martedì 28 febbraio 2023

La rivoluzione iniziata nel PD con l’elezione di Schlein a Segretaria - Interviste di Franchi e Rosato

Pubblichiamo due interviste a “Formica.net”: la prima dell’editorialista del Corriere della Sera, Paolo Franci, la secondo di uno dei leader di Italia Viva, Ettore Rosato.

Il Pd di Schlein? L’atto finale di derenzizzazione secondo Franchi Di Francesco De Palo | 27/02/2023 da “Formiche.net”

“Da oggi, forse, non valgono più le parole centrodestra e centrosinistra. Ha vinto una signora che non è iscritta e che è stata eletta segretario da una maggioranza di non iscritti. Mette il più clamoroso dei timbri alla fine di un Pd che era già morto”.

Un atto finale di derenzizzazione del Pd che forse fa scomparire le parole centrodestra e centrosinistra. Questa la percezione che, dopo le primarie che hanno incoronato Elly Schlein alla segreteria, Paolo Franchi affida a Formiche.net nella consapevolezza che si mette “il più clamoroso dei timbri alla fine di un Pd che era già morto e rappresenta un dato del tutto inedito”. In questa articolata conversazione l’editorialista del Corriere della Sera, già direttore del Riformista e scrittore (“Il Pci e l’eredità di Turati” il suo ultimo lavoro per La nave di Teseo), affronta i nodi gordiani che hanno caratterizzato i democratici, dal Lingotto ad oggi.

La vittoria di Elly Schlein rappresenta una virata secca rispetto alle tesi del Lingotto?

Vedo due questioni: prima di stabilire se è una virata secca, dovremmo chiederci cosa c’entrasse, nel bene o nel male, il Pd attuale con le tesi del Lingotto. Credo ci sia il timore che la cosa non funzionasse dall’origine. Ricordo un libro del grandissimo Emanuele Macaluso che, nel giorno della celebrazione del Lingotto, già contemplava il futuro: era intitolato “Al capolinea” in cui spiegava perché quel Pd non sarebbe andato da nessuna parte. Che quella linea non avrebbe funzionato lo dimostrarono le successive dimissioni di Walter Veltroni all’indomani delle elezioni regionali. Poi ci sono stati Bersani e Renzi, ma senza voler fare la storia degli ultimi 18 anni del Pd, osservo che è stato un oggetto senz’anima e senza identità.

Cosa è stato?

Un partito di servizio e di sistema che, comunque andassero le elezioni, restava dentro le varie maggioranze con diverse formule. Il risultato delle ultime elezioni non è stato solo la sconfitta del Pd, ma ha fotografato una circostanza oggettiva: non esiste proprio più la possibilità di una certa postura e dunque, da questo punto di vista, è evidente che il partito si ritrova senza linea di rinnovamento nella continuità, come si diceva nel vecchio linguaggio comunista.

Una candidata non iscritta ha battuto un candidato spiccatamente di partito che amministra sotto l’egida del Pd. Un altro segnale preciso?

Questo ci dà una contraddizione fantastica, perché una signora che non è iscritta e che anni fa aveva tentato altre strade dopo la questione dei 100, è stata eletta segretario da una maggioranza di non iscritti. Mette il più clamoroso dei timbri alla fine di un Pd che era già morto e rappresenta un dato del tutto inedito. Questo voto è lo specchio di un mondo: poi come sarà fatto questo mondo lo vedremo. Posso solo dire che, ai lati di questo Pd, vedo rinascere un qualcosa in cui credo. Inoltre il fatto che siano andati a votare più di un milione di persone è certamente molto meno di tutte le primarie precedenti, ma molto di più di quanto gli altri partiti sono stati capaci di fare in una domenica piovosa. Più in generale, non credo che Bonaccini possa mette in conto a Veltroni la sua sconfitta.

Può contribuire, da un lato, allo scostamento dei centristi piddini che non si sentirebbero rappresentati dalla sinistra-sinistra del nuovo segretario e, dall’altro, ad un’opa del bacino elettorale del M5S?

Occorrerà valutare adesso alcuni fattori che si intrecceranno, primo fra tutti come reagiranno Matteo Renzi e i renziani nel Pd. Qualcuno più cattivo oserebbe chiedersi come si regolerà Renzi rispetto alla collocazione dei suoi supporters rimasti comunque all’interno del Pd. Io non credo che se andassero via sarebbe ciò la fonte di ulteriori danni elettorali: ma queste sono supposizioni, poi bisogna vedere cosa noi intendiamo per sinistra-sinistra. Sarà interessante cogliere le fattezze ideologiche di Schlein e capire se potranno servire a recuperare un pezzo dell’elettorato che è finito ai 5Stelle oltre che a recuperare un pezzo di astensione. Sono queste le cose di cui lei si dovrà occupare, non di andare al governo domani o dopodomani. Inoltre da un giro di orizzonti su Twitter per vedere le reazioni, mi sono accorto di molti rimpianti per il vecchio Pd che sembra un Pd curiosamente identificato con il vecchio Pci. Rimpianti espressi da elettori dichiaratamente di destra ma non da operai e da iscritti. Ciò mi sembra la fotografia di una cosa che avevamo già davanti agli occhi, ma che non volevamo vedere per quello che era: ovvero lo stato dell’arte. Una fase è finita, pur in questo modo clamoroso e sancisce il lancio di un ponte verso più mondi da un luogo che sta sprofondando. Il voto è espresso da chi non gradisce l’idea di costruire una prospettiva con Renzi e Calenda.

Giorgia Meloni ha costruito il suo partito su un modello novecentesco, con tesi, identità e sezioni dopo il partito liquido berlusconiano e dopo la rete grillina. Anche Schlein, che ha valori non negoziabili e crede in certi principi che chiaramente inserirà nel suo programma, presenta questa veste?

È possibile. Meloni ha fatto un percorso un po’ diverso non solo politicamente: ha tirato su un partito, oltre che un partito novecentesco. Il dato clamoroso emerso dalle ultime elezioni politiche è che, mentre negli ultimi anni tutti chiedevano di lasciarci alle spalle il Novecento, ha vinto proprio il partito più novecentesco ovvero Fratelli d’Italia, che è proprio un partito. Tornando ai valori, ciò ci dice che adesso avremo una destra al governo e una sinistra all’opposizione, che si scontreranno su due basi valoriali distinte e distanti: questo potrebbe smentire la tesi secondo cui la leadership del Paese si contende al centro. Da oggi, forse, non valgono più centrodestra e centrosinistra, sono due parole che scompaiono e da questo punto di vista Schlein, al di là dell’appoggio strumentale che le daranno logicamente Franceschini piuttosto che Boccia, ha un punto di forza non nella struttura-partito ma in quel reticolo fatto da movimenti e mondi giovanili. Il voto di ieri è stato l’atto finale di derenzizzazione del Pd.

 

Elly Schlein è la fine del Pd riformista. La profezia di Ettore Rosato (ItaliaViva) Di Federico Di Bisceglie | 27/02/2023 - da "Formiche.net"

Il deputato renziano: “Conte ha l’ambizione di diventare il nuovo leader della sinistra. Sarà una competizione da una parte (in Europa, ad esempio) e, forse, un’alleanza sul piano interno. Quel che è certo è che non mollerà l’idea di diventare il capo della sinistra tanto facilmente”

“Non chiamatelo Partito Democratico. L’elezione di Elly Schlein, che rispetto, ha messo fine alla storia del partito fondato da Veltroni”.

