuna sezione, uno per uno, potessero essere controllati e riconosciuti personalmente nel loro voto. In moltissime provincie, a cominciare dalla mia, dalla provincia di Rovigo, questo metodo risultò eccellente.

Aldo Finzi. Evidentemente lei non c’era! Questo metodo non fu usato!

Giacomo Matteotti. Onorevole Finzi, sono lieto che, con la sua negazione, ella venga implicitamente a deplorare il metodo che è stato usato.

Aldo Finzi. Lo provi.

Giacomo Matteotti. In queste regioni tutti gli elettori...

Francesco Ciarlantini. Lei ha un trattato, perché non lo pubblica?

Giacomo Matteotti. Lo pubblicherò, quando mi si assicurerà che le tipografie del Regno sono indipendenti e sicure (Vivissimi rumori al centro e a destra); perché, come tutti sanno, anche durante le elezioni, i nostri opuscoli furono sequestrati, i giornali invasi, le tipografie devastate o diffidate di pubblicare le nostre cose. (Rumori)

Voci: "No! No!"

Giacomo Matteotti. Nella massima parte dei casi però non vi fu bisogno delle sanzioni, perché i poveri contadini sapevano inutile ogni resistenza e dovevano subire la legge del più forte, la legge del padrone, votando, per tranquillità della famiglia, la terna assegnata a ciascuno dal dirigente locale del Sindacato fascista o dal fascio. (Vivi rumori interruzioni)

Giacono Suardo. L’onorevole Matteotti non insulta me rappresentante: insulta il popolo italiano ed io, per la mia dignità, esco dall’Aula. (Rumori - Commenti) La mia città in ginocchio ha inneggiato al Duce Mussolini, sfido l’onorevole Matteotti a provare le sue affermazioni. Per la mia dignità di soldato, abbandono quest’Aula. (Applausi, commenti)

Attilio Teruzzi. L’onorevole Suardo è medaglia d’oro! Si vergogni, on. Matteotti. (Rumori all’estrema sinistra)

Presidente. Facciano silenzio! Onorevole Matteotti, concluda!

Giacomo Matteotti. Io posso documentare e far nomi. In altri luoghi invece furono incettati i certificati elettorali, metodo che in realtà era stato usato in qualche piccola circoscrizione anche nell’Italia prefascista, ma che dall’Italia fascista ha avuto l’onore di essere esteso a larghissime zone del meridionale; incetta di certificati, per la quale, essendosi determinata una larga astensione degli elettori che non si ritenevano liberi di esprimere il loro pensiero, i certificati furono raccolti e affidati a gruppi di individui, i quali si recavano alle sezioni elettorali per votare con diverso nome, fino al punto che certuni votarono dieci o venti volte e che giovani di venti anni si presentarono ai seggi e votarono a nome di qualcheduno che aveva compiuto i 60 anni. (Commenti) Si trovarono solo in qualche seggio pochi, ma autorevoli magistrati, che, avendo rilevato il fatto, riuscirono ad impedirlo.

Edoardo Torre. Basta, la finisca! (Rumori, commenti) Che cosa stiamo a fare qui? Dobbiamo tollerare che ci insulti? (Rumori - Alcuni deputati scendono nell’emiciclo) Per voi ci vuole il domicilio coatto e non il Parlamento! (Commenti - Rumori)

Voci: "Vada in Russia!"

Presidente. Facciano silenzio! E lei, onorevole Matteotti, concluda!

