La ricorrenza di quest’anno ricorda quelle del
primo dopoguerra dove alle tante morti si aggiungeva un Paese prostrato e
sconfitto, che trovò nella Costituzione e nel legame con il lavoro, la forza
per risollevarsi.
Giuseppe Di Vittorio nel
1953 affermava tra altro “….il lavoro è creatore di beni; il lavoro eleva gli
uomini, li rende migliori e li affratella; il lavoro è pace…”
Giusto ricordare
queste parole in tempi di teorie di decrescita felice, che purtroppo ci sarà, violenta ma assai infelice, per milioni di lavoratori e migliaia di aziende.
Nel dopoguerra furono
fatte scelte precise e tempestive: esenzioni fiscali, finanziamenti a fondo
perduto per la ricostituzione del patrimonio edilizio, zootecnico, agricolo,
industriale, con investimenti massicci su opere pubbliche: scuole, ponti,
strade ecc.
A queste esperienze ci si deve rapportare per la ripresa economica,
investendo su lavoro e impresa e non sull’assistenzialismo tout court.
Con una differenza: allora
non c’era burocrazia e tutto camminò speditamente.
In questo Primo Maggio,
in cui il lutto e la preoccupazione sembra prevalere sulla festa, prendiamo
tutti assieme un impegno solenne: aboliamo la burocrazia, che è frutto solo
delle distorsioni mentali di azzeccagarbugli fiscali e giustizialisti.
Una
riforma che non costa, ma difficile da realizzare perché evidenzia uno dei veri
problemi dell’Italia moderna, la divisione fra lavoratori a reddito fisso e
privati: imprese, professioni, mestieri.
I primi hanno il bisogno di avere una
miriade di leggi, regolamenti, circolari, per facilitare il loro lavoro i
secondi necessitano di poche leggi e chiare, per diminuire i rischi, del loro.
I lavoratori dei
settori pubblici hanno la certezza della retribuzione ma anche della
tassazione, quelli privati hanno un rischio reale nella vita di tutti i giorni,
ma anche una maggiore disinvoltura sulla tassazione peraltro troppo elevata.
Paghiamo meno ma
paghiamo tutti dovrà essere uno dei temi della ricostruzione.
Questa divisione del
lavoro italiano in due grandi famiglie: reddito fisso e variabile, si
ripercuote anche nelle scelte di questi giorni sulla Pandemia.
Chi riscuote
senza problemi a fine mese vuole una riapertura lenta, chi è bloccato nella sua
attività e quindi non mangia vuole riaprire per avere la possibilità di salvare
il proprio lavoro.
Noi Riformisti siamo
per dare la possibilità di tornare al lavoro a tutte le categorie che si siano
attrezzate per garantire le misure di sicurezza stabilite dal Governo, che
devono essere poche e chiare, perché non possiamo perdere quasi il 40% del
lavoro e delle imprese per un Governo che non si assume un minimo rischio e incrementa, invece di ridurre, la burocrazia su tutto, anche su gli affetti familiari.
Francesco Colucci,
Riformisti Toscani per Italia Viva
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