Sono stata sollecitata a intervenire nel dibattito sulla scuola, promosso da TTR e accolgo con piacere questo invito, ringraziando.
La scuola è stato il mio lavoro per tanti anni e in certo
qual modo continua ad esserlo, anche da pensionata, perciò mi viene spontaneo
affrontare, nella maniera più semplice e diretta, la tematica dell’insegnamento.
Nell' arco di circa mezzo secolo, a partire dagli anni '70,
in effetti, il ruolo formativo che l’istituzione dovrebbe avere, è andato
progressivamente scemando, con una forte accelerazione all’inizio del nuovo
millennio.
In altre parole i "nati digitali" sono sempre meno
attratti dalla scuola, o, se vogliamo, la scuola è sempre meno in grado di
offrire stimoli all’attuale popolazione studentesca.
È difficile risalire alle cause di questo progressivo
impoverimento, anche perché sono molti i fattori da cui può dipendere, ma di
certo sono palesi le conseguenze: una generazione di giovani sempre più
disorientata e immatura, ma soprattutto ignorante, nel senso letterale del
termine.
Questo fatto è sotto gli occhi di tutti già da molti anni,
tanto che il nuovo governo, da poco insediatosi, per porre un argine all’attuale
deriva scolastica, intende rafforzare, nel computo della valutazione il"
merito".
Un criterio questo, universale, validissimo in campo
politico, sociale, economico, ma nella scuola non si deve dimenticare che
abbiamo di fronte adolescenti, giovani ancora da formare, prima che da
informare.
È pur vero tuttavia che dall' introduzione della scuola dell'
obbligo, istituzione oggi ancora più necessaria di allora, il livello culturale
si è abbassato anche negli istituti superiori e perfino in alcune facoltà
universitarie.
Chiunque, dal politico, al sociologo, al filosofo sostiene
una sua teoria sulle cause del fenomeno e sui rimedi da adottare, per
risollevare le sorti di una delle istituzioni più importanti della nostra
società.
Sicuramente alla radice di tanta inadeguatezza c' è un
vecchio problema, quello degli scarsi investimenti che da sempre i vari governi
hanno dedicato alla scuola, spesso sottoposti ad ulteriori tagli.
Questo dà origine a una serie di mali endemici, che
ostacolano l' efficacia del suo ruolo.
Provo ad elencarne alcuni:
· Lo stipendio dei professori è tra i
più bassi in Europa, e intanto si chiede loro spesso un impegno non
indifferente, per sopperire alle carenze affettive, educative, psicologiche a
cui né la famiglia né la società sono in grado di provvedere;
· Negli edifici scolastici mancano le
aule e quindi si formano, per effetto
dell' accorpamento classi troppo numerose, dove è impossibile una docenza
decorosa;
· Spesso sono carenti anche certi
servizi essenziali come palestre e attrezzature tecnologiche.
· Sul piano più strettamente formativo,
qualcuno fa risalire l' origine di tanto degrado a quel mitico '68, che per la
prima volta vide protagonista un movimento studentesco, capace di scuotere una
istituzione ieratica e baronale: alla richiesta di una scuola più vera e
collaborativa, tra chi stava dietro e chi stava davanti alla cattedra, si
rispose con il 6/18 politico, con l' intenzione di risolvere presto e bene la
questione.
A mio parere, tutte queste tematiche sono vere in parte, ma
non sono sufficienti a giustificare la situazione in cui si trova oggi la
scuola.
Una scuola che è ancora il luogo privilegiato, dove si
incontrano gli amici veri e i primi amori, essenziali per gli adolescenti, ma
che ha perso quasi del tutto il dato culturale, nonostante l’impegno dei
docenti: spesso a loro si chiedono solo
gratificazioni, non insegnamento e adeguata valutazione.
In un quadro di questo tipo, appare evidente che, sempre più,
si va perdendo il contatto, il confronto che può essere anche polemico, tra l'
adolescente e l' adulto, un fattore determinante per la crescita e la
formazione dei giovani.
La scuola, come la storia, dovrebbe essere maestra di vita: a
me pare che oggi non lo sia più!
Vorrei concludere con una mia personale considerazione sull'
introduzione dei mezzi tecnologici, indispensabili nella scuola, come in ogni
altro complesso istituzionale: la recente esperienza della DAD, durante i due anni
di pandemia, in cui le scuole sono state chiuse per lunghi periodi ne è la
dimostrazione più evidente.
Tuttavia, il computer come il cellulare non deve e non può
sostituire la voce, il volto, la personalità degli insegnanti: in questo modo
si allunga la distanza tra discente e docente, rendendo la convivenza sempre
più asettica e fredda.
Si dovrebbe invece, secondo me, ricercare e ricostruire una empatia, che consenta una comunicazione più diretta e spontanea tra i vari componenti della classe: solo così si stimolano curiosità, interessi, emozioni.
Laura Di Simo
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