Il punto di vista di Ettore Rosato, esponente di spicco di Italia Viva parte da un assunto: “Questo nuovo corso segna l’uscita definitiva del Pd dall’alveo dei riformisti e ha l’ambizione di trasformarlo nella casa della sinistra italiana. Vedremo se ne Schlein ne sarà capace”.

Rosato, con queste affermazioni mi pare che i margini di dialogo tra Terzo Polo e Pd siano sostanzialmente azzerati. 

Non abbiamo preclusioni verso nessuno, ma è evidente che si parta da punti di vista diametralmente opposti su tante questioni: dall’economia ala giustizia, passando per la politica internazionale. Con questa scelta il Pd ha deciso di giocare nel campo del Movimento 5 Stelle.

I 5 Stelle saranno un alleato del Pd o no?

Conte ha l’ambizione di diventare il nuovo leader della sinistra. Sarà una competizione da una parte (in Europa, ad esempio) e, forse, un’alleanza sul piano interno. Quel che è certo è che Conte non mollerà l’idea di diventare il “capo” della sinistra tanto facilmente.

Schlein si è presentata come una novità, ma chi la sostiene sono vecchie guardie del partito. Non le sembra una contraddizione?

Staremo a vedere quali saranno i nuovi componenti della segreteria nazionale e francamente non mi meraviglia sapere che persone come Goffredo Bettini, Dario Francescini e Nicola Zingaretti sostengano Schelin.

La vocazione maggioritaria è definitivamente tramontata?

Ma certo. D’altra parte, il Pd ha impostato la campagna elettorale sulla divisione tra rosso e nero. In questo senso penso che Schelin riesca a interpretare questo approccio politico anche meglio di Enrico Letta. Certo, è una posizione comoda e che confina il Pd a una dimensione minoritaria. Una posizione rispettabile, ma che ha ben poco a che vedere con le basi su cui è nato il Pd.

Però questo sbilanciamento a sinistra per voi potrebbe essere un’opportunità. 

Italia Viva e Azione rappresentano uno spazio politico appetibile per tutta quella parte di elettorato che non si rispecchia nel Pd (ora meno di prima) e che ritiene poco credibile un partito come Forza Italia.

Per noi, però, questa è una grande sfida. Sta a noi porci in maniera credibile e appetibile agli occhi di questo elettorato.

Diciamo che alla luce di questi presupposti risulta difficile immaginare una minoranza unitaria in chiave antigovernativa.

Valuteremo attentamente tutti i movimenti che si concretizzeranno nell’alveo del centrosinistra. Le prossime elezioni politiche sono molto lontane e mi aspetto una piccola “rivoluzione” anche nel centrodestra da qui ad allora.

A proposito di elezioni, a che punto siamo con la costituzione del partito unico tra Italia Viva e Azione?

Mancano solo da definire alcuni dettagli formali.

Ma ormai l’iter è avviato, ed era naturale che succedesse.

Due partiti come i nostri, che credono nelle stesse cose e che hanno valori comuni, non potevano altro che unirsi in una sola formazione.


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

lunedì 27 febbraio 2023

PD…ParaDosso politico

Il PD, questa unione a freddo di 15 anni fa fra i vertici post-comunisti e i vertici dei cattolici progressisti, ha sempre visto, nella sua vita, dei Paradossi…il più eclatante fino a ieri: 

La feroce guerra interna fatta al Segretario Matteo Renzi reo di aver portato il PD al 40% e di volere una vera Riforma dello Stato.

Fino a oggi appunto, perché ieri si è consumato un altro record nei paradossi PD.

Sono stati fatti i Congressi di sezione è la maggioranza degli iscritti, oltre il 53% ha scelto come Segretario Bonaccini.

Alle primarie nei gazebo, aperte a tutti, è invece stata eletta Segretaria la Schlein, quella sconfitta da Bonaccini nei congressi sezionali del Partito.

La prima volta che succede. Il voto degli iscritti azzerato: non conta nulla.

Gli iscritti che pagano la tessera, che ci mettono la faccia tutti i giorni, facendo attività nella società civile, sul lavoro, nelle scuole, stracciati dal voto nei gazebo.

La vecchia nomenclatura PD tutta con la Schlein parlerà ora di grande successo di partecipazione popolare, di democrazia diretta…solo che nei gazebo hanno votato molti di quelli che di destra e di estrema sinistra vogliono il PD estromesso dalla centralità politica che ha acquisito in anni di Governo.

Iscritti ad altri partiti che vogliono, per ragioni contrapposte, un PD estremista, succube dei 5 stelle, un partito di sinistra estrema, barricadiero, populista, giustizialista.

La regia di questa congiura credo sia ben chiara a tutti: il grande “vecchio” post-comunista, rancoroso e mai rottamato.

La domanda ora è questa: la maggioranza degli scritti del PD chiaramente Riformista si farà trascinare in una deriva massimalista e populista, per un voto nei gazebo di chi non votava PD?

Ai posteri l’ardua risposta…noi Riformisti abbiamo il dovere di dare vita ad un Partito Liberal-democratico aperto a tutti, senza se e senza ma.

Tocca a Carlo Calenda e Matteo Renzi, coniugando al ribasso il loro ego, riuscire a trovare una formula nuova e elettrizzante per riuscire a mettere assieme tutti i Riformisti, liberali e socialisti democratici, radicali e cattolici, per costruire tutti assieme un nuovo soggetto politico moderno e partecipato e soprattutto liberaldemocratico.

Francesco Colucci per Think Tank Reformists



 

TTR, 2 a 0 palla al Centro.

Si sono conclusi due Congressi di Partito, PD e +Europa.

Risultato per i Riformisti, 2 a 0 palla al Centro.

Carlo Calenda: Auguri e complimenti a Riccardo Magi e Federico Pizzarotti (nuovo segretario e nuovo presidente di + Europa, n.d.r.) speriamo di incontrarci al più presto e definire insieme un percorso di collaborazione per arrivare ad una rappresentanza unificata dei libdem in Italia e in UE

Luigi Marattin: È una bella giornata per la chiarezza del quadro politico. Dopo anni di ambiguità, il principale partito di csx assume una chiara fisionomia: la stessa di Ocasio-Cortez, di Corbyn, di Melenchon. Ora tocca a noi tutti costruire con altrettanta chiarezza la nostra identità.

Maria Elena Boschi: Penso che da domani nella politica italiana cambieranno molte cose. Si apre una stagione molto interessante per i riformisti.

La pensiamo come MEB, da domani nella politica italiana si apre una pagina bianca, tutta da scrivere e noi di Think Tank Reformists siamo qui a documentare tutte le novità e per contribuire a scrivere, su questa pagina, qualche rigo, per la Toscana e per Lucca e i suoi Territori.

Questa sarà una notte difficile per gli "orfani" che credevano ancora possibile un Terzo Polo gamba di sostegno del PD.

