martedì 30 gennaio 2024

Stefania per Firenze

Ho partecipato con emozione e piacere ad una bella serata con Stefania Saccardi, al Teatro Puccini di Firenze, straboccante di persone entusiaste e molte in piedi.

Ho ascoltato insieme a un migliaio di persone plaudenti, discorsi profondi, proposte sincere, tanta umanità.

Un modo diverso e concreto per una Canditura a Sindaca, di una bella persona, innamorata della sua città, con tanta esperienza e con tante idee nuove e brillanti per renderla ancor più bella, funzionale e vivibile.

Mi ha particolarmente impressionato ed emozionato l’ovazione forte, enorme, avvolgente con cui tutto il Teatro ha approvato il suo intervento e lanciato la sua Candidatura a Sindaca.

Un applauso spontaneo e sincero del popolo di Italia Viva stufo della subalternità a un PD grillizzato e arrogante.

I Riformisti si augurano che Stefania tiri a dritto, non si volti indietro, per puntare al ballottaggio e dare finalmente anche a Italia Viva un risultato elettorale di prestigio, come si merita.

Francesco Colucci, Riformisti



venerdì 26 gennaio 2024

Capannori: inizia male la candidatura Del Chiaro.

Abbiamo letto con stupore fra gli sponsor della candidatura a Sindaco del signor Del Chiaro, la lista +Capannori, rappresentata dalla consigliera Claudia Berti.

La lista e il simbolo + Capannori sono a termini di legge proprietà del presentatore ufficiale della lista che era ed è un rappresentante di +Europa, il partito di Emma Bonino, da cui nacque cinque anni fa la lista.

Una Lista civica realizzata da + Europa, dai Riformisti e da un gruppo di cittadini indipendenti legati all’assessore uscente Francesconi, anch’egli indipendente.

Proprio per tutelarne il nome e il simbolo, la presentazione della lista fu fatta da un dirigente del partito +Europa, dal cui nome e colori deriva il simbolo di +Capannori.

Nei cinque anni trascorsi + Europa e i Riformisti si sono dissociati dalla pessima gestione amministrativa del Sindaco Menesini, rompendo ogni rapporto con la maggioranza del Comune.

I Consiglieri eletti nella lista di + Capannori sono invece rimasti nella maggioranza, mantenendo come Gruppo, il nome della lista.

Il simbolo +Capannori e il nome della lista sono di proprietà di +Europa, che non ha concordato nessuna candidatura a Sindaco del signor Del Chiaro.

Invitiamo cortesemente, ma decisamente, a non utilizzare più impropriamente il nome e il simbolo di +Capannori.

Francesco Palmieri + Europa  

Francesco Colucci Riformisti



    




 

 

 

 

sabato 20 gennaio 2024

Al PD lucchese le batoste elettorali non insegnano nulla.

Stiamo assistendo da parte del PD, su Capannori, alla stessa messa in scena, folle e presuntuosa, uguale a quella allestita per le elezioni di Lucca di oltre un anno fa.

Allora a Lucca, ora a Capannori, il PD si è guardato bene di curare i rapporti per accordi politici-programmatici con le altre forze politiche non schierate con il centro-destra.

Si è invece dedicato principalmente a derimere le contraddizioni e le liti interne, con la solita filosofia usata per la candidatura Raspini a Lucca.

Prima risolvo i miei problemi di potere, scegliendo il candidato Sindaco, poi chiamo gli altri partiti e movimenti per proporre loro il solito diktat: Prendere o Lasciare.

Se il PD andrà avanti così, troverà lo stesso risultato di Lucca: uno schiaffone elettorale.

I Riformisti, non un partito, ma gruppo culturale che si batte per l’unità delle forze di Centro, chiedono a Italia Viva, Azione, +Europa, LDE, Insieme, di farsi loro promotori di un incontro per discutere delle prossime elezioni comunali a Capannori e non solo.

Una riunione aperta ai movimenti culturali, liste civiche, singole personalità laiche, cattoliche, liberali, riformiste, non disposte a essere stampella di una destra o di una sinistra, entrambe egemoni e prevaricatrici, per confrontare i rispettivi programmi e valutare la possibilità di presentare una terza lista, con un proprio candidato Sindaco.

Francesco Colucci, Riformisti




 

 

 

venerdì 12 gennaio 2024

Giacomo Puccini mai amato da Lucca.

