venerdì 1 maggio 2020

1° Maggio del 2020: Festa della Decrescita Infelice


La ricorrenza di quest’anno ricorda quelle del primo dopoguerra dove alle tante morti si aggiungeva un Paese prostrato e sconfitto, che trovò nella Costituzione e nel legame con il lavoro, la forza per risollevarsi. 
Giuseppe Di Vittorio nel 1953 affermava tra altro “….il lavoro è creatore di beni; il lavoro eleva gli uomini, li rende migliori e li affratella; il lavoro è pace…”  
Giusto ricordare queste parole in tempi di teorie di decrescita felice, che purtroppo ci sarà, violenta  ma assai infelice, per milioni di lavoratori e migliaia di aziende.
Nel dopoguerra furono fatte scelte precise e tempestive: esenzioni fiscali, finanziamenti a fondo perduto per la ricostituzione del patrimonio edilizio, zootecnico, agricolo, industriale, con investimenti massicci su opere pubbliche: scuole, ponti, strade ecc. 
A queste esperienze ci si deve rapportare per la ripresa economica, investendo su lavoro e impresa e non sull’assistenzialismo tout court.
Con una differenza: allora non c’era burocrazia e tutto camminò speditamente.
In questo Primo Maggio, in cui il lutto e la preoccupazione sembra prevalere sulla festa, prendiamo tutti assieme un impegno solenne: aboliamo la burocrazia, che è frutto solo delle distorsioni mentali di azzeccagarbugli fiscali e giustizialisti. 
Una riforma che non costa, ma difficile da realizzare perché evidenzia uno dei veri problemi dell’Italia moderna, la divisione fra lavoratori a reddito fisso e privati: imprese, professioni, mestieri. 
I primi hanno il bisogno di avere una miriade di leggi, regolamenti, circolari, per facilitare il loro lavoro i secondi necessitano di poche leggi e chiare, per diminuire i rischi, del loro.
I lavoratori dei settori pubblici hanno la certezza della retribuzione ma anche della tassazione, quelli privati hanno un rischio reale nella vita di tutti i giorni, ma anche una maggiore disinvoltura sulla tassazione peraltro troppo elevata.
Paghiamo meno ma paghiamo tutti dovrà essere uno dei temi della ricostruzione.
Questa divisione del lavoro italiano in due grandi famiglie: reddito fisso e variabile, si ripercuote anche nelle scelte di questi giorni sulla Pandemia. 
Chi riscuote senza problemi a fine mese vuole una riapertura lenta, chi è bloccato nella sua attività e quindi non mangia vuole riaprire per avere la possibilità di salvare il proprio lavoro.
Noi Riformisti siamo per dare la possibilità di tornare al lavoro a tutte le categorie che si siano attrezzate per garantire le misure di sicurezza stabilite dal Governo, che devono essere poche e chiare, perché non possiamo perdere quasi il 40% del lavoro e delle imprese per un Governo che non si assume un minimo rischio e incrementa, invece di ridurre, la burocrazia su tutto, anche su gli affetti familiari.

Francesco Colucci, Riformisti Toscani per Italia Viva











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