Ancora più difficile sarà, questa notte, per gli amici Andrea, Stefano, Valentina, Mario e moltissimi altri, che tante battaglie hanno fatto per il Riformismo.

L’augurio che ci sentiamo di fare è per una loro serena riflessione guardando agli interessi primari della Toscana, di Lucca e delle loro popolazioni.

Ora più che mai vi è l’occasione anche in Toscana di un rilancio, nella chiarezza, di una forte politica liberaldemocratica.



 

 

 

 

domenica 26 febbraio 2023

Quale destra dopo un lungo cammino? La riflessione di Malgieri

 Pubblichiamo un approfondito saggio di Gennaro Malgeri sulla storia recente delle Destra edito su “formiche.net” del 24 febbraio 2023.

Lo pubblichiamo perché sia di riflessione a tutti coloro che a sinistra continuano a credere che la Destra sia solo qualche gruppetto di scalmanati picchiatori, analfabeti e impreparati, da spazzar via con un soffio.

Continuando a pensare così, facendo solo chiasso con battaglie di antifascismo retrò, il Governo Meloni rimarrà per una ventina di anni.

Solo una buona conoscenza dei nostri avversari potrà portarci a elaborare strategie politiche più sofisticate per sconfiggere elettoralmente questa destra, che fra Berlusconi, Salvini e Meloni è già da più di vent’anni, sia pure con intervalli di centro-sinistra, che governa l’Italia. 

La Destra è un fenomeno articolato che non si può ridurre a un monolite, ma è piuttosto un poliedro nel quale le diverse sfaccettature si compongono in un quadro d’assieme, dando vita a un soggetto plurale e diffuso.

Gennaro Malgieri, attraverso la lettura di tre volumi, racconta cosa è stata, cosa è e cosa sarà la Destra in Italia

Per comprendere cosa sta accadendo a Destra, la sua evoluzione in senso conservatore, le dinamiche che la stanno rendendo protagonista della scena politica non soltanto in Italia, è necessario risalire storicamente a ciò che è stata e ai suoi esponenti di primo piano, oltre alla militanza dei decenni trascorsi. Si capirà così che la Destra, prima di essere un soggetto politico definito, determinato e individuabile, è un sentimento morale e culturale che si sostanzia di valori a-temporali.

Essere o sentirsi di Destra non vuol dire appartenere necessariamente ad un soggetto politico, ad una forza elettoralmente organizzata, ad una formazione competitiva tra le altre. Certo, può assumere anche queste connotazioni, ma prioritariamente è una riconoscibile visione del mondo e della vita , ispirata da un forte impulso a difendere e ad affermare tutto ciò che è incedibile e non negoziabile, sia spiritualmente che culturalmente e politicamente.

La profondità della Destra così percepita assume le fattezze di una soggettività “biologica” che come tale tende a conservarsi. Pertanto, qualificarla come conservatrice non è un espediente per separarla da altre qualificazioni come nazionale, sociale, solidarista, rivoluzionaria, tradizionalista, reazionaria, sindacalista, ecc. nessuna delle quali è infondata o fuori posto.

Sono definizioni che hanno ragioni e giustificazioni assolutamente legittime, ma che tuttavia non comprendono pienamente il senso della Destra nella sua complessità.

Il sentimento morale e culturale che essa racchiude è radicato nel tempo e nella storia; dunque, raccoglie in sé tanto la discendenza dalla religiosità come principio generatore della civile convivenza, quanto dal passato storico che ha formato la coscienza umana e le istituzioni pubbliche e private.

La Destra, dunque, è un fenomeno articolato che non si può ridurre ad un monolite, ma è piuttosto un poliedro nel quale le diverse sfaccettature si compongono in un quadro d’assieme dando vita ad un soggetto plurale e diffuso, del quale la composizione, che può sembrare contraddittoria, in realtà interseca le anime che la compongono dando vita a qualcosa che potremmo definire, qualificare, denominare Oltre la Destra, giusto il titolo del libro pubblicato da Eclettica, a cura dell’Istituto Stato e Partecipazione che scandaglia, attraverso le storie di alcuni dei più qualificati esponenti del Movimento Sociale Italiano, la singolare soggettività politica di un partito che ci riporta ad un mondo che sarebbe sbagliato cancellare, per comodità, demagogia e opportunismo.

E invece, come raccontano le pagine messe insieme da Francesco Carlesi, promotore di questa antologia di sentimenti e di battaglie civili e politiche, di spiritualità vissuta nell’agone dello scontro e dell’incontro con altre esperienze storico-politiche, la Destra esiste, c’è, tanto più che è penetrata nel profondo e nelle fibre della società italiana fino a farsi governo nel 2022, dopo l’assaggio dell’esperienza del 1994 e del 2008.

Oltre la destra, dunque, da Costamagna ad Almirante, da Rasi a Tripodi, da Accame a Rauti, da Massi ai tradizionalisti evoliani, dagli “attualisti” gentiliani ai “corporativisti impazienti” di Ugo Spirito, dai sindacalisti di Roberti rinnovanti la grande tradizione del sindacalismo rivoluzionario al realismo politico di Augusto De Marsanich, di Arturo Michelini e di Ernesto De Marzio, da Beppe Niccolai a Teodoro Buontempo, si può dire, come scriveva Rasi, che tutti erano contro le etichette, lo stesso MSI lo era, al di là della destra e della sinistra, anche se per ovvie esigenze politiche si collocava a destra. Rasi sintetizzava così questo incredibile caleidoscopio: “Si trattava di destra politica, non economica; di destra dinamica di ordine sociale e non di cristallizzazione dei privilegi; destra che persegue l’ordine morale e giuridico, non come difesa di rendite improduttive ma come azione etica, certezza del diritto, e recupero del senso dello Stato e della Nazione. Potrebbe essere utile una definizione del tipo destra politica e sinistra sociale, intendendo con l’uno l’ordine nella libertà e con l’altra la partecipazione nella giustizia”.

Dagli scritti che compongono questo libro – che raccoglie gli scritti di Amorese, Bozzi Sentieri, Carlesi, De La Vásquez, Fabbri, Guarente, Malgieri, Marenghi, Naso, Scaraglino – viene fuori non soltanto una storia, ma una visione del mondo articolata che origina dalla reazione alla Grande rivoluzione che spaccò l’ordine tradizionale, elevò l’ateismo a religione dei popoli, desacralizzò millenari usi e costumi, abolì, grazie alla Loi Le Chapellier, i corpi intermedi, tessuto connettivo delle società europee.

Allo scandalo della devastazione dei principi imperniati sulla dignità della persona, sulla centralità dello Stato e della Nazione, sulla religione come fattore culturale prima che fideistico si levò un “conservatorismo rivoluzionario” al quale movimenti raminghi per le contrade d’Europa si oppose. Conservatore per i principi che intendeva difendere; rivoluzionario per la modernità e la concretezza della sua azione contro lo sfacelo e perfino reazionario nel reagire alla distruzione di un mondo.

La Destra nasce da tutto questo.

Restaurazione, Tradizione, Sindacalismo, Nazionalismo, Corporativismo come rinascita dei corpi intermedi: ecco la conservazione che si fa innovazione.