Giacomo Matteotti. Coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le cabine, ebbero, dentro le cabine, in moltissimi Comuni, specialmente della campagna, la visita di coloro che erano incaricati di controllare i loro voti. Se la Giunta delle elezioni volesse aprire i plichi e verificare i cumuli di schede che sono state votate, potrebbe trovare che molti voti di preferenza sono stati scritti sulle schede tutti dalla stessa mano, così come altri voti di lista furono cancellati, o addirittura letti al contrario. Non voglio dilungarmi a descrivere i molti altri sistemi impiegati per impedire la libera espressione della volontà popolare. Il fatto è che solo una piccola minoranza di cittadini ha potuto esprimere liberamente il suo voto: il più delle volte, quasi esclusivamente coloro che non potevano essere sospettati di essere socialisti. I nostri furono impediti dalla violenza; mentre riuscirono più facilmente a votare per noi persone nuove e indipendenti, le quali, non essendo credute socialiste, si sono sottratte al controllo e hanno esercitato il loro diritto liberamente. A queste nuove forze che manifestano la reazione della nuova Italia contro l’oppressione del nuovo regime, noi mandiamo il nostro ringraziamento. (Applausi all’estrema sinistra. Rumori dalle altre parti della Camera) Per tutte queste ragioni, e per le altre che di fronte alle vostre rumorose sollecitazioni rinunzio a svolgere, ma che voi ben conoscete perché ciascuno di voi ne è stato testimonio per lo meno... (Rumori) per queste ragioni noi domandiamo l’annullamento in blocco della elezione di maggioranza.

Voci a destra: "Accettiamo" (Vivi applausi a destra e al centro)

Giacomo Matteotti. [...] Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere la Nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema certamente provoca la licenza e la rivolta. Se invece la libertà è data, ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. (Interruzioni a destra) Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni. 

(Applausi all’estrema sinistra - Vivi rumori)



 

 

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 25 maggio 2023

TTR: Il Convegno a Roma di Renew Europe

The Think Tank Reformists mette a disposizione degli interessati il dibattito tenuto ieri a Roma nel Convegno di Renew Europe, con gli interventi di Matteo Renzi e Carlo Calenda e il dibattito con Mara Carfagna, Luigi Marattin e Andrea Marcucci e il contributo di Nicola Danti.

Per ascoltarlo, grazie a Radio Radicale basta copiare il link sotto e si apre la pagina di Radio Radicale dove ascoltare tutto il Convegno

https://www.radioradicale.it/scheda/699127 



TTR: Politica e Cultura, Lucca al top.

Lucca torna protagonista in Italia: nella politica, Andrea Marcucci, di recente uscito dal PD, assumerà un incarico nazionale con i Liberali democratici europei con l’arduo compito di fare sintesi fra le varie anime del terzo polo, Azione, Italia Viva,+ Europa, ma anche i Riformisti, i Cattolici, i Radicali.

La Giunta Pardini ha deciso di porre la candidatura di Lucca a Capitale Italiana per la Cultura per il 2026, una splendida notizia per Lucca che sta riprendendo il ruolo che gli compete nella cultura italiana, con le tante mostre e iniziative culturali che stanno fiorendo in città.

Moltissime le iniziative di questi ultimi mesi concluse o in fieri, dalla Mostra “Le lettere di Elisa”, a cura di Roberta Martinelli alle iniziative delle Fondazioni lucchesi: Ragghianti, Tobino, Giuseppe Pera e le altre che certamente stiamo dimenticando.

Il Teatro del Giglio ha ripreso nuova vita e le associazioni pubbliche e private legate al nome di Giacomo Puccini hanno ripreso vitalità e slancio.

Sembra che stia sbocciando una nuova primavera culturale lucchese che trova nella rinascita del turismo, dopo la pandemia, terreno fertile, nuova linfa e vigore.

Anche nello Sport segnali di vitalità, presentato in Comune il progetto ufficiale per il nuovo Porta Elisa, la Ciclovia Puccini è candidata all’Oscar italiano del Cicloturismo.

Sicuramente ci stiamo scordando altre iniziative prestigiose in fieri e chiediamo venia, vogliamo solo dire come Think Tank Reformists che Lucca sta tornando ad assumere ruoli di prestigio a livello nazionale e che cercheremo di fare, nel nostro piccolo, la nostra parte con nuovi Convegni culturali, dopo il successo di quello sul 25 aprile.

A fine giugno ricorderemo Gaetano Salvemini, nei 150 anni dalla nascita, forse il maggior interprete italiano del Riformismo, portando a Lucca conferenzieri e studiosi di grande valore, su un tema provocatorio legato al Terzo Polo.