Vi è molto di vero nel poco amore che i lucchesi hanno per Giacomo Puccini, mai amato in vita, poco amato ancor oggi.

Se non fosse così non si capirebbe l’accanimento di molti per far fallire in ogni modo le celebrazioni pucciniane per l’anniversario della sua morte.

I Riformisti non intendono difendere Alberto Veronesi, Presidente del Comitato per le celebrazioni pucciniane, nominato dal Presidente Draghi.

Non abbiamo né competenze né conoscenze sui programmi celebrativi.

Il ragionamento che vogliamo fare astrae anche dal fatto che Veronesi è stato, insieme ad altri, nostro candidato Sindaco e l’amicizia che abbiamo.

Quello che vogliamo affermare prescinde dal giudizio su Veronesi Presidente del Comitato, che andrà certamente fatto, al termine delle celebrazioni.

Abbiamo un Comitato Nazionale per celebrare Giacomo Puccini, uno dei più grandi lucchesi della storia patria, fondi per circa nove milioni da spendere e l’unica cosa che riusciamo a fare è una guerra tutti contro tutti.

È tutta colpa di Alberto Veronesi? Forse sì o forse anche altri ci hanno messo del loro, il giudizio andrà dato quando tutto sarà terminato.

Quello che ora dobbiamo evitare è di vedere buttata al vento una occasione storica per Lucca e gli altri comuni, in temini di iniziative pucciniane, visibilità internazionale e disponibilità di fondi come non è mai avvenuto.

Puccini in vita è stato molto divisivo su Lucca e continua ad esserlo.

Allora una visione bigotta, della sua vita e dei suoi amori, ma anche tanta invidia per i suoi successi, prevalse sulla grandiosità dell’uomo e delle sue opere.

Oggi sembra prevalere l’odio di parte e la spartizione del vil denaro.

Pochi ci sembra pensino alla valorizzazione delle opere del buon Giacomo e dei luoghi Pucciniani, molti ai loro interessi politici o economici.

I Riformisti fanno appello ai tre Sindaci “Pucciniani” di Lucca, Viareggio e Pescaglia, perché insieme prendano una iniziativa forte per portare al successo queste Celebrazioni, valorizzando i luoghi e le opere pucciniane.

Anche se irrituale, i Sindaci ci mettano la faccia, si sporchino le mani, aprano un tavolo con il Presidente Veronesi e il Comitato, per condurre a termine, con successo, il lavoro del Comitato Nazionale e far esaltare il Calendario delle celebrazioni, in tutto il mondo.

Ai Sindaci fanno capo sempre tutte le grane del territorio, anche quelle che non sono di loro competenza, come questa.

Loro sono il cardine della nostra società e solo la loro autorevolezza, potrà evitare di gettare al vento anche questa occasione.

Francesco Colucci, Riformisti.



 

 

 

 

sabato 6 gennaio 2024

LE MANIFESTAZIONI PRO PUTIN DI GENNAIO e la protesta organizzata da Think Tank Reformists

 MILANO 14 GENNAIO

“Darya Dugina e il Donbass” con ospiti, fra altri, di Eliseo Bertolasi, rappresentante italiano del Movimento Internazionale dei Russofili; Maurizio Murelli ex terrorista nero e Rainaldo Graziani, figlio del fondatore di Ordine Nuovo.

MODENA 20 GENNAIO

“Mariupol. La rinascita dopo la guerra” Una mostra-conferenza, nei locali concessi dal Comune di Modena, dedicata alla ricostruzione da parte della Russia delle città Ucraina di Mariupol distrutta dai bombardamenti russi e occupata nel 2022 dopo un feroce assedio e definita “città-simbolo della rivolta popolare del Donbass contro la giunta di Kiev. Relatori: Luca Rossi, presidente dell’Associazione culturale Russia Emilia-Romagna; Dmitry Shtodin, console generale russo; Eliseo Bertolasi, rappresentante italiano del Movimento Internazionale dei Russofili; e Andrea Lucidi, giornalista freelance attivo in Donbass

LUCCA 27 GENNAIO

“Verso un nuovo mondo multipolare” organizzato dall’associazione Vento dell’Est, presieduta da Lorenzo Berti, ex candidato sindaco di CasaPound a Pistoia. In Video-Conferenza parteciperà il filosofo russo Aleksandr Dugin, uno degli ideologi di Vladimir Putin e sostenitore dell’aggressione all’Ucraina oltreché della supremazia di una Russia euroasiatica sull’Occidente. Inoltre il fotoreporter Giorgio Bianchi, grande sostenitore della Russia, e Alberto Bradanini, ex ambasciatore in Cina e Iran, oggi nel consiglio di amministrazione di Pirelli.