Tutto ciò è Oltre la Destra nel senso indicato per come i protagonisti biografati l’hanno interpretata. E se poi la Destra diventa di popolo, patriottica per definizione, nazional-conservatrice per il naturale percorso compiuto, presidenzialista ecco che una nuova storia incomincia e coloro che l’hanno iniziata nel nostro tempo possiamo dirli profeti di una nuova avventura.

Il libro è ricco di riflessioni che fanno giustizia del becero “luogocomunismo” della sinistra la cui recrudescenza negli ultimi tempi ci ha non poco stupiti. I profili raccolti in queste pagine sono la testimonianza di una classe dirigente colta, visionaria, intellettualmente dotata che non si dedicava al “politicantismo” occasionale, ma corroborava l’azione politica di un pensiero che affondava le radici in una vasta cultura, soprattutto filosofica, storica ed economica.

Al riguardo, Almirante, Romualdi, Tripodi, De Marzio, Roberti, Niccolai, Rauti, soltanto per citare i politici-intellettuali più attivi ed interessanti, cui possiamo affiancare gli uomini di cultura che non disdegnavano l’impegno politico pur non praticandolo a tempo pieno, come Costamagna, Accame, Erra, Siena, Gianfranceschi, Sermonti, Massi, Rasi – soltanto per fare alcuni nomi – non erano soltanto politici, a diverso titolo, ma pensatori che vivevano la politica attraverso un’elaborazione intensa. Basti pensare al fatto che diedero vita a quelli che oggi chiamiamo laboratori intellettuali (altrove think tank’s), per renderci conto del primato della cultura che con vigore sostenevano.

L’Inspe, il Centro di vita italiano, l’Istituto di Studi Corporativi, il Cidas, unitamente ad una miriade di riviste d’alto profilo a cui il MSI affidava il proprio messaggio, furono gli strumenti per costruire una Destra tutt’altro che vuota, secondo la vulgata corrente e per renderci conto di quanto dispiegamento d’intelligenza dobbiamo riconoscere.

Ad una Destra che ha saputo nel tempo essere tale, fino ad andare “oltre se stessa”, qualificandosi nei modi richiamati, al di là degli stereotipi della politica ottocentesca, non si può dire altro che le sue radici sono ben salde ed il suo tronco è in grado di reggere le più impetuose intemperie, come la sua storia ampiamente ha dimostrato.

E se Oltre la Destra raccoglie le personalità più significative del Msi, nella fiorente letteratura sull’argomento, non possiamo tralasciare il denso e pressoché indispensabile volume, davvero enciclopedico, di Federico Gennaccari, 100 personaggi della Destra 1946-2021. Da Almirante a Giorgia Meloni, con il corredo di altri 200 protagonisti della storia del Movimento Sociale Italiano, di Alleanza Nazionale e di Fratelli d’Italia. È un libro di consultazione, nel quale non manca un nome, non viene tralasciato un avvenimento, non si dimentica un particolare significativo della vita politica e culturale dei biografati e si compone così il quadro della storia della Destra italiana dal 1946 ai nostri giorni.

Esso colma alcune lacune sul tema e soprattutto sul ruolo di numerosi importanti esponenti della Destra, molti dei quali dimenticati. Un lavoro eccellente che soltanto Gennaccari, con la sua proverbiale pazienza e con la competenza che gli è unanimemente riconosciuta, poteva mettere insieme. Sono percorsi biografici che raccontano una storia cronologicamente ordinata sia parlamentare che militante, senza dimenticare le vittime di una campagna politica segnata da un filo di sangue a testimonianza di una storia assai drammatica, da Franco De Agazio assassinato dalla Volante rossa nel 1947 a Milano  a Paolo Di Nella ucciso  da militanti dei Collettivi autonomi a Roma in  viale Libia nel 1983 mentre affiggeva manifesti per la tutela del verde pubblico a Villa Chigi: niente di sovversivo, soltanto di civiltà. Insomma, in queste dense pagine sono riassunte, se così si può dire, attraverso le biografia perfino dei più “nascosti” dirigenti, la vita di un partito, voluto da Pino Romualdi, come movimento senza torcicollo per far partecipare alla vita politica anche i reduci della Repubblica Sociale Italiana nel nome della pacificazione post-bellica.

Un libro che chiunque voglia comprendere a pieno la storia della Repubblica dovrebbe leggere, possedere, consultare.

Ma la Destra è stata, come si è detto, anche militanza e cultura. Sotto il primo aspetto, un libro significativo e molto documentato, è, I ragazzi del ciclostile. La Giovane Italia, un movimento studentesco contro il sistema di Adalberto Baldoni e Alessandro Amorese (prefazione di Giorgia Meloni), nel quale i due autori raccontano, con dovizia di particolari, i due decenni più significativi del movimento giovanile di studenti del secondo dopoguerra. Un movimento, nato nel 1950, ha fatto la sua ragione di vita nella difesa della Nazione ispirandosi agli ideali mazziniani. Il volume si propone di ricostruire, come scrive Baldoni nella prefazione, “un rilevante squarcio di storia della Destra che non tutti conoscono. Un passato da prendere come esempio per andare avanti con coraggio, dedizione, coerenza, intelligenza”. Il tutto avendo chiaro un concetto, come scrive il coautore Amorese “quello dell’antitesi permanente, cioè dell’alternativa, netta, alla crescente preponderanza della Sinistra. Da Destra”. Il volume è di una ricchezza notevole di informazioni, aneddoti, personaggi, militanza politica, azione nelle scuole. Da leggere insieme con quello di Gennaccari.

Si diceva che la Destra è stata anche cultura. Un esempio tra tanti è testimoniato dall’Istituto di Studi Corporativi del quale offre una storia puntuale Rodolfo Sideri nel libro: Sognando l’alternativa. Animato da Ernesto Massi, Diano Brocchi e da Gaetano Rasi, una triade di economisti ed intellettuali che spaziavano in molti campi, l’Istituto fu una fucina, dal 1972 al 1995, di formazione di giovani “quadri” buona parte dei quali scelse la via politica per dare un contributo alla Destra alternativa. Emanazione dell’Istituto fu la Rivista di Studi Corporativi sulle cui pagine, curate da Rasi, si esercitò buona parte della classe intellettuale della Destra. Le sue elaborazioni furono attente, nella prospettiva di una società partecipativa, ad ogni aspetto della contemporaneità, dall’europeismo al nucleare, alla questione demografica, al regionalismo, alle riforme istituzioni, alla politica internazionale. Un vero e proprio pensatoio che con la svolta liberista del centrodestra berlusconiano ammainò le proprie bandiere lasciando un vuoto incolmabile.



 

 

venerdì 24 febbraio 2023

Carlo e Matteo uniti per il nuovo partito. TTR: subito in Toscana un “Comitato Liberal-Riformista”

Matteo Renzi: siamo pronti a fare il partito unico anche in tempi stretti.

Carlo Calenda: entro settembre partito unico con Renzi.

Il via alla formazione del nuovo Partito Riformista e Liberale.

Calenda: Il 28 riunirò il comitato politico della federazione per definire la road map.

Renzi: L’importante è che sia un progetto culturalmente aperto, serio e rigoroso e il percorso sia un percorso partecipato, democratico, che comincia dal basso, dai territori.  

Think Tank Reformists: Nonostante i pessimisti, i cacadubbi, gli “orfani” del PD, i “sotto tutto io” non si farà mai, Carlo e Matteo hanno dato il via alla fase costituente per la costruzione entro l’anno del nuovo partito Riformista e Liberale.

TTR il nuovo “Lilliput-Pensatoio-Toscano” che si sta spendendo per accelerare i tempi di una “Costituente Riformista” festeggia questa decisione, fa una analisi di possibili pericoli burocratici e lancia una proposta per la Toscana.

Renzi ha detto: L’importante è che sia un progetto culturalmente aperto, serio e rigoroso e il percorso sia un percorso partecipato, democratico, che comincia dal basso, dai territori. 

La Toscana sia l’apripista per una Costituente aperta e partecipata, non burocratica, autoreferenziale, duopolista.

TTR propone che in Toscana si superi da subito una gestione di una Costituente “di apparati” dei due partiti, con il “bilancino” del farmacista, per aprirsi completamente alla società toscana

La proposta di Thik Tank Reformists è di costituire entro Marzo un “Comitato Costituente Toscano”, in preparazione della Costituente Nazionale.

Un Comitato aperto alla partecipazione di tutti i movimenti e le associazioni toscane che lo richiedano, per iniziare a parlare di cosa dovrà essere questo nuovo Partito Liberal-Riformista in Toscana e in Italia.

Un Comitato più ampio possibile, presieduto da una sola persona, per superare il rischio di una dualistica fase burocratica paritaria di Azione e Italia viva, quella delle “garanzie reciproche” dando l’immagine distorta di un processo costituente fatto di apparati dei due partiti.

Un Comitato aperto a tutto quello di nuovo e bello esiste in Toscana, per esaltare la partecipazione di tutta la società civile interessata e disponile. 

Un Comitato Toscano Liberal-Riformista, che apra subito la discussione e la definizione dei principi cardini del nuovo partito liberal-riformista, della sua carta dei valori, della sua autonoma presenza in Toscana.

Sia una personalità della cultura toscana a presiedere e far funzionare questo Comitato per la realizzazione del Manifesto Toscano dei valori, dei pensieri, della politica, riformista e liberale.

Francesco Colucci



 

 

  

giovedì 23 febbraio 2023

La ciclica crisi della sinistra italiana, discernendo da Polibio, Machiavelli, Vico a Craxi e Martelli.

Le elezioni politiche del 2022 hanno evidenziato la grave crisi della sinistra e il successo della destra più combattiva, quella con meno centro.

Il sistema democratico italiano e le sue Istituzioni palesano inefficienze e ritardi

Nella storia della repubblica italiana si possono trovare discussioni filosofiche varie e contrastate sul deteriorarsi delle forme Istituzionali e di governo di uno Stato e di alcune teorie politiche che sembrano ripetersi periodicamente nel corso dei secoli.

Dalla Anaciclosi di Polibio, al Machiavelli, fino a Vico con la sua “teoria dei corsi e dei ricorsi storici” ma anche di molti altri filosofi e studiosi.

Nel 1982 il PSI schierò a Rimini nella sua Conferenza Programmatica il fior fiore di filosofi, studiosi, di uomini di cultura per affrontare la crisi, di allora, della sinistra italiana, imbalsamata nello schematismo comunista, insensibile al nuovo che stava venendo avanti con il mutare vertiginoso della società, dei nuovi “mestieri”, del superamento delle “classi” tradizionali del marxismo.

Credo che qualcosa di simile stia avvenendo ora in Italia, non so se è un ricorso del Vico, ma è impressionante leggere alcuni passi della relazione Martelli del 1982 che sembra essere scritta nel 2023.

Credo che rileggere un “sunto”commentato di cosa fu quella epocale Conferenza Programmatica che Craxi e Martelli lanciarono e che è passata alla storia come la teoria della santa alleanza fra Merito e Bisogno, sia illuminante.

Il “riassunto commentato” che vi propongo è quello di Crisafulli conservato alla Fondazione Nenni, del 2017.

Una riflessione da fare sulla validità immutata di alcune teorie di allora e delle tante analogie con l’oggi, ma anche il recupero di una cultura politica di movimento e di avanguardia che il nuovo Partito Liberal-Riformista dovrebbe incarnare.

Francesco Colucci

Meriti e bisogni nel nuovo millennio, di Edoardo Crisafulli29 ott 2017 by fondazione Nenni.

Rinnovarsi o perire, diceva Nenni.

Coerentemente con questa massima, i socialisti si sono sempre ingegnati nel rielaborare le loro coordinate culturali.

Il partito all’avanguardia ha una cultura politica in movimento, fluida come un magma: guai se si solidifica in dogmi, luoghi comuni, certezze assolute.

Già negli anni Ottanta si profilava la sfida: come armonizzare antichi ideali con un processo di modernizzazione che investe con forza dirompente la società, l’economia, la cultura?

La politica della DC e del PCI, schiava di categorie consunte, segnava il passo.

Ecco che i socialisti tracciano nuovi solchi e utilizzano tecniche di semina innovative, in un terreno abituato a una agricoltura tradizionale.

La conferenza programmatica del PSI, svoltasi a Rimini nel 1982, volò sulle ali della creatività e del dinamismo.

Claudio Martelli, nella sua memorabile relazione, ebbe il coraggio dell’autocritica: “La verità nuda e cruda è che dopo la stagione del [primo] centrosinistra, la sinistra italiana, noi compresi, non ha più avuto una strategia dell’intervento sociale che non fosse puro assistenzialismo.”

È, questa, un attacco velato alla dittatura dei diritti, concepiti oltretutto in un’ottica superata dai tempi.

L’assistenzialismo infatti riconosce i diritti sotto forma di mancia ai poveri: è pane per i denti dei plebei; i cittadini della polis democratica hanno ben altre esigenze.

Ed è pane indigesto: lo smerciano i politicanti per il voto di scambio – panem et circenses dicevano, appunto, i maestri del clientelismo.

Martelli prende le mosse da un’analisi aggiornata della società italiana.

La sociologia marxiana delle classi sociali è ormai “pietrificata”: gran parte dei lavoratori è impiegata nel terziario avanzato e si è ingrossato altresì il “popolo delle partite IVA”.

La sinistra egemone non se ne è accorta, è ancora in preda ai fumi dell’ideologia (il mito della centralità operaia, il legame con l’URSS ecc.), e quindi attinge a una teoria dei bisogni semplicistica, ottocentesca.

Il riformismo socialista fa rinsavire dall’ubriacatura marx-leninista.

Chi rappresenta i ceti professionali emergenti, gli imprenditori di successo del Made in Italy, la miriade di aziende famigliari, gli artigiani che veicolano l’estro italiano – in breve: il ceto medio produttivo, che si è dilatato dagli anni del boom economico?

Non di certo la sinistra tradizionale, che guarda con sospetto alla piccola borghesia: un tempo collusa con il fascismo, essa ancor oggi coverebbe impulsi regressivi, reazionari.

E chi dà voce ai nuovi emarginati, che non figurano nel Capitale di Karl Marx?

In questo bizzarro Paese in movimento che è l’Italia, continua Martelli, c’è chi ha compiuto un formidabile balzo in avanti e c’è chi è rimasto indietro.

Ecco che spuntano nuove povertà che si sommano a quelle vecchie, ancora persistenti.

Non c’è solo l’operaio, alienato dalla catena di montaggio. Ci sono altre figure: i reietti della società contemporanea non sono i poveri in senso tradizionale (i denutriti, i disoccupati), bensì gli esclusi “dalla conoscenza o dagli affetti o dalla salute”. 

Parliamo di persone che, pur essendo in grado di mettere il pane in tavola, arrancano o sopravvivono malamente nella società della competizione feroce.

“Penso ai carcerati, agli alcolizzati, ai tossicodipendenti, ai malati, ai disabili, agli anziani, ai minimi pensionabili senza una famiglia che se li prenda in cura, ai bambini appunto, alle donne e agli uomini che sono soli e non vorrebbero essere soli, ai giovani e alle ragazze che bussano al mercato del lavoro e non riescono a varcarne la soglia, che cercano una casa per sposarsi e devono rinviare il matrimonio, che sono esclusi dalla cultura e dal benessere.”

Cittadini dimezzati, insomma. L’alienazione sul luogo di lavoro si affianca a nuove forme di povertà – spirituale, affettiva, culturale, materiale – che amplificano il dolore insito nella condizione umana e paralizzano o deprimono la volontà di riscatto.

Martelli non parla di doveri: li dà per scontati. E, all’apparenza, parla il linguaggio arcaico dei diritti assoluti. Ma, a leggere bene, il lessico e la grammatica del PSI stanno subendo una metamorfosi.

In una società frammentata, pulviscolare convivono gruppi sociali disparati.

La sinistra deve imparare a orientarsi in una nuova costellazione: l’interclassismo. L’attenzione del PSI si concentra su due tipologie di cittadini, che necessitano entrambe di maggiori tutele: quelli che lavorano nei settori più dinamici dell’economia, e danno perciò un contributo decisivo alla ricchezza e al progresso della nazione, e quelli che, rimasti alla base della piramide sociale, non esprimono appieno le loro potenzialità.

La meritocrazia – finora estranea all’universo simbolico della sinistra – è linfa vitale tanto per gli uni quanto per gli altri.

L’intervento sociale a pioggia favorisce solo politiche rozze e improduttive.

A questo punto Martelli lancia un’idea geniale: il circolo vizioso assistenza-emarginazione può essere spezzato in un sol modo: mediante “un’alleanza riformista fra il merito e il bisogno”.

Devono far causa comune i ceti medi, ovvero i cittadini attivi – “coloro che possono agire” perché hanno particolari capacità e conoscenze ––, e gli emarginati, che sono i cittadini passivi – “coloro che devono agire” per evadere dal carcere della nullità, della passività.

La sinistra riformista sconfiggerà la destra illiberale/conservatrice solo puntando a una alleanza organica fra i lavoratori delle professioni scaturite dallo sviluppo tecnologico e gli eredi dei proletari di un tempo, spesso analfabeti di ritorno.

Gettato il sasso nello stagno, s’è visto qualche timido cerchio concentrico.

Poi il nulla: l’acqua, a sinistra, è tornata placida come prima.

Eppure, Martelli aveva sottolineato un punto importante: “Se separiamo il merito dal bisogno, il riformismo diviene o tecnocrazia o assistenzialismo”. 

Parole profetiche, ben possiamo dirlo trentacinque anni dopo.

La sinistra egemone, chiusa nel suo torpore e nella sua pigrizia mentale, ha risposto alle povertà, antiche e nuove, proprio nel modo peggiore: propinandoci assistenzialismo e tecnocrazia, a corrente alternata.

Né ha saputo sostenere e chiamare sotto la sua bandiera i ceti medi, i quali, colpiti dalla crisi, sono sempre più impauriti e frastornati.

Un peccato di omissione o disattenzione, questo, che ha gettato in braccio alla destra le figure più dinamiche dell’economia.

Se si fosse data sostanza politica alla proposta del PSI, che fu bloccata dalle due Chiese dell’epoca, PCI e DC, nonché dalla resistenza passiva delle mille lobby e caste (e delle categorie più tutelate/sindacalizzate) che ingessano ancor oggi il nostro Paese, non dovremmo ripescare addirittura il discorso, scontato, sulle responsabilità del cittadino.

Cos’è “il buonismo” – diritto assoluto, sciolto da ogni legame col dovere – se non il volto nobile, idealistico, dell’assistenzialismo? 

Chiedete, e vi sarà dato. A prescindere.

Non importano né i vostri meriti, né ciò che potete dare alla comunità; contano solo i bisogni, ciò che vi spetta.

In fondo, se le risorse scarseggiano possiamo pur sempre ricorrere a uno stratagemma collaudato: indebitiamo lo Stato scaricando i costi sulle generazioni future.

Il diavolo però fa le pentole, non i coperchi: con la moneta unica questo escamotage non dura nemmeno lo spazio di una legislatura, non si può più utilizzare liberamente.

Ogni volta che l’assistenzialismo travolge gli argini, e si spende con larghezza di maniche pur in assenza di sviluppo, ecco che sorge la necessità del governo di tecnocrati che rimette le cose in sesto con annessi e connessi di macelleria sociale (il professor Monti vi ricorda qualcosa?).

La politica delle elargizioni assistenziali non ha intaccato minimamente il potere delle corporazioni, anzi l’una è complementare all’altro.

Questo è il patto sociale occulto che frena da decenni l’innovazione e il dinamismo: mance dall’alto e privilegi a iosa.

Così si è formata la palude italiana: si ignorano i bisogni degli ultimi, che vanno soddisfatti con un riscatto autentico – la mobilità sociale, una cittadina piena e attiva –; e al tempo stesso si deprimono i talenti, l’innovazione, il merito.

L’esercito di chi ha bisogno è aumentato a dismisura, e i manipoli del merito si sono assottigliati: troppi giovani laureati, specializzati, tecnici ecc. sono emigrati all’estero.

Risultato: l’economia cresce (quando ce la fa) sbuffando, a ritmi ridicoli.

C’è di più. Ben trentacinque anni dopo la riflessione di Martelli – teniamo a mente questo lasso temporale pazzesco! – la società italiana mica è rimasta al palo, immobile.

Formare un’alleanza fra merito e bisogno è ancor più complesso: “coloro che devono agire”, gli emarginati, sono in maggioranza immigrati.

S’è creato quindi un gap culturale e linguistico, che ai tempi di Martelli non c’era, rispetto a “coloro che possono agire”: gli italiani nativi e cittadini (si spera) attivi. 

Naturalmente la recessione ha scaraventato un bel po’ di italiani nella schiera dei nuovi poveri. 

Sicché ci sono due rischi, collegati, da scongiurare: (a) una guerra fra poveri – italiani contro stranieri – per la ripartizione di risorse sempre più magre; (b) il coalizzarsi della maggioranza degli italiani autoctoni, i ceti più abbienti/colti e quelli a rischio di proletarizzazione, in funzione anti-immigrati.

Ragion di più per rilanciar la strategia geniale teorizzata da Martelli.

Altrimenti sarà la destra xenofoba a vincere, nelle urne e nei cuori.

Solo una alleanza fra meriti e bisogni rinforzerà le fondamenta della comunità nazionale, consentendo l’integrazione effettiva dei nuovi italiani!

Ma lo spirito di quell’alleanza va adattato ai nostri tempi: esso richiede il ritorno, sul proscenio della politica, di una coppia troppo a lungo separata: quella formata dai diritti e dai doveri del cittadino.



 

 

mercoledì 22 febbraio 2023

Le primarie del PD da "Formiche net"

Bonaccini e il pragmatismo democristiano. Le primarie Pd secondo Pombeni

Di Federico Di Bisceglie | 21/02/2023 – Pubblicato su “Formiche.net”

Più del confronto televisivo possono i numeri. La volontà che emerge, dopo il voto di iscritti e militanti del Pd, è quella di un partito riformista.

L’energia “popolare” di Stefano Bonaccini ha primeggiato: quasi il 53% degli iscritti ha scelto lui come futuro segretario. “Evidentemente i militanti dem hanno preferito il pragmatismo politico a chi in questi anni ha sostanzialmente inseguito feticci”.

Lo dice il politologo e saggista Paolo Pombeni che, però, in attesa del voto nei “gazebo” avverte su un possibile problema che si potrebbe verificare: “Una forma di contaminazione esterna che possa in qualche modo ribaltare l’esito delle votazioni nei circoli”.

Professore, perché teme che le votazioni nei gazebo possano sovvertire i risultati consegnati dai circoli?

Perché con la formula con cui sono state organizzate queste primarie, tutti possono votare, di conseguenza il rischio “manipolazione” è altissimo.

Sarebbe ben poco serio per un partito come il Pd assistere a una situazione di questo tipo. Dunque, spero, anche per preservare un po’ di credibilità, che il voto nei gazebo confermi quello dei circoli.

Bonaccini senz’altro primeggia, ma Schlein lo tallona e conquista alcuni centri cittadini importanti. Non si potrà non tenerne conto.

Schlein rappresenta il tipico prodotto dei talk show televisivi. Un esempio plastico della contaminazione del partito, di cui parlavo prima. Ha costruito la sua ascesa politica (e in questo ha qualche responsabilità anche Bonaccini) inseguendo feticci: diritti sbandierati qua e là, il “partito degli ultimi” che non vuol dire nulla e tutte le altre amenità di cui quel mondo si riempie la bocca.

Quale sarebbe il suo bacino di riferimento?

La rivale del governatore emiliano-romagnolo dice spesso di avercela fatta da sola. Ma non è così. È stata cooptata dall’establishment, dalla gauche caviar.

Dunque, è fuorviante pensare che la sua mozione congressuale rappresenti la sinistra-sinistra?

Ma certo. Se tra i militanti ci fosse davvero la volontà di un partito di sinistra-sinistra Gianni Cuperlo avrebbe dovuto prendere molti più voti di quelli che ha preso. Lui, invero, rappresenta una proposta di sinistra. Un uomo colto, preparato, che ha letto qualche libro. Eppure, non bucando lo schermo e non essendo un prodotto da talk show, non è stato votato.

Se Bonaccini ce la dovesse fare, come si proporrà con eventuali compagni di viaggio nella galassia del centrosinistra?

L’approccio sarà sempre incardinato sul pragmatismo. Bonaccini sa che questo forte vento di destra che soffia nel Paese è stato fortemente alimentato anche dalla sinistra della follia rappresentata dal Movimento 5 Stelle. Lui si deve porre come collettore di forze razionali, chiamando a sé i grillini che non hanno perso il senno e i più ragionevoli del Terzo Polo. Ma partendo da un punto irrinunciabile: senza Pd non si costruisce alcuna alternativa al governo attuale.

A proposito di governo. È scoppiata una mezza rivolta nel Pd quando Bonaccini ha definito il premier Meloni, un leader “capace”…

È una follia. Bene invece ha fatto Bonaccini a fare quell’osservazione su Meloni, perché è la pura verità. Anche in questo, il governatore ha mostrato la sua capacità politica: il prossimo segretario del Pd, chiunque sarà, dovrà avere un approccio – pur dalla prospettiva dell’opposizione – dialogico con il governo.

Le posizioni pregiudiziali non portano da nessuna parte. Meloni dal canto suo dovrebbe solamente liberarsi da chi ancora pratica l’eccesso (anche nei toni), pur essendo al Governo e diffondere una visione più omogenea del sistema Paese.

Tra i suoi intendimenti, Bonaccini ha esplicitato la volontà di cambiare la classe dirigente del Pd. Consigli?

È un giusto intendimento, che tuttavia va perseguito attraverso il pragmatismo democristiano. La metodologia non deve essere quella di un azzeramento sic et simpliciter, specie perché è inimmaginabile che gli attuali dirigenti siano tutti da “cestinare”. Non commetta, Bonaccini, l’errore di Renzi. Piuttosto, la strada da percorrere è quella di una progressiva disarticolazione della vecchia classe dirigente che lasci spazio a una nuova classe politica in “cantiere”. Sostituire quella vecchia con quella nuova.



 

 

lunedì 20 febbraio 2023

Intervista di Stefano Scaramelli alla Nazione su Siena


 

TTR: Dibattito sulla scuola, intervento della Prof. Laura Di Simo

Sono stata sollecitata a intervenire nel dibattito sulla scuola, promosso da TTR e accolgo con piacere questo invito, ringraziando.

La scuola è stato il mio lavoro per tanti anni e in certo qual modo continua ad esserlo, anche da pensionata, perciò mi viene spontaneo affrontare, nella maniera più semplice e diretta, la tematica dell’insegnamento.

Nell' arco di circa mezzo secolo, a partire dagli anni '70, in effetti, il ruolo formativo che l’istituzione dovrebbe avere, è andato progressivamente scemando, con una forte accelerazione all’inizio del nuovo millennio.

In altre parole i "nati digitali" sono sempre meno attratti dalla scuola, o, se vogliamo, la scuola è sempre meno in grado di offrire stimoli all’attuale popolazione studentesca.

È difficile risalire alle cause di questo progressivo impoverimento, anche perché sono molti i fattori da cui può dipendere, ma di certo sono palesi le conseguenze: una generazione di giovani sempre più disorientata e immatura, ma soprattutto ignorante, nel senso letterale del termine.

Questo fatto è sotto gli occhi di tutti già da molti anni, tanto che il nuovo governo, da poco insediatosi, per porre un argine all’attuale deriva scolastica, intende rafforzare, nel computo della valutazione il" merito".

Un criterio questo, universale, validissimo in campo politico, sociale, economico, ma nella scuola non si deve dimenticare che abbiamo di fronte adolescenti, giovani ancora da formare, prima che da informare.

È pur vero tuttavia che dall' introduzione della scuola dell' obbligo, istituzione oggi ancora più necessaria di allora, il livello culturale si è abbassato anche negli istituti superiori e perfino in alcune facoltà universitarie.

Chiunque, dal politico, al sociologo, al filosofo sostiene una sua teoria sulle cause del fenomeno e sui rimedi da adottare, per risollevare le sorti di una delle istituzioni più importanti della nostra società.

Sicuramente alla radice di tanta inadeguatezza c' è un vecchio problema, quello degli scarsi investimenti che da sempre i vari governi hanno dedicato alla scuola, spesso sottoposti ad ulteriori tagli.

Questo dà origine a una serie di mali endemici, che ostacolano l' efficacia del suo ruolo.

Provo ad elencarne alcuni:

·     Lo stipendio dei professori è tra i più bassi in Europa, e intanto si chiede loro spesso un impegno non indifferente, per sopperire alle carenze affettive, educative, psicologiche a cui né la famiglia né la società sono in grado di provvedere;

·      Negli edifici scolastici mancano le aule  e quindi si formano, per effetto dell' accorpamento classi troppo numerose, dove è impossibile una docenza decorosa;

·      Spesso sono carenti anche certi servizi essenziali come palestre e attrezzature tecnologiche.

·      Sul piano più strettamente formativo, qualcuno fa risalire l' origine di tanto degrado a quel mitico '68, che per la prima volta vide protagonista un movimento studentesco, capace di scuotere una istituzione ieratica e baronale: alla richiesta di una scuola più vera e collaborativa, tra chi stava dietro e chi stava davanti alla cattedra, si rispose con il 6/18 politico, con l' intenzione di risolvere presto e bene la questione.

A mio parere, tutte queste tematiche sono vere in parte, ma non sono sufficienti a giustificare la situazione in cui si trova oggi la scuola.

Una scuola che è ancora il luogo privilegiato, dove si incontrano gli amici veri e i primi amori, essenziali per gli adolescenti, ma che ha perso quasi del tutto il dato culturale, nonostante l’impegno dei docenti:  spesso a loro si chiedono solo gratificazioni, non insegnamento e adeguata valutazione.

In un quadro di questo tipo, appare evidente che, sempre più, si va perdendo il contatto, il confronto che può essere anche polemico, tra l' adolescente e l' adulto, un fattore determinante per la crescita e la formazione dei giovani.

La scuola, come la storia, dovrebbe essere maestra di vita: a me pare che oggi non lo sia più!

Vorrei concludere con una mia personale considerazione sull' introduzione dei mezzi tecnologici, indispensabili nella scuola, come in ogni altro complesso istituzionale: la recente esperienza della DAD, durante i due anni di pandemia, in cui le scuole sono state chiuse per lunghi periodi ne è la dimostrazione più evidente.

Tuttavia, il computer come il cellulare non deve e non può sostituire la voce, il volto, la personalità degli insegnanti: in questo modo si allunga la distanza tra discente e docente, rendendo la convivenza sempre più asettica e fredda.

Si dovrebbe invece, secondo me, ricercare e ricostruire una empatia, che consenta una comunicazione più diretta e spontanea tra i vari componenti della classe: solo così si stimolano curiosità, interessi, emozioni.

Laura Di Simo





domenica 19 febbraio 2023

Calenda e Renzi: Hanno ragione e torto, in due.

Calenda: subito il nuovo Partito. Renzi: si, ma come?

Il nuovo partito Riformista e Liberale o si fa nei prossimi mesi o non si farà più. 

Reggere l’attuale situazione, uniti ma divisi, non è possibile e non ha neppure senso.

Tra l’altro è una decisione surreale, chi si tirasse indietro ora, fra Azione e Italia Viva, è destinato a scomparire ovvero al 2% marginale e marginato.

Rimane solo l’opzione come si fa questo Partito.

In Italia, buona parte dei Partiti ormai è a deriva monarchica: un Re e i sudditi. Berlusconi, Meloni, Salvini, Calenda, Renzi, Bonelli, Fratoianni.

Il PD è diverso? NO, solo che non è un Regno ma una Satrapia, tanti Satrapi delle correnti che fanno e sfanno alleanze e politiche e un Regicidio all’anno.

La vecchia organizzazione dei Partiti, sezioni, federazioni, comitato centrale, assemblea nazionale, direzione, segretaria e segretario, è stata travolta dalla rivoluzione informatica e della comunicazione e non è più riproponibile.

I tempi della Società civile e della Politica non consentono più il funzionamento di organi di partito che hanno bisogno di tempi di convocazioni, di più livelli decisionali, di spazi temporali, che sono ormai anacronistici.

Un tweet di un Leader dà la scelta: politica, economica, sociale.

Ha ragione Carlo a volere subito il nuovo, ha ragione Matteo a dire quale.

Hanno torto tutti e due a non iniziare da ieri a discuterne, non fra loro due bevendo un caffè e neppure solo fra gli iscritti di Azione e Italia Viva.

Aprendo una discussione pubblica, nella società civile, fatta di cento movimenti e organizzazioni locali e non, che arricchiscono la galassia di quel ceto moderato, di quella maggioranza silenziosa che in buona parte non vota più, schifata da una politica divenuta casta, chiusa e auto referendaria.

Questo minuscolo Think Tank Reformists sostiene e vuole partecipare a questa discussione.

Una legge maggioritaria astrusa e superata, l’impossibilità di votare il proprio rappresentante politico, sia di rifermento del territorio che delle categorie, la scelta dei parlamentari delegata ai Re dei vari partiti, sta rendendo le elezioni sempre meno interessanti per il cittadino, insofferente e per ora silente, ma non è detto che continui così.

Se il popolo smette di votare, la democrazia è finita. I rischi di rigurgiti autoritari crescono. E’ noto che oltre la siepe, vi è il buio.

Carlo e Matteo, abbiamo bisogno di uno scatto di orgoglio e della vostra intelligenza, di una proposta coraggiosa, innovativa, alternativa a tutto l’esistente della politica, che non è più attrattiva, anzi che è morta.

Abbiamo bisogno di un nuovo Rinascimento italiano.

Discutiamo non su che Partito vogliamo, ma quale possa essere una forma Partito che possa coniugare le esigenze di rapidità nelle scelte e nella comunicazione con forme moderne di partecipazione, di decisioni il più possibili collegiali.

Non è una scelta nuova, da sempre si discute se è meglio uno Stato democratico o una Dittatura.

Tutti diranno al volo, democratico, pur sapendo che la dittatura è molto più attrattiva per governare, per tempi ed efficienza.

Chi dedica la vita al lavoro e all’impresa vuole dallo Stato risposte certe e tempestive.

Carlo e Matteo, sta a voi avviare la discussione che non riguarda solo il nuovo Partito del Terzo Polo, ma l’Italia intera: come riportare la politica al centro dell’interesse del popolo italiano, come coinvolgerlo nuovamente nelle scelte, come coniugare democrazia e efficienza, tornando a far amare la democrazia e il diritto a partecipare alle scelte.

Una nuova forma Partito che sia precursore di una nuova forma Stato.

Altrimenti la deriva verso la dittatura efficentista sarà sempre più inevitabile, non solo nei Partiti ma anche negli Stati, come sta avvenendo nel Mondo, ultimamente.

In pratica, quello che sostiene Putin, sull’Occidente.

Francesco Colucci