Think Tank Reformists



 

 

 

   

 

 

 

 

 

venerdì 19 maggio 2023

Obiettivo "democrazia governante": qualità della politica e riforme istituzionali di Paolo Razzuoli

 Il Governo Meloni ha riaperto la discussione sulle Riforme Costituzionali quanto mai necessarie. E' da augurarsi che nei prossimi mesi questa discussione diventi serrata e costruttiva. Think Tank Reformists, nel suo piccolo, prova a allargare questo dibattito nella società civile della lucchesia, pubblicando un piccolo saggio del Prof. Paolo Razzuoli. Pubblicheremo qui tutti gli interventi che ci verranno inviati.

Obiettivo "democrazia governante": qualità della politica e riforme istituzionali di Paolo Razzuoli

Il tema delle riforme istituzionali sembra tornare all'ordine del giorno dell'agenda politica, a seguito dell'iniziativa assunta dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Naturalmente nessuno può al momento sapere se le forze di maggioranza intendono realmente mettere in campo una iniziativa seria, almeno potenzialmente idonea a produrre effetti veri, oppure se si tratta della solita fuffa propagandistica.

Del resto, che i temi istituzionali rappresentino un terreno propagandistico per i partiti non costituisce certo una novità; ed in una certa misura è anche fisiologico poiché la propaganda è parte della democrazia: "è la democrazia bellezza...."

Del resto il tema delle riforme istituzionali ha attraversato, se pur con diverse sottolineature, l'intero arco della storia repubblicana.

La scelta del modello di repubblica parlamentare con governi deboli, fu molto dibattuto, ed ha incontrato, sin da subito, le perplessità di illustri giuristi Padri Costituenti. Cito Piero Calamandrei: “…Credete voi che si possa continuare a governare l’Italia con una struttura di governo parlamentare, come sarà quella proposta dal progetto della Costituzione…? Il governo parlamentare è un vecchio sistema che ha avuto sempre come presupposto l’esistenza di una maggioranza omogenea, fondamento di un governo stabile…”. Ma in caso di governi di coalizione, “allora bisognerà cercare strumenti costituzionali che corrispondano a questo diverso presupposto”. Per questo Calamandrei aveva proposto una Repubblica presidenziale “o perlomeno a un governo presidenziale”, osservando che di questo fondamentale problema della democrazia, cioè la stabilità del governo, nel progetto costituzionale non c’era quasi nulla”.

Certamente il tema delle riforme, se pensate al fine del raggiungimento di una più efficace ed efficiente "democrazia governante", è di grande importanza e, pertanto, va affrontato con grande serietà, equilibrio e saggezza.

Per non cadere nel solito deprimente déjà vu la maggioranza, in primo luogo, ma tutte le forze politiche responsabili, dovranno impegnarsi in un dibattito vero, sfuggendo alla tentazione di pensare le riforme quale strumento per mettere "il cappottino" a qualcuno, ma quale ripensamento del nostro assetto istituzionale, considerato complessivamente, e calato nella temperie che sta assumendo la vita democratica nel tempo odierno.

Da tale postulato discende l'imprescindibilità dell'intreccio fra qualità della politica e riforme istituzionali. Credo che sia sulla coerenza di questo binomio che si giochi l'esito di qualsiasi disegno riformatore. Nodo che va sciolto e chiarito senza equivoci, anzitutto per individuare le autentiche cause dei problemi ed anche, ovviamente, per evitare di imputare all'uno le responsabilità dell'altro. E per evitare la sensazione, serpeggiante nell'opinione pubblica, che la focalizzazione sulle riforme istituzionali nasconda in realtà il desiderio di distrarre l'elettorato verso altre tematiche maggiormente sentite e che non si riescono ad affrontare. Insomma, la politica dovrà mettere in campo una serietà che sgombri qualsiasi dubbio sul fatto che le riforme offrano la possibilità di mettere in campo una "gigantesca distrazione di massa".

L'Italia ha sicuramente bisogno di riforme istituzionali, ma affinché queste possano realmente consentire un "cambio di passo", occorre che vengano coniugate con uno sforzo di rilancio della qualità della politica. Sono convinto che buone regole possano aiutare anche la qualità della politica; ma non possono certamente servire di fronte ad atteggiamenti refrattari di una lettura seria e per quanto possibile oggettiva dei processi che stanno indebolendo la nostra vita democratica.