BOLOGNA 27 GENNAIO

Film “Il Testimone” sul conflitto in Ucraina, finanziato dal ministero della Cultura russo, con ospiti Lucidi e Vincenzo Lorusso di Donbass Italia.

THINK TANK REFORMISTS STA ORGANIZZANDO UNA PROTESTA A LUCCA CONTRO QUESTI EVENTI DI CONTROINFORMAZIONE RUSSA.

MANIFESTIAMO CONTRO PUTIN

IL BLOG THINK TANK REFORMISTS

INVITA TUTTI GLI AMANTI DELLA VERITA’

A MANIFESTARE PACIFICAMENTE A LUCCA

DAVANTI ALL’HOTEL GUINIGI

SABATO 27 GENNAIO ALLE ORE 17

CONTRO

L’AGGRESSIONE DI PUTIN ALLA UCRAINA

E LE MANIFESTAZIONI DI CONTROINFORMAZIONE RUSSA

CHE SI TERRANNO NEL MESE DI GENNAIO IN ITALIA 

Per aderire e condividere

Whatsapp 3480533233

Telegram Francesco Colucci 3480533233








 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

   

 

  

venerdì 5 gennaio 2024

La doppia morale del PD.

I movimenti Pro Putin hanno programmato quattro deplorevoli iniziative per confondere le coscienze degli Italiani: a Lucca, a Modena, a Milano e Bologna.

Una organizzata opera di controinformazione a favore del criminale ricercato, Putin.

Su Lucca il PD ha subito attaccato il Sindaco Pardini, nonostante sia una iniziativa privata e in un luogo privato e che il Sindaco abbia preso le distanze da quell’evento, dichiarando esplicitamente che nessun sostegno è stato e sarà dato.

Su Modena, Sindaco PD, un evento, ancor più provocatorio pro- Putin, è previsto in una sala civica e pubblica del Comune e il PD e il Sindaco hanno dichiarato che faranno accertamenti per vedere se la concessione comunale è in regola.

Cosa avrebbe fatto il PD su Lucca se la sala fosse stata concessa dal Comune come a Modena?

Ugualmente non abbiamo visto ad oggi iniziative del PD per gli eventi di Milano e Bologna, che guarda caso con Modena hanno tutti Sindaci di sinistra.

Vediamo levarsi altre voci per chiedere che l’evento lucchese sia oscurato: 

Riformisti condividono questa richiesta, da estendersi anche agli eventi di Modena, Milano e Bologna.

Ove non sia possibile giuridicamente impedire questi eventi, visto che il Convegno lucchese si dovrebbe svolgere nel “Giorno della Memoria” sacro a tutti, chiediamo al Sindaco di Lucca di mettere in campo, ancor più numerosi e importanti eventi celebrativi della Memoria, a oscurare mediaticamente quel Convegno, a sostegno del barbaro aggressore Putin.  

Francesco Colucci, Riformisti







mercoledì 3 gennaio 2024

Capodanno 2024: alcuni ragionamenti attorno alla democrazia e alle sue istituzioni. Prof.Paolo Razzuoli

All'alba di questo nuovo anno provo a cimentarmi con un tema molto complesso e scabroso: quello della salute della democrazia e delle sue istituzioni. Tema

che non riguarda pertanto esclusivamente l'Italia, ma che investe tutto il mondo che si riconosce nella democrazia rappresentativa e nelle sue istituzioni.

E' infatti di questa democrazia che tratterò, pur sapendo che storicamente anche in tempi recenti altre forme ne sono esistite quali, ad esempio, le cosiddette "democrazie popolari".

Io credo però che la democrazia o è liberale o non è democrazia. E' pertanto democrazia quella forma di governo basata sullo Stato di diritto, che garantisce integralmente i diritti umani e le libertà, che garantisce le libere elezioni dei governanti. Insomma quella forma di governo che, a partire dalla rivoluzione francese ha fatto, se pur con dolorose parentesi, dell'Occidente il propulsore del rispetto dei diritti fondamentali dell'essere umano.