 Venendo ora a qualche scampolo di storia, è ben noto che le prime iniziative politiche per riformare le nostre istituzioni risalgono agli anni '80, al tempo del governo Craxi, con la commissione guidata da Aldo Bozzi.

Non è un tempo casuale. La Prima Repubblica si reggeva su governi deboli e partiti forti. Negli anni '80 si avvertirono i primi sintomi della crisi dei partiti di massa e si cercò di correre ai ripari.

Negli anni '90 ci fu la Commissione D'Alema ed il celebre "patto della crostata", che poi non ebbe alcun esito concreto.

Poi c'è stata la sciagurata riforma del Titolo V della Costituzione operata dal centro-sinistra, e confermata dal referendum popolare.

Quindi la proposta dell'epoca berlusconiana, bocciata con il referendum confermativo del 2006, ed infine la proposta del governo Renzi, anch'essa naufragata con il referendum confermativo del 2016.

Più di recente, ha invece avuto esito positivo il taglio dei parlamentari propugnato dai grillini.

Insomma, finita l'epoca dei governi deboli ma dei partiti forti, ci siamo trovati con le medesime istituzioni e con i partiti evaporati: insomma, istituzioni deboli e partiti deboli. Un mix che non giova certo ad una democrazia rappresentativa che sta sempre più pericolosamente scivolando verso una sorta di democrazia recitativa.

 La vicenda delle riforme istituzionali italiane qualche domanda la impone: perché nonostante il tanto tambureggiar di propaganda sinora tutte sono fallite?

Ebbene, tento una risposta, in accordo con il pensiero di Angelo Panebianco, espresso in un articolo apparso sul Corriere della Sera in data 14 maggio 2023.

Parlare di presidenzialismo, e dire che si tratta di mettere fine alla endemica instabilità dei governi (la grande piaga della Repubblica italiana fin dalla sua nascita) non è sufficiente. Occorre andare più in profondità, cercando di immaginare un disegno istituzionale complessivo e cercando di capire le dinamiche su cui in questi decenni si sono mossi i grandi centri di interessi.

Credo abbia ragione Panebianco nel dire che Per capire il problema conviene partire da tre domande.

La prima: come mai le uniche due rilevanti riforme costituzionali che la Repubblica abbia conosciuto, quella del titolo Quinto (sui rapporti fra centro e periferia) e la riduzione del numero dei parlamentari, non incontrarono forti resistenze? La risposta è che entrambe le riforme andavano nella direzione— che, per ragioni diverse, piaceva a tanti — dell'ulteriore indebolimento di un «centro politico» (governo e Parlamento), già di per sé tradizionalmente debole.

La seconda domanda: perché quella tentata da Matteo Renzi e bocciata da un referendum popolare nel 2016 era una buona riforma? La risposta è che, anche se non prevedeva elezioni dirette del presidente o del premier, proponendo di superare sia il bicameralismo simmetrico (due camere con uguali poteri) sia il titolo Quinto, avrebbe rafforzato, indirettamente ma sicuramente, la forza del governo centrale.

La terza domanda: perché quel progetto suscitò l'opposizione di un gran numero di gruppi fra loro eterogenei (qualcuno ricorderà, ad esempio, che Magistratura democratica prese pubblicamente posizione contro)? La risposta è che in Italia ci sono molti gruppi che temono un rafforzamento del governo perché ciò indebolirebbe i loro poteri di veto sulle politiche e sulle decisioni pubbliche. 

A questo punto credo si impongano alcune riflessioni:

Primo. - Pur in presenza di una diffusa convinzione sulla necessità di rafforzare le strutture di governo del Paese (necessità peraltro anche attestata da alcuni rapporti Censis), alla prova dei fatti non appare poi così vero. Infatti, ogni qualvolta se n'è presentata l'occasione, l'elettorato ha bocciato le riforme in tal senso. Evidentemente coloro che non vogliono il rafforzamento del governo che, inevitabilmente, limiterebbe la loro capacità di veto, hanno una forte capacità di condizionare l'elettorato.

Secondo. - Non può sfuggire la strumentalità con cui si sono mosse le forze politiche ed i loro leader più rappresentativi. Ad esempio coloro che oggi si fanno paladini del presidenzialismo, in nome della governabilità, sono stati in prima linea nell'opposizione alla riforma Renzi, che pur andava proprio in quella direzione.

Terzo. - In presenza di progetti di riforma costituzionale c'è sempre stato qualcuno che, in nome della "Costituzione più bella del mondo" e della presunta "svolta autoritaria", ha urlato al pericolo per la democrazia. E' un clamoroso falso storico: i pericoli per la democrazia vengono dai governi deboli e non dai governi forti.

Quarto. - Il problema della inefficienza delle strutture di governo non proviene solo dal governo centrale. Giustamente Renzi aveva affrontato il tema del Titolo V della Costituzione e quello delle autonomie locali con la legge di riforma delle province. Il tema delle riforme delle strutture di governo va affrontato nel suo assieme; qualsiasi altra strada non porterà a nulla. Non può essere un problema di scambio politico: non ha senso mettere assieme il presidenzialismo e l'autonomia differenziata.

Quinto. - Sembra che anche questa volta si vogliano alimentare i soliti equivoci. Da una parte si racconta all'opinione pubblica che il presidenzialismo è sinonimo di decisionismo (e non lo è, anche se è dai tempi di Bettino Craxi che l'equivoco viene alimentato). Dall'altra si vedranno quelli che si travestiranno da partigiani, cantando Bella ciao, e marciando in difesa della «costituzione nata dalla resistenza».

Sesto. - Io penso che qualsiasi riforma non possa prescindere da valutazioni circa lo stato di salute della nostra democrazia. Direi che è condivisa una certa preoccupazione per la deriva populista che stanno assumendo le istituzioni di democrazia rappresentativa un po' ovunque nel mondo occidentale, che di tale esperienza è la culla e il motivo di giusto vanto. I segni di questa deriva sono molteplici; vediamone alcuni: Disinteresse per la politica e astensionismo; radicalizzazione dello scontro e delegittimazione dell’avversario; volgarizzazione del linguaggio; insofferenza per le procedure della vita democratica; crisi dei partiti di massa e personalizzazione della politica; maldestro uso dei media e dei social. Su quest'ultimo punto mi soffermo un attimo per sottolinearne la forza di penetrazione in un'epoca fortemente condizionata da istanze populiste così chiaramente sintetizzate - oltre mezzo secolo fa - dal Prof. Nicola Matteucci: «idee semplici» e «passioni elementari, in radicale protesta contro la tradizione e, quindi, contro quella cultura e quella classe politica che ne è l'espressione ufficiale». Con il populismo, sostiene Matteucci, si coagula una nuova sintesi politica, che non può essere definita, secondo il comune linguaggio parlamentare, conservatrice o progressista, perché supera e mantiene entrambe le posizioni, affermando da un lato una volontà autoritaria, che nella fretta del fare è sempre più insofferente degli impacci e delle remore imposte dalle procedure costituzionali di una democrazia moderna, e dall'altro, quando arriva al potere, manipola le masse con slogans genericamente rivoluzionari.”

Settimo. - Pur sapendo di attrarmi molti fulmini, dico che di fronte ad una siffatta evoluzione degli umori dell'elettorato, ed in assenza di strutture (come i partiti di massa) che riuscivano ad organizzarlo ed a dargli sbocchi politici chiari, non mi pare il caso di pensare ad elezioni dirette di organi monocratici, sia si tratti del presidente della Repubblica, o ancor peggio del presidente del Consiglio. Sappiamo a quali situazioni può portare un elettorato facilmente condizionabile dalle lusinghe di una certa politica e dei suoi intrecci con il circo mediatico e dei social: non mi pare il caso di esporci a certi rischi, posto anche che se il fine è veramente la "democrazia governante", ci sono ottime alternative per raggiungerlo, ad esempio sulla falsa riga della proposta Renzi del 2016, i cui contenuti sono ben noti e comunque facilmente reperibili su Internet per cui non vi indugio. A scanso di malintesi, non mi riferisco all'attuale proposta del Terzo Polo (il sindaco d'Italia, che sinceramente non capisco).