Ma stiamo attraversando una fase storica in cui la democrazia non gode di buona salute.

Se nella seconda metà del XX secolo la democrazia viveva una fase espansiva - Nel 2000 ben 116 Paesi (il 69% del totale) erano considerati democrazie -

nell'ultimo decennio abbiamo assistito ad una Diminuzione degli stati democratici con conseguente aumento di forme autocratiche.

Attraversiamo un'epoca di cambiamenti radicali che influiscono sui comportamenti individuali e sugli assetti socio-politici globali. Siamo immersi in un vero trauma della storia. I cittadini sono confusi e non si sentono rappresentati; votano più contro che a favore di qualcosa. Si afferma un'antipolitica rampante. I partiti hanno perso legittimità sociale e non riescono più ad avere il polso della situazione .

Per decenni, il connubio tra democrazia liberale e capitalismo ha garantito benessere e prosperità. Oggi, l'assetto politico ed economico dell'Occidente è minato da diseguaglianze, populismi e politiche identitarie. Invecchiamento e denatalità, una bassa crescita economica e flussi finanziari e migratori mal ponderati alimentano il disagio sociale. Contesti geopolitici, tecnologici ed energetici in rivoluzione fanno il resto, erodendo le democrazie dall'interno.

Insomma, la minaccia proviene più dall'interno che da fattori esterni.

Le democrazie sono in affanno di fronte alle grandi sfide del tempo che viviamo: globalizzazione, immigrazioni, rivoluzione tecnologica, cambiamenti climatici e sostenibilità ambientale.

E a rendere il contesto ancor più grave, si sono aggiunte pandemia e guerra .

Un po' ovunque nel mondo occidentale si è sensibilmente abbassata la partecipazione al voto. Quando la partecipazione politica è bassa - come ad esempio

da tempo in Italia - le sedi della rappresentatività - per esempio: le elezioni, il Parlamento - si sviliscono, il "capo" entra in rapporto diretto con

il popolo e aumenta il rischio che venga manipolata la volontà dei cittadini. Di conseguenza, il consenso politico potrebbe orientarsi verso soluzioni

hobbesiane di accentramento del potere.

Si ha l'impressione di trovarci di fronte all'avvio di un'epoca nuova, in cui la democrazia liberale - da tempo in crisi - potrebbe traballare sotto i colpi

polarizzanti dell'autocrazia, e l'impero potrebbe riproporsi come sistema socioeconomico alternativo allo Stato-nazione (arrivano alla stessa conclusione

autori di diversa estrazione ideologica, quali Hardt e Negri, 2000 e Ferguson, 2003). Il contesto - più che in evoluzione - è in rivoluzione: trattati

e confini ignorati, violazioni del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, ritorno della minaccia nucleare.

Un contesto che genera forti tensioni ed inquietudini, a cui la politica non sembra riuscire a dare risposte credibili, capaci di rispondere alle paure

ed insicurezze del presente e, nel contempo, capace di immaginare una prospettiva di futuro.

Anzi, assistiamo ad una politica sempre più appiattita sul "giorno per giorno", incollata alla ricerca del consenso immediato, attenta sostanzialmente

alla ricerca del consenso anche quando ciò implica promesse elettorali chiaramente improponibili. Insomma, una sorta di "dittatura del presente", ancorata

al sondaggio del giorno, in cui non si può riconoscere quell'orizzonte di prospettiva che dovrebbe guidare ogni autentico statista.

Senza false indulgenze, va poi riconosciuto che In quanto sistema di governo, la democrazia rappresentativa ha importanti responsabilità su cui non si possono

chiudere gli occhi. Un importante tema da approfondire consiste nel cercare di capire se tali manchevolezze sono inevitabili nell'evoluzione del sistema,

oppure se si sono prodotte per l'insorgere di un virus malefico di fronte al quale si sarebbe potuto ergere una adeguata difesa di anticorpi.

Ma vediamo alcune di queste manchevolezze che necessitano al più presto di un serio sforzo al fine di rimuoverle:

- non è riuscita ad arrestare i processi di separazione fra le società reali e le istituzioni di governo;

- ha sacrificato sistematicamente il domani all'oggi;

- ha dimostrato incapacità di sviluppare e perseguire strategie di lungo termine, che si sviluppano su archi di tempo superiori alle legislature;

- non ha saputo adeguatamente rappresentare le generazioni future;

- non ha preteso la competenza dei candidati, né prima né dopo le elezioni, e ha mandato - non raramente - al governo dei dilettanti;

- ha consentito l'elezione a chi promette "tutto a tutti" e non ha squalificato chi ha preso impegni irrealizzabili, senza preoccuparsi delle conseguenze.

Un terreno quindi molto fertile per l'affermazione di un populismo che, promettendo soluzioni semplici a problemi complessi, mina ulteriormente il dibattito

politico e ridesta desideri di "leader forte o di spinte sovraniste"; un ritorno a fantasmi di un passato che ha portato i peggiori drammi vissuti dall'umanità.

Un populismo anti-sistema si sta affermando in vaste parti del mondo. Negli ultimi anni, in molte parti del pianeta le sedi di rappresentanza democratica

- partiti e Parlamento su tutte - si sono svilite. L'elite è percepita come casta privilegiata e corrotta. La frattura tra establishment ed elettori pare

irreversibile. Attraverso un linguaggio semplice e diretto, i movimenti populisti conquistano un vasto consenso elettorale, presentandosi come i rappresentanti

degli interessi del popolo contro una élite corrotta e distante dalle esigenze dei cittadini.

Il popolo, questo convitato di pietra nel quale, come la storia ci insegna, si è fatto tutto ed il contrario di tutto. Anche Stalin, Hitler e Mussolini

dichiaravano di governare in nome del popolo!

Una democrazia che, aldilà della retorica, rischia di trasformarsi da "democrazia rappresentativa" in "democrazia recitativa". Una democrazia apparente

insomma e - come ammoniva Efisio Melis - «Si può eliminare facilmente una vera dittatura, ma è difficilissimo eliminare una fìnta democrazia».

Ma torniamo un attimo sul populismo.

In realtà, come lo definisce il Professore ordinario dell'Università di Firenze Marco Tarchi, il populismo è una mentalità caratteristica. Le mentalità

sono modi di pensare e di sentire più emotivi che razionali”. Se l'ideologia è riflessione, auto-interpretazione, la mentalità è una predisposizione psichica”

nella quale prevalgono i sentimenti, gli umori e il carattere di un soggetto”.

Il termine sembra calzare alla perfezione per un fenomeno effettivamente più emotivo che razionale.

Quindi si può identificare il populismo come: una specifica forma mentis, dipendente da una visione dell'ordine sociale alla cui base sta la credenza nelle

virtù innate del popolo, il cui primato quale fonte di legittimazione dell'azione politica e di governo è apertamente rivendicata.

È chiaro che il populismo può assumere forme e livelli di intensità molto diversi che dipendono da: i differenti significati attribuiti alla nozione di

“popolo”, le circostanze strutturali in cui si verifica e le caratteristiche dei suoi attori. Questo perché il popolo (così come l'élite) sono delle “comunità

immaginate” il cui oggetto varia notevolmente da un attore populista all'altro e anche all'interno della visione predicata da un certo attore. E, l'inclusione

nella comunità organica, implica anche l'erezione di una frontiera che possa escludere i “nemici” del popolo. 

A questo punto si impone la domanda su come fare per dare nuova linfa alla democrazia.

Una domanda a cui non è facile dare una risposta, in ragione della quantità e complessità dei temi richiamati.

Penso tuttavia che possano essere individuate due categorie di problemi che possono guidarci nell'immaginare alcune risposte.

La prima categoria riguarda il modello di sviluppo che dovrà offrire risposte credibili alle sfide della contemporaneità. Quindi dare risposte credibili

al tema delle disuguaglianze, mostrare di saper gestire la globalizzazione, immaginare una strategia credibile e percorribile rispetto al tema della sostenibilità,

saper gestire gli impatti della rivoluzione tecnologica a partire dall'intelligenza artificiale, saper mettere a fuoco politiche di gestione dei flussi

immigratori, che ormai non sono più un fatto emergenziale bensì un dato strutturale.

La seconda categoria di problemi riguarda la credibilità della politica e delle istituzioni in genere. occorre un serio sforzo per recuperare un clima di

fiducia fra elettori ed eletti, rilanciando e non svilendo il ruolo delle istituzioni della democrazia rappresentativa.

Quindi invertendo la rotta che tanto sembra affascinare oggi molte democrazie: abbandoniamo il miraggio del rapporto diretto del capo con le masse, e diamo

nuova rappresentatività e dignità alle istituzioni, prima fra tutte il Parlamento.

Questa lunga analisi per introdurre la situazione italiana che, nei suoi aspetti generali, non differisce da quella di molti altri paesi in cui la democrazia

rappresentativa è in sofferenza.

Alto è il rischio dell'impatto esplosivo fra crisi politica e crisi sociale.

Abbiamo un finto bipolarismo formato da forze eterogenee, concorrenti fra di loro, magari capaci di vincere le elezioni mediante patti elettorali, ma poi

incapaci di governare poiché divise sui grandi temi strategici.

La crescita è anemica, la produttività ristagna. Aumentano l'inflazione e la povertà. In media, i cittadini sono sempre meno ricchi e sempre più diseguali.

La popolazione invecchia. Le nuove generazioni soffrono. Per la prima volta dal dopoguerra, i giovani stanno peggio di chi li ha preceduti ed emigrano.

La disuguaglianza si acuisce tra individui (disuguaglianza dei redditi) e tra padri e figli (disuguaglianza intergenerazionale). La "corsa dei singoli"

- alimentata da egoismo, propensione ad apparire ed esasperazione dell'autoreferenzialità - disarticola il corpo sociale e porta a compresenza, non convivenza.

L'immigrazione, mal gestita da governi di ogni colore, alimenta il disagio sociale.

E' cambiata anche la natura dello scontro politico: da quello tradizionale tra destra e sinistra con ben identificabili blocchi sociali di riferimento,

si è passati ad uno scontro tra sovranisti ed antisovranisti e fra sostenitori di identitarismi non più radicati a blocchi sociali di riferimento, per

cui a destra sembrano votare i ceti più poveri mentre la borghesia cittadina è più orientata a sinistra. I cittadini non sembrano saper valutare né interpretare

la realtà; in Italia il 27,7% della popolazione, pur sapendo leggere e scrivere, è analfabeta funzionale. Aumentano le fake news. La fiducia nella classe

dirigente è ai minimi, i partiti tradizionali sono scomparsi. Le aspirazioni dei cittadini sono sempre meno capite. Crescono rabbia, rigetto dello status

quo, e voto di protesta di chi si sente tagliato fuori.

Un quadro che emerge non solo dalle urne, ma che viene confermato dai più seri studi statistici, ad esempio dell'Istat o del Censis.

Uno scenario di disagio che non può essere affrontato con scorciatoie istituzionali che forse potranno essere buone quali slogan elettorali, ma non certo

utili per affrontare con serietà la complessità della situazione del Paese.

Certo le riforme possono aiutare, anzi direi che sono anche necessarie, ma vanno inserite in un contesto di totale ripensamento della qualità della politica.

Infatti, se non si troverà la capacità di affrontare in profondità il tema della qualità della politica (e della classe politica), nessuna riforma potrà

consentire all'Italia di liberarsi dai lacci in cui sembra essersi impigliata.

Così va affrontato - a mio modo di vedere - il tema del premierato di cui oggi si parla.

Come in varie altre occasioni ho avuto modo di scrivere, prendo le distanze da coloro che si stracciano le vesti ogni qualvolta si tenta una riforma che

rafforzi i poteri del governo e di chi lo guida. Lo dico ancora una volta citando Calamandrei: «Le dittature sorgono non dai governi che governano e che

durano, ma dall'impossibilità di governare dei governi democratici».

L'errore consiste nel ridurre i problemi italiani al rafforzamento dei poteri del premier, mentre essi sono quantomeno di due ordini: certo le debolezze

istituzionali, ma anche, e non di minor rilevanza, lo scadimento della qualità della politica.

Anche l'elettorato italiano è ormai fortemente influenzato dai tratti del populismo sopra descritti, germi avvelenati che, oltre a compromettere la coesione

sociale, impediscono quella riforma della politica di cui non si può fare a meno.

Dopo anni di appelli al popolo, è forse giunta l'ora di un cambio di passo. Qui non si intende certo mettere in discussione la fondamentale conquista del

suffragio universale. Non si pensa certo di porre orecchio alla "Epistocrazia", una democrazia riservata a coloro che possiedono certe competenze di base.

Si pensa tuttavia che stante gli elementi che possono influenzare l'elettorato, elementi anche non controllabili - come i social - in ambito nazionale,

sia opportuno dare nuovo ruolo agli strumenti propri della democrazia rappresentativa, a partire dal Parlamento che di tale forma è la massima espressione.

Esigenza ancor più sentita laddove si consideri la crisi dei partiti tradizionali che, oltre a offrire una straordinaria opportunità di formazione politica,

rappresentavano strumenti di mediazione fra società ed istituzioni.

E qui si pone a mio avviso una domanda: Può funzionare la democrazia senza i partiti?

La nostra Costituzione ne indica il ruolo all'Art.49 che così testualmente recita: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti

per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale."

E' legittimo ritenere che in assenza dei partiti siano realtà non controllabili (quindi con metodo non democratico) a determinare gli esiti delle scelte

politiche.

Delresto la democrazia è stata anche calpestata in modo palese, da leggi elettorali che impedendo agli elettori la scelta dei candidati, hanno di fatto

delegato a poche decine di persone la "nomina" del Parlamento.

In questo scenario penso che più che al rafforzamento di organi monocratici occorra puntare alla riqualificazione degli organi di rappresentanza, in primo

luogo quindi il Parlamento, rivalorizzandone altresì la funzione di sede della mediazione politica, che potrà assolvere purché ne venga recuperata la rappresentatività.

Congiuntamente al ripensamento della qualità della politica si potrà metter mano anche agli assetti istituzionali, non riducendoli al tema del premierato,

ma pensando anche ad altri temi quali il superamento del bicameralismo paritario, una riscrittura del titolo V della Costituzione per riportare un po'

d'ordine in una materia disastrosamente riscritta con la riforma del 2001 e, certamente, ripensando i poteri del Capo del Governo e la disciplina della

fiducia/sfiducia.

Tornando al tema della qualità della politica, sono convinto che il punto di partenza è quello della ormai inadeguatezza di questo finto bipolarismo. SE

è vero che siamo in una fase di imbarbarimento e radicalizzazione dello scontro, è dall'immaginare una cura di questi mali che occorre partire, puntando

sul rafforzamento dei fattori centripedi di stabilizzazione del sistema. Ruolo a cui potrebbe essere chiamata la cultura liberal-riformista, se riuscisse

a ritrovarsi attorno a strumenti politicamente adeguati.

Obiettivo che, a mio modo di vedere, può essere raggiunto solo tornando ad una legge elettorale di impianto proporzionale, certo con uno sbarramento in

basso per evitare eccessive frammentazioni.

Sarà poi un Parlamento auspicabilmente reso più rappresentativo dalla possibilità di espressione delle preferenze, ad assumersi il compito della mediazione

politica capace di produrre un accordo di maggioranza ancorato ad un programma condiviso.

Già sento piovermi addosso l'accusa di voler portare indietro le lancette della storia. Ebbene, niente di male qualora ciò venga consigliato da una seria

analisi di contesto.

Rispondo con John Stuart Mill: " le regole non sono né dovrebbero essere di obbligo eterno, ma variano e devono variare più o meno da un'epoca all'altra,

man mano che le coscienze delle nazioni diventano più illuminate e cambiano le esigenze della società politica».

Ebbene, proprio dalla valutazione delle profonde differenze fra questa fase e le precedenti, non ho alcuna difficoltà a dire che negli anni '90 ero sostenitore

del maggioritario, mentre attualmente sono convintamente proporzionalista.

Mi si obietta altresì che in Parlamento non ci sono i numeri: ebbene, la storia ci insegna che certe scelte prima impossibili, con i mutamenti di scenario

possono diventare possibili. E' però importante crederci ed immaginare gli scenari politici un po' oltre il proprio naso (alias tornaconto).

Avviandomi alla conclusione, in questo inizio del nuovo anno ho voluto affrontare il tema della democrazia giacché il 2024 vedrà due appuntamenti che fortemente

ne influenzeranno i destini.

Prendiamoci nota di due date: la prima è quella dei giorni 6, 7, 8 e 9 giugno (per l'Italia il 9 giugno), in cui si voterà per il rinnovo del Parlamento

europeo; l'altra è il 5 novembre, giorno delle presidenziali negli Stati Uniti.

La democrazia si trova come ad un bivio fra due strade che portano a mete deltutto diverse e lontane. Gli esiti di queste elezioni decideranno quali delle

due strade imboccherà.

 

Lucca, 1 gennaio 2024



lunedì 1 gennaio 2024

Riformisti: un bilancio 2023 e le prospettive politiche per il 2024

Si chiude un anno difficile sia in Italia che nel mondo.

Echeggia una parola che in Europa non si sentiva da quasi un secolo: Guerra!

La situazione economica è stata negativa, nel 2023, per il forte aumento dei prezzi e le prospettive non sembrano migliori, per il 2024.

Registriamo il primo anno di un governo di centro-destra, un governo che spesso sembra composto di dilettanti allo sbaraglio, dopo l’ottimo Governo Draghi.

Nel giugno 2024 vi saranno le decisive elezioni Europee e i Riformisti sosterranno la scelta degli “Stati Uniti d’Europa”, ideati nel 1946 da Winston Churchill e rilanciati oggi da +Europa con il sostegno di Italia Viva.

Appoggeremo la lista unitaria del “Centro” proposta da Renew Europe, con tutti coloro chi ci staranno.

L’azione dei Riformisti, gruppo politico-culturale aperto, che cresce intorno al Blog-pensatoio-culturale “Think Tank Reformists”, sarà duplice, elettorale e politica:

Da un lato ricercheremo prioritariamente tutto quello che può unire Italia Viva, Azione, +Europa, LDE, Cattolici moderati e gruppi e movimenti di centro, per la costruzione di un autonomo asse moderato, aperto, liberale e riformista, per le elezioni Europee e quelle Regionali del 2026.

Dall’altro vogliamo contribuire alla costruzione di un “Polo di Centro”, culturale e politico a Lucca, che sia attrattivo per il Sindaco Pardini e alternativo alla componente minoritaria di iper-destra, presente nell’attuale maggioranza, per le elezioni lucchesi del 2027.

A Lucca, abbiamo visto nel 2023, il proseguire dell’attività della Giunta Pardini, con un forte attivismo sul turismo e il commercio, ma anche sulle opere pubbliche.

Una amministrazione che sembra molto fattiva, anche perché arriviamo da 10 anni di “calma piatta” della Giunta PD di Tambellini, forse la Giunta più inutile di sempre.

I Riformisti ritengono che l’accoppiata PD, Tambellini Sindaco e Menesini Presidente della Provincia, abbiano fatto danni enormi ai nostri territori creando ritardi amministrativi difficilmente colmabili: Assi stradali e raddoppio ferroviario su tutti.

Il PD lucchese non sembra essere in grado di riprendere una politica Riformista dopo la devastante batosta elettorale subita e la schiacciante vittoria congressuale della Schlein anche a Lucca.

In Toscana, il 2024 si aprirà probabilmente con un eclatante fatto politico: la rottura fra PD e Italia Viva al Comune di Firenze, che potrebbe avere ripercussioni in Regione e in tutti i Comuni Toscani.

Assistiamo al presuntuoso arrocco di un PD Toscano che rifiuta le primarie per il Sindaco di Firenze e aumenta le Tasse ai Toscani, con propri e inaccettabili diktat.

Registriamo le consuete scelte punitrici della sinistra populista contro i ceti medi produttivi, con l’aumento sconsiderato dell’Irpef regionale, per sostenere gli sprechi di una sanità toscana giunta a livelli di inefficienza, inimmaginabili appena pochi anni fa.

La progressiva e visibile grillizzazione del PD con annessa deriva minoritaria, inarrestabile e suicida, pone ai Riformisti la necessità di prenderne le distanze.

Per le elezioni amministrative sosterremo liste autonome di “Centro” che auspichiamo nei maggiori comuni, con Italia Viva, Azione, +Europa, LDE, Cattolici moderati, Liberali, Socialisti, Radicali, Repubblicani e liste civiche di centro.

Liste con proprie candidature a Sindaco, alternative alla destra e alla sinistra.

Per eventuali accordi elettorali, che auspichiamo a 360°, sosterremo le scelte coraggiose e innovative di Italia Viva, definite nel documento politico approvato all’unanimità nel recente Congresso della Provincia di Lucca.

Francesco Colucci, Riformisti.