Avviandomi a concludere, il punto di partenza credo debba essere quello di ottenere l'obiettivo di una capacità di governo ben più efficace ed efficiente di quella attuale. Ma è un obiettivo che intreccia gli assetti istituzionali con la qualità della politica. Ad esempio, gli infiniti lacci e lacciuoli in cui si imbatte chiunque voglia intraprendere qualcosa, non riguarda certo gli assetti istituzionali; le abnormi intrusioni del potere pubblico in quasi tutte le attività (vedi spesso le migliaia di autorizzazioni richieste) non riguardano certo le riforme istituzionali bensì quelle normative.

Quindi il tema va visto nei suoi molteplici livelli, anche se l'aspetto della stabilità dei governi è certamente un tema vero, che non intendo certo sottovalutare.

E’ il ragionamento che la premier ha fatto incontrando le opposizioni: il nostro è un sistema caratterizzato da una fortissima instabilità che è alla base di molte criticità e indebolisce l’Italia anche all’estero, visto che ai summit internazionali il premier di turno viene sempre considerato un interlocutore provvisorio e quindi un’anatra zoppa. Negli ultimi venti anni noi abbiamo avuto dodici governi, la Francia quattro presidenti e la Germania tre cancellieri.

Ma più un governo ha un orizzonte breve, più tenderà a dilatare la spesa corrente e a non fare investimenti strutturali” – ha detto Meloni – e “tutti sappiamo che gli investimenti hanno un moltiplicatore e la spesa corrente un altro”. Non a caso l’Italia è cresciuta molto meno di Francia e Germania. Ergo: c’è qualcosa che non funziona alla base del sistema, e questa è la ragione per cui le riforme istituzionali sono una priorità.

Tutto vero. Ma cosa pensava Giorgia Meloni quando in occasione del referendum del 2016 faceva opposizione al progetto riformatore di Renzi?

Comunque, già nel 2017 ebbi modo di scrivere che era necessario riprendere il filo del discorso. Non ho cambiato opinione. Le riforme sono necessarie, ma non possono essere issate come una bandierina identitaria. Occorre estrema serietà nell'individuazione dei motivi delle inefficienze, ed una estrema coerenza nell'individuazione dei rimedi.

Ed ancora, occorre sapersi spogliare degli interessi elettorali contingenti, in favore di una autentica capacità di lettura della temperie politico-culturale complessiva in cui siamo immersi.

Quindi niente slogan identitari, ma la fatica del confronto e la serietà e coerenza dei comportamenti. Solo così si potrà sperare di non vedere l'ennesimo "déjà vu".

Lucca, 18 maggio 2023



lunedì 15 maggio 2023

TTR: Fondazione CRLucca e Arcivescovato

Think Tank Reformists, il blog pensatoio-culturale di Lucca, ha esaminato il bilancio consuntivo 2022 della Fondazione CRLucca, presentato dal Presidente Bertocchini e approvato all’unanimità dall’Assemblea dei soci e dall’Organo di Indirizzo dell’Ente

Cifre esaltanti: un avanzo di esercizio di 28.407.519 euro e un patrimonio netto di oltre 1,2 miliardi, oltre 33 milioni di euro di erogazioni complessive della Fondazione nel 2022.

Cospicue le elargizioni, molti e pregevoli i Progetti sostenuti in tanti campi con la ciliegina della grande impresa di restauro del Volto Santo.

Una attività positiva a 360°, influente e determinante non solo per le realizzazioni ma anche per le scelte e la programmazione di moltissime attività, nel sociale e nella cultura, nel nostro territorio.

TTR ritiene necessario riconoscere questo ruolo determinante della Fondazione, da non considerarsi, come nel recente passato, una fastidiosa ingerenza e sovrapposizione nelle scelte politiche dei Comuni e della Provincia, da relegare a mero sportello elargitorio di fondi.

Crediamo opportuno che gli amministratori pubblici a iniziare dal Sindaco di Lucca, aprano con la Fondazione CRLucca un percorso informativo-partecipativo nelle grandi scelte per lo sviluppo del nostro territorio.

TTR avverte la necessità di un tavolo di approfondimento e conoscenza fra i Sindaci, la Fondazione CRLucca, ma anche il Vescovato, sui grandi problemi del nostro territorio e sull’individuazione di un tracciato, sia pure di larga massima, condiviso per gli interventi nel sociale, nella cultura, nel recupero e valorizzazione dei beni culturali esistenti.

Individuare e condividere, sia pure a grandi maglie e con tempi medio lunghi, una comune prospettiva di sviluppo e intervento potrebbe migliorare i risultati complessivi in questi settori così importanti per la nostra società e il libero coordinamento degli autonomi interventi dei diversi soggetti, essere un valore aggiunto.

Riconoscere il valore della presenza della Fondazione CRLucca, del suo ruolo, assieme a quello della Chiesa lucchese, nel sociale, nella cultura e nella conservazione e valorizzazione dei beni culturali del territorio, crediamo sia una scelta giusta e opportuna, da fare.

Think Tank Reformists by Francesco Colucci



 

martedì 2 maggio 2023

Il 3 maggio è festa grande a Lucca per la “Santa Croce di maggio”.

Il 3 maggio come il 14 settembre, il Volto Santo viene vestito con tutti i paramenti sacri e i gioielli conservati nel Museo della Cattedrale ed esposto alla venerazione dei fedeli nel tempietto di Matteo Civitali in San Martino.

Il 3 maggio il calendario liturgico celebra la festa de “inventio crucis”, il ritrovamento della croce da parte di Elena, madre dell’imperatore Costantino, che è venerata dai cattolici, come santa Elena Imperatrice.

La data in maggio, mantenuta come Ritrovamento della Santa Croce, è stata tolta dal calendario liturgico del rito romano in seguito alle riforme del Messale Romano operate da papa Giovanni XXIII, mentre la Chiesa Ortodossa commemora ancora entrambi gli eventi, come succede a Lucca.

La leggenda del Volto Santo parte da Nicodemo, membro del Sinedrio e discepolo di Gesù, che armato di fede e un paio di tenaglie, aiutò Giuseppe di Arimatea a staccare Cristo dalla Croce e a deporre il suo corpo nel sepolcro.

Nicodemo decise di scolpire nel legno l’immagine di Gesù così come lo aveva visto nella deposizione, per lasciare testimonianza dell’eccezionale evento a cui aveva assistito.

Il Volto Santo di Lucca è considerato un’immagine acheropita al pari della Madonna di Guadalupe e della Sacra Sindone.

La leggenda vuole che Nicodemo, scolpita la croce e il corpo, non riuscisse a rappresentare il volto di Cristo e che, dopo aver pregato, si fosse addormentato per scoprire al suo risveglio, che l’opera era stata completata dalla mano divina.

L’arrivo del Volto Santo a Lucca con un viaggio avventuroso guidato dalla volontà divina è noto a tutti e non lo ripeteremo.

Quest’anno la vestizione del Volto Santo nel tempietto di Matteo Civitali non ci sarà perché è oggetto di un lodevole restauro programmato dall’Ente Chiesa Cattedrale e interamente finanziato dalla Fondazione CRL. 

Think Tank Reformists, vuole ricordare la Festa del 3 maggio così cara ai lucchesi, con i versi di un famoso poeta lucchese, Gino Custer De Nobili, non sempre ricordato quanto meriti, per le sue opere nella “parlata di Lucca dentro”.

Custer dedicò all’arrivo del Volto Santo a Lucca un’ode particolarmente bella che riproduciamo, come omaggio alla sacra Reliquia e alle millenarie tradizioni del popolo lucchese.

L’arivo del Volto Santo


Delle volte mi frulla per la zucca
quel che dev’esse stata la cagnara
di quando ‘l Volto Santo arivò a Lucca!
Io dico ‘un c’è per nulla Fregionara.

Campane, razzi, bande, gente ciucca,
e poi contadiname giù a fiumara
col cavallo, col ciuco, colla mucca,
sopra le tiribàccole e le cara.

Chi sa le gomitate, li spintoni,
l’indovine qua e là per le piazzette,
i llampanini, l’archi cò ffestoni,

le ciaccine, le torte belle calde,
i ppannùcciori, i ppònci, le staffette,
i rifreschi col pipporo e le cialde…

(Fregionara: luogo dove era l’ospedale dei malati di mente; tirabàccole: diligenze; la cara: le carra; le ciaccine, i ppannùcciori, i ppònci, le staffette, i rifreschi col pipporo e le cialde: dolciumi e bevande della tradizione lucchese)

Gino Custer De Nobili, nacque a Lucca nel 1881 da Lorenzo Custer e dalla nobildonna Carlotta De Nobili, diplomato in pianoforte presso l'Istituto Musicale Lucchese, frequentò a lungo il caffè di Alfredo Caselli, luogo di ritrovo di intellettuali e artisti, con Giovanni Pascoli, Alfredo Catalani, Giacomo Puccini, Gustavo Giovannetti e Lorenzo Viani.

Poeta vernacolare scrisse e pubblico in dialetto lucchese, "Le poesie di Geppe" e “Lucca mia bella”: centinaia di odi, moltissime dedicate a Lucca.

A Milano con l’aiuto di Puccini fu introdotto nell’ambiente teatrale dell’epoca musicando testi poetici, scrivendo alcune commedie e il libretto dell'opera “Petronio” di Gustavo Giovannetti.

E’ da considerarsi uno dei migliori poeti dialettali italiani.

Think Tank Reformists vuole ricordare, uno dei grandi poeti lucchesi ancorché poco conosciuto ai più e la più bella festa religiosa e civile della città e del contado, in onore del suo Volto Santo, che si esalta il 14 settembre, ma che è festa grande anche, il 3 maggio.



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

lunedì 1 maggio 2023

TTR: Ricordiamo il 1° Maggio con un racconto di Giovannino Guareschi

Think Tank Reformists vuole ricordare il 1° maggio, in una maniera inusuale, con un racconto di Giovannino Guareschi.

Due le motivazioni: il suo racconto, "Il garofano rosso e il garofano bianco" è di una dolcezza infinita, parla di amore, di passione politica, di donare se stessi, nel giorno di un primo maggio in quella terra fra il fiume e il monte, dove il sole di cuoce la testa in estate e la nebbia la confonde in inverno. 

La seconda perchè Giovannino Guareschi è nato il primo maggio dell'anno 1908, ed è lo scrittore italiano i cui libri, oltre 20 milioni, sono forse i più venduti al mondo, nonostante che in Italia sia stato odiato, perseguitato, sminuito.

La sua colpa gravissima: essere stato un feroce anticomunista, che si battè in prima linea nelle elezioni del 1948, tanto che il Times scrisse che le elezioni erano state vinte da De Gasperi e Guareschi.

Ha inventato e lanciato in quelle elezioni lo slogan elettorale più efficace e famoso al mondo: " Nel segreto della cabina elettorale: Dio ti vede, Stalin no"

Ha creato anche l'aggettivo "trinariciuto" per indicare un tipo di comunista che portava il "cervello all'ammasso" di obbedienza cieca e assoluta.

L'odio dei comunisti non si placò mai, tanto che l'Unità alla sua morte nel 1968 titolò "È morto lo scrittore che non era mai sorto".

Giovannino è stato scrittore, giornalista, umorista e caricaturista, il Bertolo e il Candido sono state le sue armi letterarie.

E' stato arrestato una prima volta per le offese a Benito Mussolini e inviato al fronte.

Arrestato una seconda volta  per essersi rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò ed inviato a due lagher nazisti.

Ha fatto il carcere per la satira su De Gasperi e i governi DC, rifiutando la domanda di Grazia.

E' stato un ribelle, un uomo che non voleva mosche sul naso, tutto di un pezzo, che ha scritto centinaia di racconti bellissimi che ho letto tutti decine di volte: è il mio autore preferito.

Ecco il suo racconto sul Primo Maggio: