martedì 12 novembre 2024

Assi viari lucchesi: finalmente!

I Riformisti plaudono alla decisione della Regione Toscana e del Comune di Capannori si sbloccare l’iter autorizzativo per realizzare l’Asse viario Nord Sud.

Ci sono stati molti ritardi per le indecisioni e divisioni nel PD, ma scelta finale e coraggiosa del Presidente Giani e l’Assessore Baccelli va apprezzata e condivisa.

Viene dato il via alla realizzazione di un’opera essenziale per lo sviluppo della Valle del Serchio e della Piana Lucchese, che liberà anche la circonvallazione e le Mura monumentali di Lucca dal traffico pesante.

Viene sconfitta finalmente la linea del no a tutto dell’ex Sindaco e Presidente della Provincia, Menesini, sul viale del tramonto e si vedono prevalere nuove linee politiche coraggiose da promettenti giovani politici.

Adesso da Regione, Lucca e Capannori ci attendiamo la velocizzazione del raddoppio ferroviario, altra opera essenziale, in grave ritardo realizzativo.

Francesco Colucci, Riformisti di Think Tank Reformists



sabato 12 ottobre 2024

ORIZZONTI LIBERALI: VERSO IL PARTITO LIBERAL-DEMOCRATICO

 Convocazione Assemblea degli Associati 26 Ottobre 2024

 Caro/a amico/a ,

nel ringraziarti di aver scelto da subito di far parte della comunità di Orizzonti Liberali, siamo qui a convocare - in ottemperanza all’articolo 26 dello Statuto - la prima Assemblea degli Associati in prima convocazione sabato 26/10 alle 6:30 di mattina ed in seconda convocazione sabato 26/10 alle 10:30 presso il Best Western Premier Hotel Royal Santina - Via Marsala 22 | 00185 - Roma (RM), con il seguente ordine del giorno:

1) Elezione Presidente e successivi adempimenti

2) Organizzazione evento “Il Coraggio di Partire - il cantiere per il futuro partito          Liberal-democratico” a Milano il prossimo 23-24 novembre

3) Analisi situazione politica nazionale e locale

4) Organizzazione dell’associazione su base regionale e provinciale

5) Varie ed eventuali

I lavori proseguiranno fino alle 16.00 del 26/10.

Ti preghiamo di confermare la tua presenza a Roma compilando questo format

L’assemblea è convocata in presenza, con possibilità di seguire i lavori da remoto senza tuttavia possibilità di voto in questa modalità.

Per le modalità di espressione della propria candidatura a presidente verrà inviato nei prossimi giorni un regolamento apposito.

Cordiali saluti.

Eric Zaghini, Il rappresentante legale di Orizzonti Liberali




 

 

martedì 1 ottobre 2024

Meno spesa meno tasse: anzitutto un problema di autorevolezza della politica di Paolo Razzuoli

Il pesante debito pubblico italiano non è un dato recente. Ho controllato le dichiarazioni programmatiche rese al Parlamento all'atto della richiesta di

Fiducia di molti dei tanti Presidenti del Consiglio che si sono succeduti dagli anni '80 in poi, e tutti hanno posto l'accento sulla necessità di ridurre

il fardello del debito pubblico. Salvo poi, soprattutto in alcuni casi, aver fatto una politica che proprio su fattori di ampliamento di tale debito ancorava

la ricerca del consenso elettorale.

Ciò soprattutto a partire dagli anni '80, allorché venendo sempre meno l'adesione ideale ai partiti, che già davano segnali di avvitamento in una spirale

di decadenza che li condurrà all'implosione, il consenso è stato sempre più ricercato mediante l'elargizione di sussidi, prebende e privilegi.

Un trend interrotto solo dai cosiddetti "Governi tecnici", una anomalia tutta italiana, a cui si è fatto ricorso in alcuni momenti in cui l'acuirsi della

crisi della politica non ha consentito di fronteggiare situazioni di particolare gravità emergenziale come, ad esempio, al momento dell'insediamento del

Governo Monti nell'autunno del 2011.

E per fortuna sono intervenuti i vincoli europei, che hanno costretto a contenere il disavanzo entro certi parametri. Non credo di dire una sciocchezza,

affermando che senza tali vincoli la politica avrebbe con ogni probabilità fatto peggio...

Aggiungo che la Riforma del quadro di revisione della spesa pubblica ("spending review") costituisce una delle riforme previste dal Piano Nazionale di

Ripresa e Resilienza (PNRR).

E' infatti dalla politica che credo si debba partire per cercare di rispondere alla domanda fondamentale: perché, nonostante che a parole ci sia piena consapevolezza

del problema, nessuno finora è riuscito a mettere in campo vere strategie di contenimento del debito?

Ebbene, credo che la risposta possa essere trovata nella incapacità della politica di possedere quella autorevolezza e quella forza senza le quali non

si può immaginare di affrontare un tema così complesso, così impattante su molti e diffusi interessi, sempre pronti ad erigere argini a qualsiasi ipotesi

che tali interessi possa ridimensionare.

Interessi che, puntualmente, trovano sempre gli strumenti per bloccare qualsiasi seria riforma, ricattando una politica sempre più avvitata nella ricerca

del consenso immediato, in barba ad una visione di lungo orizzonte, che invece costituisce il vero banco di prova di una classe politica che sappia guardare

alle prossime generazioni e non esclusivamente alle prossime elezioni.

Al di là delle semplificazioni e degli slogan, ridurre il disavanzo del bilancio pubblico non è certo operazione facile.

Come di tutta evidenza - posto che il deficit viene valutato in rapporto al Pil - occorre intervenire su due versanti, entrambi attualmente critici: quello

della crescita, quindi della competitività del sistema Paese da un lato, e quello di una seria e non superficiale analisi dei fattori distorsivi di spesa

dall'altro.

Versanti che richiedono una forte azione riformatrice, che solo una politica credibile, forte e sufficientemente coesa può far accettare all'opinione pubblica.

E' veramente molto arduo pensare che una politica sempre pronta a strumentalizzare tutto per ragioni di consenso, trasformando anche i problemi più seri

in un teatro di marionette, possa far fronte ad un impegno gigantesco, imposto da una società estremamente frammentata, in cui si muovono molteplici e

solidissimi interessi corporativi, fortemente conservatrice e sempre pronta a reagire qualvolta qualcuno provi a mettere in discussione l'attuale assetto.

A nessuno può sfuggire che ogni qualvolta qualcuno ha cercato di compiere qualche azione di razionalizzazione, o un sindacato o un comitato è sorto in

difesa degli interessi che si ritenevano lesi, così come settori della politica sono sempre stati pronti a cavalcare la protesta, quando ciò è stato ritenuto

utile per ragioni di bottega.

A scopo meramente esemplificativo, e non certo esaustivo, indico alcuni ambiti di intervento per la riduzione della spesa: ambiti che si tradurrebbero anche

in uno stimolo alla crescita ed alla competitività, dando così senso a quello stretto intreccio sussistente fra questi due fattori.

1) Analisi costi-benefici. - Anzitutto occorre partire da una seria volontà di indagare il rapporto costi-benefici, partendo dal presupposto che un importante

salto di qualità dei servizi potrà essere ottenuto anzitutto cercando di "spendere bene" e non, come da certi settori di pensiero sembra credersi, spendendo

sempre "di più".

2) Semplificazioni procedurali. - In Italia le procedure, sia per le persone che per le imprese, sono particolarmente gravose; una loro semplificazione

porterebbe benefici per tutti, e comporterebbe minor costi per l'apparato pubblico. Un fattore di efficientamento della P.A. potrebbe essere prodotto da

una massiccia estensione del principio del silenzio-assenso, e da una radicale semplificazione degli strumenti di giurisdizione civile ed amministrativa.

3 Invasività e costo della burocrazia. - In Italia l'intervento pubblico risulta particolarmente invasivo, e si esplica in una enorme ed abnorme quantità

di lacci e lacciuoli. Inoltre la burocrazia è costosa ed inefficiente, essendo anche progressivamente stato eliminato qualsiasi criterio meritocratico

nella valutazione delle performances.

4) Va tutelata la spesa sociale. - Quando si parla di debito pubblico, si citano sempre i pensionati, la spesa sociale e quella sanitaria. Ebbene, il tema

vero è quello dell'individuazione degli elementi distortivi di spesa in questi ambiti, non certo di un loro taglio indiscriminato, soprattutto pensando

agli scenari con cui dovranno confrontarsi le prossime generazioni. La tutela della coesione sociale è infatti un valore primario di una società giusta,

ordinata ed ispirata ai valori della nostra civiltà.

5) Costi degli apparati pubblici. - Un settore su cui è sicuramente possibile intervenire è quello dei costi diretti ed indiretti della politica e, più

in genere, degli enti pubblici. Al di là di incomprensibili privilegi assegnati ad alcune categorie (esempio personale delle Camere, del Quirinale, della

Banca d'Italia, della Corte deiConti o della Corte Costituzionale), vanno ricordati gli enormi costi per le consulenze, per i vari consigli di amministrazione

delle partecipate a livello locale, per i costi del complesso degli enti pubblici (non serve elencarli), che potrebbero essere ridimensionati mediante

una loro razionalizzazione. Insomma, c'è un ampio parterre di enti inutili che o andrebbero soppressi o quantomeno razionalizzati.

6) Costo delle opere pubbliche. - In Italia il costo delle opere pubbliche risulta mediamente superiore a quello degli altri Paesi UE. Normalmente si parte

con una previsione, che poi - puntualmente - risulta sempre sforata. Evidentemente c'è qualcosa che non funziona, o nella capacità di lavoro della Pubblica

Amministrazione, o in una legislazione che consente di fare furbate. Comunque sia, è un ambito su cui occorre intervenire. E qui ribadisco il tema della

qualità della dirigenza, che deve rispondere a criteri meritocratici e non a fattori di appartenenza politica.

Si potrebbe andare ulteriormente avanti, ma non credo che ciò risulti utile. Ciò che invece mi pare debba essere ribadito è che, senza un salto di qualità

della politica, l'obiettivo di riduzione della spesa pubblica risulterà illusorio. Almeno sino a quando, eventuali situazioni traumatiche, non impongano

scelte draconiane. un contesto questo non certo auspicabile giacché, nelle situazioni di emergenza, finiscono sempre per prevalere gli interessi dei più

forti...

Ho trattato il tema della riduzione della spesa, senza affrontare sinora quello della riduzione della pressione fiscale. E' chiaro che, al netto dalla demagogia,

i due temi sono intrecciati: senza la riduzione della spesa pubblica, mai si potrà affrontare quello della riduzione della pressione fiscale.

Tema spinoso, anche perché in Italia, accanto ai cittadini onesti che di tasse ne pagano troppe, c'è una ampia fascia di cittadini che di tasse ne pagano

poche rispetto ai loro redditi.

Ad ogni approvazione del bilancio dello Stato (un tempo si chiamava Finanziaria) riemerge, come un fiume carsico, il tema della lotta all'evasione fiscale.

Pur non essendo un esperto di politiche fiscali, Mi pare che vada auspicata una riforma basata sul contrasto di interessi fra il cittadino ed il prestatore

d'opera, unico mezzo per ridurre al minimo l'evasione fiscale.

Spero di essere riuscito ad illustrare la mia tesi secondo cui, "meno spesa meno tasse" è anzitutto un problema di qualità e di autorevolezza della politica, una "precondizione" a monte, senza cui questo - come tanti altri nodi che attendono di essere sciolti - rimarranno irrisolti.

In questa prospettiva, il titanico progetto di creazione di una forza liberal-riformista di cui Orizzonti Liberali è uno step unitamente ad altre esperienze,

va nella direzione giusta.

L'affermazione di un soggetto ispirato ai valori ed alla prassi politica del liberal-riformismo sarebbe un fattore di stabilizzazione e crescita del sistema

Paese, sia per la sua storia e tradizione politico-culturale, sia per l'equilibrio di cui in ogni circostanza ha dato prova.

E' un'impresa difficilissima, a cui augurare la riuscita. Sarebbe un bene per il nostro "Sistema Paese".

 

Lucca, 30 settembre 2024

 


martedì 24 settembre 2024

I Riformisti e le elezioni in Provincia.

I Riformisti auspicano che ci sia una discontinuità politica nella gestione della Provincia, con le prossime elezioni di fine settembre.

La fallimentare Presidenza Menesini, con il PD silente e passivo, che è costata alla nostra popolazione milioni di euro, per errori e ritardi nelle principali opere pubbliche, dal Ponte sul Serchio, agli Assi Viari, al raddoppio Ferroviario, non deve trovare continuità nel nuovo Presidente e nella nuova Giunta.

Menesini si ripresenta per essere eletto assessore nella lista del PD.

Una sua elezione sarebbe la conferma e la continuazione della sciagurata sua gestione in danno di tutta la popolazione della Valle del Serchio e Garfagnana, di Lucca e la piana, come è stato fino ad oggi.

I Riformisti fanno appello ai Sindaci e ai Consiglieri di tutti questi Comuni, al di là della loro colorazione politica, perché si privilegi una scelta di discontinuità con la gestione Menesini per il rispetto delle popolazioni di quei territori che hanno avuto danni evidenti nelle loro vite e nelle loro attività economiche da errori, mancate scelte, ritardi e boicottaggi.

Francesco Colucci, Riformisti.



 

 

domenica 22 settembre 2024

Uguaglianza meritocratica e competitiva di Paolo Razzuoli

 Sul senso dell'uguaglianza si è scritto e detto moltissimo, a partire dalla filosofia classica. Qui non voglio certo addentrarmi nella storia di come le epoche e culture hanno interpretato questo concetto. Mi limito ad un interrogativo di fondo: "che cosa significa uguaglianza?" Di quale uguaglianza parliamo?" la politica fa ampio uso di questo termine; Usiamo questa parola moltissime volte durante la giornata e, spesso, per rivendicarne un significato preciso. Ma siamo proprio sicuri di intendere la stessa cosa? Perché di uguaglianza si può parlare in tanti modi e con significati diversi. In estrema sintesi, forse eccessivamente semplificatoria, credo si possano elencare tre principali concetti di uguaglianza che si sono scontrati negli ultimi due secoli. Il primo è quello di uguaglianza giuridica, il che vuol dire che non ci devono essere leggi che valgono solo per un certo tipo di cittadini, il primo, il secondo e il terzo stato, o per una certa casta, ma che i diritti fondamentali (solitamente civili e politici) sono garantiti a tutti. Il secondo concetto è quello dell'uguaglianza delle opportunità o, "delle chances, o dei punti di partenza", cui si aggiunge necessariamente il principio del merito per la determinazione dei risultati. Il terzo è quello dell'uguaglianza di fatto, quello dei punti di arrivo per cui tutti debbono avere le medesime risorse. Se dovessimo illustrare queste diverse idee di uguaglianza facendo riferimento a una corsa, il concetto di uguaglianza giuridica ci direbbe che la gara è giusta se vince chi taglia per primo il traguardo, non chi ha il titolo di conte, barone, marchese, e così via. Il concetto di uguaglianza delle opportunità ci direbbe che una società è giusta se, partendo da uno stesso punto, vince chi taglia per primo il traguardo senza aiuti di sorta, ma solo in base al proprio merito, alla propria volontà, al proprio senso di responsabilità. In questa visione il criterio del merito diventa il criterio "giusto" per l'attribuzione dei premi proprio perché esiste anche un'uguaglianza delle opportunità. Il concetto di uguaglianza di fatto o dei punti di arrivo ci direbbe che una società è giusta se tagliano il traguardo tutti insieme, dandosi la mano. A questi tre modi di intendere l'uguaglianza, corrispondono altrettante visioni politiche: Il primo caso (uguaglianza giuridica), ci propone il modello liberale ottocentesco: lo stato deve fare in modo che la legge sia uguale per tutti, ossia deve garantire che il premio venga dato a chi effettivamente ha tagliato il traguardo per primo. Non è però compito dello stato quello di verificare se, e garantire che, tutti abbiano avuto le stesse possibilità di tagliare il traguardo per primi. Nel secondo caso (uguaglianza delle opportunità), non solo lo stato deve garantire l'uguaglianza giuridica, ma deve anche garantire un'adeguata uguaglianza dei punti di partenza. Ed infine il terzo caso (uguaglianza di fatto), è compito dello stato garantire che tutti taglino il traguardo insieme, il che vuol dire che chi è naturalmente più veloce deve dare una mano a chi è naturalmente più lento. Come dicevo sopra si tratta di una schematizzazione assai semplicistica, ma mi sembra possa rendere efficacemente l'idea di come il concetto di uguaglianza possa essere declinato in modi deltutto diversi. Ne deriva che quando si sente parlare dalla politica di uguaglianza, occorre chiedersi cosa realmente con ciò voglia intendersi, giacché a seconda del significato che le si attribuisce, si evoca un certo modello di società Le società differiscono nella misura in cui si dà prevalenza all'uno o all'altro concetto di uguaglianza e a quanto lo stato si debba impegnare per garantire la realizzazione dell'uno o dell'altro concetto. Temi fondamentali e discriminanti, per orientare le scelte elettorali. Sempre in estrema sintesi, si associa spesso al "liberismo" il concetto di uguaglianza di fronte alla legge, alla "democrazia sociale" quello di uguaglianza nei punti di partenza e al "comunismo" quello di uguaglianza nei punti di arrivo. Ebbene, qual'è l'idea di uguaglianza in una moderna società democratica, secondo la visione di una prospettiva libheral-riformista? Ecco la mia risposta. Circa l'uguaglianza di fatto, quella cioè riconducibile ad una visione comunista, la storia già si è incaricata di darci la risposta. Abbiamo già visto quali danni possono fare le visioni millenaristiche e massimaliste. basta citare Salvemini: "Se l'uomo pretende il paradiso negando il purgatorio, sicuramente avrà l'inferno". E l'inferno hanno avuto coloro che per buona parte del XX secolo sono stati posti sotto il giogo del comunismo. La sola "uguaglianza formale" ormai non è più sufficiente perlomeno in Europa, dove si è affermato un umanesimo che ha comportato, se pur in modo diverso, lo sviluppo e l'affermazione di politiche di Welfare e di pisioni ispirate ad economie sociali di mercato. A questo proposito può essere interessante riguardare l'opera dell'economista cattolico tedesco Wilhelm Roepkee. Rimane l'uguaglianza delle opportunità: quella che mi sembra più coerente con la visione liberal-democratica, in una moderna società. Quindi "uguaglianza" per consentire a ciascuno di potersi realizzare ma, allo stesso tempo, spazi di libertà per potersi affermare secondo il proprio merito e le propie capacità competitive. Ovviamente nel rispetto della dignità della persona, quindi garantendo anche a chi rimane indietro, le condizioni per una vita dignitosa. Quindi nel solco del "Welfare State", e di una visione ispirata all'economia sociale di mercato. Uguaglianza delle opportunità che in Italia affonda le radici nell'Art. 3 della Carta Costituzionale che così testualmente recita: " Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." Analogamente per l'istruzione all'art.34 dove si fa riferimento al merito: "La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso." Come si vede, parlare di uguaglianza meritocratica e competitiva non è così contraddittorio. L'uguaglianza delle opportunità non esclude in alcun modo il merito e la competitività. Anzi, entrambi sono stimoli fondamentali per la crescita, senza la quale vengono meno anche gli strumenti per garantire parità di condizioni di partenza. Senza crescita si ferma anche quell'ascensore sociale che può garantire a ciascuno di compiere il proprio percorso secondo le proprie capacità ed il proprio merito. In Italia, la meritocrazia e la competitività hanno sempre trovato vita difficile, e chi ha provato a mettere in campo qualche idea per stimolarle non ha avuto fortuna. Il merito, soprattutto dalla fine degli anni '60 in poi, ha trovato diffuse ostilità a partire dal mondo della scuola, dove l'idea di uguaglianza è stata interpretata come uguaglianza di arrivo, con il conseguente abbassamento del livello dell'istruzione ora sotto gli occhi di tutti. Analogo ragionamento riguarda la Pubblica Amministrazione, in cui è stato abbattuto qualsiasi criterio meritocratico, agganciando gli scarni avanzamenti di carriera al solo parametro dell'anzianità di servizio. Circa la competitività, trova ostacoli nelle difese corporative, che si innalzano ogni qualvolta si tenta di immettere nel sistema qualche boccata di aria nuova in questa direzione. Ebbene, proprio su questo terreno un progetto politico liberal-riformista dovrebbe trovare la capacità di una sintesi all'altezza delle sfide del tempo che viviamo: Garantire una effettiva uguaglianza delle opportunità, in un contesto di libertà che consenta a ciascuno di esprimersi, con le proprie capacità, con il proprio coraggio, con la voglia di sapersi mettere in gioco. In poche parole, valorizzando finalmente il merito e la competitività. E' una sfida difficile: ma senza coraggio non si riuscirà a risollevare questo Paese da quella sorta di torpore in cui sembra essersi adagiato. 

Lucca, 21 settembre 2024




sabato 14 settembre 2024

Italia Viva e Orizzonti Liberali…verità.

I Riformisti sono abituati in politica a trasparenza e chiarezza, che esplicitiamo in tre punti.

Primo: mesi fa, prima dell’infausto ribaltone renziano, abbiamo rinnovato la tessera a Italia Viva, siamo iscritti e resteremo iscritti.

Secondo: condividiamo fermamente la creazione da parte di Luigi Marattin dell’Associazione “Orizzonti Liberali, verso il Partito Liberal-democratico”. La sosterremo, l’aiuteremo a crescere, ne saremo partecipi attivi, per arrivare a una Costituente per un grande Partito di Centro, equidistante da sinistra e destra.

Siamo convinti che a questa Costituente ci saranno anche la maggior parte degli iscritti di Italia Viva, salvo gli “orfani del PD” che torneranno a casa con la coda tra le gambe.

Terzo: parteciperemo al Congresso di Italia Viva, sempre che Matteo non cambi idea per la quarta volta, per contrastare la nuova linea renziana di partecipazione ad un polo sinistrorso assieme a grillini e vetero comunisti.

Una Mossa del Cavallo? No, sembra più una Mossa del Bardotto!

Sosterremo nel Congresso la politica che Matteo ci ha insegnato per 5 anni, fino a due mesi fa: una collocazione al Centro da Liberal-democratici.

Una posizione chiara, senza se e senza ma. Sinistra e destra per noi pari sono.

Confidiamo che gli schiaffi presi da Renzi, dai suoi nuovi alleati che anela, da Prodi a Bonelli, da Conte a ¾ del PD, lo inducano ad una pausa di riflessione e ad un ritorno alla linea politica e agli obiettivi che sono stati alla base della fondazione di Italia Viva cinque anni fa, a cui i Riformisti erano in prima fila.

I Riformisti nei prossimi mesi lavoreranno a viso aperto sia per il successo di Orizzonti Liberali che per una mozione congressuale che respinga il Campo largo e porti Italia Viva a partecipare alla futura Costituente di un nuovo Partito Liberal-democratico con tutti coloro che ci staranno.

Francesco Colucci, Riformisti Toscani x il Blog Think Tank Reformists  

 





martedì 10 settembre 2024

E' Uscito l'ultimo libro di Luigi Marattin...considerazioni del Prof. Paolo Razzuoli

E' in libreria, e sui siti che offrono libri, l'ultimo lavoro di Luigi Marattin: 

"La missione possibile. La costruzione di un partito liberal-democratico e riformatore", edito da Rubbettino.

Luigi Marattin, Docente Universitario di economia Politica, Deputato sino a ieri di Italia Viva ed ora nel gruppo misto, è una delle figure di riferimento di chi, in Italia, crede nella possibilità di dar vita ad un polo liberal-riformista. Una prospettiva non certo facile, ma certamente impossibile se lasciata nelle mani di figure capricciose ed egocentriche come si sono dimostrati Renzi e Calenda.

L'Italia è un Paese Difficile per la cultura liberal-riformista, ma non si può certo dire che in questi anni sia stato fatto quanto necessario per diffonderne una proposta credibile, e per offrirne adeguati strumenti di organizzazione della rappresentanza politica.

E ciò nonostante, alle politiche del 2022 è stato sfiorato l'8%, e nelle ultime europee ci siamo andati vicini, se pur in presenza della sciagurata divisione fra Renzi e Calenda, che concretamente ha vanificato il consenso ricevuto.

Insomma, nelle condizioni date non si poteva sperare di più. 

Il tema vero non è pertanto quello del fallimento della prospettiva terzopolista; è invece quello della capacità di organizzarla, darle contenuti, presentarla con credibili e seri strumenti di organizzazione della rappresentanza politica.

Luigi Marattin è una delle figure che più si sono battute per l'affermazione della prospettiva terzopolista. Si è battuto sino in fondo per evitare le divisioni alle europee e, dopo le ultime giravolte di Renzi ha deciso di lasciare Italia Viva per imboccare un percorso di condivisione di prospettiva con altri soggetti, e per questo ha costituito l'Associazione "Orizzonti liberali".

Iniziativa che non poteva avere battesimo migliore: quello di essere accompagnata da un libro in cui si analizzano i contesti storico-politici e si delinea l'idea di società di un progetto liberal-democratico.

Invitando a leggerlo, riporto uno stralcio della presentazione estratto dal sito dell'editore:

"Si dice che al centro dello spazio politico ci sia una prateria. Ma nessuno negli ultimi 30 anni ha saputo percorrerla. Neanche quando, con la radicalizzazione

di centrodestra e centrosinistra, le condizioni si sono fatte più favorevoli. Forse perché dopo aver avvistato la prateria nessuno ha saputo o voluto sellare e preparare adeguatamente il cavallo e lanciarsi al galoppo evitando di cadere al primo ostacolo.

Questo libro delinea i contorni di un’offerta politica liberal-democratica alternativa agli attuali schieramenti. 

La prima parte è dedicata all’analisi del passato: qual è il problema italiano, perché le spiegazioni che centrosinistra e centrodestra danno di tale problema sono fallaci e quale sia invece un’analisi liberal-democratica di come e perché l’Italia si trovi nella situazione attuale. 

La seconda parte guarda al futuro: quale idea di società a cui ispirarsi, come ricostruire un’organizzazione partitica per veicolarla e quali le principali politiche per realizzarla.

Lucca, 10 settembre 2024







lunedì 9 settembre 2024

Fondazione Orizzonti Liberali di Luigi Marattin: una grande occasione.

Luigi Marattin ha deciso di uscire da Italia Viva e costituire la Fondazione Orizzonti Liberali per partecipare ad una Assemblea Costituente liberaldemocratica, aperta a tutti, compresa Italia Viva, per la fondazione di partito unitario con Libdem, le altre sigle della galassia Liberale e Riformista e chi, da Azione, vorrà partecipare.

Un atto coraggioso per riprendere dall’inizio il discorso di un partito al centro dello schieramento politico Italiano.

Né con la sinistra né con la destra

I Riformisti concordano con l’analisi fatta e la linea politica annunciata da Luigi, che poi è quella di Matteo, fino a poche settimane fa.

Aspetteremo l’Assemblea del 28 settembre, nella speranza che Renzi si renda conto dell’errore di valutazione fatto.

Non è stata una Mossa del Cavallo, ma la Mossa del Bardotto, rimanendo nel campo equino.

Nel Campo Largo nessuno lo vuole, da Romano Prodi al 95% del PD… ai grillini e agli estremisti di sinistra.

Lo vogliono lapidare, nel mezzo al guado, dopo averlo umiliato, come nella richiesta di abbandonare il Sindaco di Genova.

I Riformisti si augurano che nella Assemblea Nazionale del 28, Matteo abbia l’intelligenza e la capacità di tornare indietro: è sempre in tempo.

Fino a quella data saremo con lui…poi… MAI con i Grillini e i vetero Comunisti, come ci ha insegnato Matteo.

Francesco Colucci, Riformisti Toscani



domenica 8 settembre 2024

Toscana Pride: ieri non hanno sventolato le bandiere di Israele e Ucraina

I Riformisti e il Blog Think Tank Reformist hanno aderito a Toscana Pride ma ieri non hanno sventolato le bandiere di Ucraina e Israele.

I capigruppo della maggiorana ci avevano invitato ad evitare tensioni e possibili incidenti.

Anche la squadra politica della Questura ci ha chiesto di riflettere sulle possibilità che si creassero contestazioni nel corteo, imprevedibili da gestire.

Per questo e per senso di responsabilità abbiamo ripiegato le bandiere di Ucraina e Israele senza farle sfilare, pur non condividendo tale richiesta.

Al Sindaco, al Presidente del Consiglio Comunale e ai Capi Gruppo di maggioranza, che ci hanno chiesto di fare un passo indietro e che abbiamo responsabilmente fatto, chiediamo un evento il prossimo 7 ottobre a ricordo dei tragici fatti dell’anno passato.

Un Consiglio Comunale aperto o un dibattito o un convegno, quello che si riterrà più opportuno, sulla situazione in Medio Oriente e in Ucraina, magari con la presenza del Ministro degli Esteri Tajani.

Non possiamo far passare sotto silenzio le ricorrenze di fatti atroci che hanno innescato guerre sanguinose in Europa e Palestina.

Ne possiamo accettare che si continui a mistificare su chi ha dato inizio alla atroce guerra in Palestina, con una strage di migliaia di civili inermi e giovani che si divertivano a ballare e chi è il vile aggressore dell’Ucraina per soffocarne la libertà: il Presidente Russo, Putin.

Francesco Colucci, Riformisti x TTR




venerdì 6 settembre 2024

Matteo ha ritrovato il senno…plaudiamo

Matteo Renzi nella news letter di oggi ha scritto:  

Come sapete nelle settimane scorse quattordici membri dell’assemblea nazionale e un parlamentare hanno firmato un documento per chiedere di posticipare il tesseramento al 30 novembre e di effettuare un nuovo congresso da indire entro l’anno. 

Ho detto ieri a Cerasa che intendo proporre all’Assemblea di accogliere entrambe le richieste così da valorizzare al massimo il dibattito interno e la democrazia interna.

Come Riformisti non possiamo che plaudire a questo nuova decisione di Matteo…prima Congresso subito…poi nessun Congresso…ora nuovamente Congresso subito...ma va bene così.

Si vede che la reazione della base di Italia Viva fortemente contraria ad un ribaltone repentino e totale di linea politica senza fare un Congresso ha fatto riflettere Matteo su quella che sarebbe stata la fine ingloriosa del nostro Partito dopo una scissione dell’atomo.

Crediamo anche che le parole offensive e ingiuste di Romano Prodi abbiano aperto gli occhi a Matteo su cosa gli aspetterebbe nel maleodorante Campo largo...genuflessione, cilicio e crocifissione.

Prendiamo atto di questa nuova presa di coscienza che Italia Viva è il partito di tutti noi e non di uno solo e continueremo come Riformisti a lavorare con impegno per il successo di Matteo e di Italia Viva.

Francesco Colucci Riformisti x TTR



lunedì 2 settembre 2024

Onoriamo SANDRO PERTINI, combattente per la libertà.

 


Mercoledì 4 settembre alle ore 12, il Sindaco di Lucca, Mario Pardini inaugurerà una nuova strada intitolata a Sandro Pertini, Comandante Partigiano, Presidente della Repubblica e leader storico socialista.

Vi chiedo di essere presenti a testimoniare che la battaglia che abbiamo fatto per questa intitolazione era battaglia di popolo.

In particolare, mi rivolgo agli amici socialisti per una loro testimonianza.

L’appuntamento è alla nuova rotonda sulla Sarzanese, prima di Nave.

Francesco Colucci, 3480533233



Perché il Presidente della Provincia non può essere di continuità a Menesini.

 La Presidenza Menesini ha fatto più danni della grandine al territorio lucchese.

Ponte sul Serchio: un grave errore della Provincia nella preparazione degli atti ha causato il blocco della gara di appalto e la ripetizione di moltissimi atti burocratici che hanno causato tre anni di ritardo nell’appalto con danni di molti milioni di euro alla collettività toscana.

Il grave che dopo aver ammesso l’errore il Presidente Menesini non ha neppure offerto le sue dimissioni o aperto una procedura per accertare le responsabilità nell’amministrazione, per un danno di oltre 3 milioni.

Assi Viari: il comportamento del Presidente Menesini è stato costantemente dilatorio alla realizzazione dell’opera a difesa non della comunità provinciale ma di interessi di alcune parti del Comune di Capannori, causando anche qui ritardi di anni e danni economici all’intera economia del nostro territorio.

Raddoppio Ferroviario: La Provincia sotto la Presidenza Menesini non ha sollecitato l’esecuzione dei lavori di raddoppio ferroviario per anteporre problematiche di sottopassi ferroviari nell’esclusivo interesse di Capannori, causando un ritardo di oltre due anni alla conclusione dell’opera.

Assistiamo ad una candidatura PD, con Pierucci, che si presenta come continuità a Menesini: una forzatura politica inaccettabile, con tutti i Sindaci bravi e di consolidata esperienza che ci sono nei Comuni della nostra Provincia.

Una continuità con scelte amministrative di parte, mai nell’interesse primario del territorio provinciale, non può essere condivisa.

I Riformisti ritengono indispensabile un Presidente che sia dichiaratamente di discontinuità con Menesini, per recuperare tutti gli errori fatti nella sua gestione e per far tornare la Provincia un Ente aperto a tutti.

Un Sindaco, con esperienza e stimato, che guardi solo all’interesse di tutto il territorio provinciale, abbia una visione complessiva e di lungo respiro per lo sviluppo armonico e condiviso dei vari Comuni interessati e abbia l’autorevolezza per non subire i giochetti della politica o la necessità di lavorare ai soli interessi del proprio Comune.

Per questo i Riformisti ritengono che le liste civiche, pur di diversa colorazione, debbono giocare un ruolo decisivo per l’elezione di un Presidente che sia di tutti, anche con la formazione di una loro lista autonoma a cui va il nostro sostegno.

Una lista con al centro gli interessi di tutto il territorio e di tutti i Comuni.

Il nuovo Presidente della Provincia deve essere un bravo amministratore che sappia unire e non dividere e non può essere votato per obbligo di Partito o per difendere la bandiera di una assai negativa passata gestione.

Francesco Colucci, Riformisti

 


 

 

 

venerdì 23 agosto 2024

"Campo largo"? Meglio "Campo ben coltivato" di Paolo Razzuoli

"Campo largo" è un'espressione che da qualche tempo ha arricchito il lessico del politichese italiano. Vediamone la definizione, con l'aiuto del dizionario

Treccani:

"campo largo: Progetto di ampliamento della coalizione di centro-sinistra sia verso forze collocate più al centro nello schieramento politico, ad esempio

Azione ed Italia Viva, sia verso forze collocate più a sinistra, Alternativa Verde e Sinistra, o il M5S, (anche se a proposito di quest'ultimo è più corretto

parlare di populismo anziché di sinistra).

L'idea presuppone la costruzione di un campo largo del centrosinistra italiano con l'obiettivo di unire tutte le forze disponibili per sconfiggere la coalizione

di centro-destra.

L'espressione “Campo largo”, anche se già alcuni esponenti del Pd ebbero modo di utilizzarla circa quindici anni or sono, è tornata di attualità con la

Segreteria Pd di Elly Schlein. è un’espressione di puro politichese che forse oggi conviene tenere presente perché può tornare utile a capire l'evoluzione

degli scenari prossimi venturi."

 

Provo ad articolare alcune considerazioni, partendo dal presupposto che in politica, costruire alleanze elettorali che consentano di far vincere le elezioni

è deltutto ovvio e legittimo. La politica è la tecnica di gestire la cosa pubblica; senza il potere ciò non è possibile, poiché senza di esso si può certo

fare testimonianza ma non si può incidere sulla gestione.

Fatta questa premessa, occorre però andare oltre, cercando di capire se le alleanze elettorali hanno i requisiti politico-programmatici coerenti con le

sfide da affrontare, oppure se sono mere aggregazioni aritmetiche, adatte - in caso di vittoria - ad assicurare ruoli, distribuire incarichi e prebende,

ma non altrettanto per affrontare i tanti e complessi nodi politici di cui il Paese da decenni attende le soluzioni.

 

Ebbene, dagli anni '90, in cui si è cercato di costruire un bipolarismo peraltro nato frettolosamente nella temperie del golpe mediatico-giudiziario di

"mani pulite", non si può certo dire che le coalizioni succedutesi al governo del Paese siano state complessivamente all'altezza del compito.

Su entrambi i versanti, abbiamo avuto coalizioni formate da forze eterogenee, sia sui temi di politica interna che sulla politica estera. Forze che, se

pur formalmente alleate, hanno dato vita ad una forte conflittualità che ha impedito il corretto funzionamento di una democrazia governante efficace ed

efficiente. Non raramente i partiti si sono maggiormente impegnati su battaglie identitarie, sacrificando quell'azione riformatrice di cui il sistema Paese

ha bisogno, e che a parole, tutti dichiarano di voler intraprendere.

 

Ma le grandi riforme non possono prescindere da scenari politici forti e coesi. In assenza di essi, non resta che la politica di basso profilo e la tecnica

del rinvio, unica alternativa alla rottura della coalizione, come è accaduto nel caso della caduta dei governi Prodi nel 1998 e nel 2008.

Quindi è illusorio pensare di ridurre la politica ad una sommatoria aritmetica. Non è certamente sommando forze aventi visioni fortemente divergenti, tanto

in politica interna che estera, che si può sperare di rilanciare il ruolo dell'Italia nel contesto internazionale, e di poter fronteggiare gli elementi

di debolezza di un sistema Paese che attende dalla politica una capacità decisionale ormai assente da vari decenni.

Una debolezza aggravata dalle tossine ammorbanti del populismo, che oggi rappresenta il pericolo maggiore per la tenuta stessa delle istituzioni democratiche.

Isolare e sconfiggere il populismo è forse il dato più sfidante a cui è chiamata la politica. Quindi il tema non può essere ridotto alla sostituzione di

un populismo di un colore con quello di un altro.

L'obiettivo deve essere quello di deradicalizzare il sistema mediante l'isolamento delle estreme massimaliste e populiste, recuperando il ruolo del centro,

vuoi come spazio di elaborazione politico-culturale, vuoi come capacità di gestione programmatica, vuoi come fattore di stabilizzazione del sistema e di

corretto funzionamento delle istituzioni di democrazia rappresentativa.

Credo risulti estremamente difficile pensare che una coalizione che includa - assieme al Pd - Renzi e Calenda, Fratoianni, Bonelli e Conte, possa trovare

una strategia condivisa per mettere in campo politiche serie all'altezza dei bisogni. Sono forze che hanno visioni diverse, in alcune è fortemente presente

la componente populista. Come si può immaginare che temi quali il rilancio della produttività, serie politiche attive del lavoro, la riforma della burocrazia,

l'adeguamento del sistema scolastico e formativo in genere, il riequilibrio delle funzioni dei vari corpi intermedi, la riforma della giustizia, la riduzione

ed un serio riassetto della spesa pubblica, una incisiva e coerente presenza italiana negli organismi internazionali, solo per citarne alcuni, possano

trovare un approccio positivo da parte di una coalizione fortemente condizionata da spinte contraddittorie? Ad esempio, come si può conciliare il populismo

sindacale di Landini con la visione economica di Italia Viva? Ed ancora, come si può conciliare la separazione delle carriere in magistratura con il populismo

giustizialista di Conte? Come si può conciliare il sogno di un’Italia modernizzata e liberale con forze in cui culturalmente dominano i M5S e quelli che

vogliono occupare le case popolari?

Se l'analisi è corretta, il vero nodo della politica italiana è quello di lasciarsi alle spalle questo inconcludente bipolarismo. Un bipolarismo che ha

consentito alle coalizioni di vincere le elezioni ma non di governare. Nel dibattito politico sulla governabilità, si è posto l'accento sulla necessità

di riforme istituzionali: tema certamente serio e che va affrontato senza tabù, ma non può essere la scorciatoia per scansare l'altro grande tema: quello

della qualità della politica.

Occorre prendere consapevolezza che i tempi stanno cambiando e che una stagione che aveva suscitato legittime speranze e aspettative, ha esaurita la sua

forza propulsiva. Occorre creare le condizioni idonee alla nascita di nuove coalizioni, fondate su solide condivisioni politico-programmatiche, e non esclusivamente

sulla necessità di sconfiggere qualcuno. Insomma, una politica che sia a favore di qualcosa, e non come oggi accade, sostanzialmente contro qualcosa e

qualcuno.

 

Quindi no, grazie al "campo largo". Il Paese ha bisogno di un "Campo ben coltivato", che si può ottenere solo rimescolando in profondità l'attuale scenario

politico italiano. L'esito dovrà ovviamente essere anche un campo sufficientemente largo, ma il suo perimetro dovrà essere politico e non aritmetico.

Compito questo di cui possono farsi carico solo le componenti riformiste, chiamate ad uno straordinario sforzo di elaborazione e di unità, da cui questo

nuovo campo dovrà prendere le mosse.

Un "Campo ben coltivato", sia con piattaforme politico-programmatiche solide e chiare, sia con un'azione di governo all'altezza delle sfide del tempo che

viviamo.

Aprire una fase nuova della politica italiana, a partire da una nuova Legge Elettorale di tipo proporzionale, e con la previsione delle preferenze, per

sottrarre il Parlamento alla nomina delle ristrette gerarchie dei partiti e farne una istituzione veramente rappresentativa della volontà del corpo elettorale.

Non è questo un canto nostalgico, bensì una capacità di lettura della storia che cambia.

E' questa una utopia? Ora potrebbe sembrare, ma la storia ci insegna che di tanto in tanto accadono eventi improvvisi ed imprevisti. I tornanti della storia

sono misteriosi. La storia premia il coraggio e la coerenza, così come punisce coloro che non riescono a guardare oltre il proprio naso.

La scommessa dei riformisti dovrà essere quella di saper guardare in avanti, oltrepassando gli orizzonti dell'immediatezza. Occorre che trovino il coraggio

di immaginare traiettorie di medio-lungo periodo, anche sapendo incassare eventuali sconfitte e delusioni.

Concludo queste mie riflessioni riportando uno stralcio di un'intervista rilasciata dal Prof. Giuseppe Benedetto - Presidente della Fondazione Luigi Einaudi

- ad Aldo Torchiaro, per Il Riformista. Mi pare contenga spunti interessanti per tracciare la rotta su cui il riformismo potrà incanalarsi:

Cosa vede, per riordinare il sistema elettorale?

«Germania, Germania, Germania. Un sistema elettorale solido che garantisce il massimo della rappresentatività e al tempo stesso della stabilità. Proporzionale

con sbarramento al 5%».

Un sistema alla tedesca anche per dare ai partiti una identità più chiara?

«Riferiamoci alle famiglie europee, altrimenti si crea confusione. Conservatori, popolari, liberali, socialisti, verdi e sinistra radicale».

I riformisti dove stanno?

«In Europa si chiamano liberali. Chiamiamoli liberaldemocratici».

C’è spazio elettorale per loro?

«Sì, lo spazio è quello verificato tra le politiche e le europee, il 7-8%. Farebbe un errore colossale chi ritenesse che quell’elettorato si può spostare

su Forza Italia o sul Pd. Se non diamo a quegli elettori un’offerta politica, si rifugeranno nell’astensione. Sono l’elettorato più consolidato: quelli

che nella Prima Repubblica votavano Psi, Pri e per i Radicali erano la stessa fetta. Un elettorato, mi consenta di dire, colto».

Può apparire elitario. Diciamo selettivo, esigente?

«Un elettorato che non accetta di andare a destra, né a sinistra».

Né con il centrodestra, né con il centrosinistra?

«Queste due famiglie non esistono in natura. Cos’è il centrosinistra, negli altri paesi? E il centrodestra? Sono invenzioni del berlusconismo. Falsi storici

che ci portiamo dietro da trent’anni».

Dunque il centro esiste. Può esistere autonomamente?

«O esiste autonomamente o non esiste. Poi non è che il centro da solo può avere il 50% dei voti, e d’altronde nel mondo dove li ha? Può presentarsi alle

elezioni e prendere i voti, poi deciderà con chi governare. Si è sempre fatto così alle elezioni tedesche, i liberali di Fdp hanno fatto la loro campagna,

preso i loro voti e poi verificato di essere più compatibili con il programma di governo al quale era disponibile Scholz, del Spd. Così avviene nelle democrazie

europee».

Non va annunciato prima con chi ci si allea?

«Le risulta che in Spagna, Francia, Germania si precostituiscano le alleanze e poi si va a votare? Avviene il contrario, come è logico. Ciascuna sigla

dice perché essere votata e dal giorno dopo i partiti, dopo essersi pesati, si parlano per capire se possono esistere convergenze».

Lucca, 23 agosto 2024




martedì 6 agosto 2024

Luigi Marattin - Congresso e non solo - Newsletter n.49 22 luglio - 5 agosto

I Riformisti x TTR che hanno deciso di comunicare con il nuovo nome "Riformisti al Centro" condividono molte cose che da settimane sta dicendo Luigi Marattin insieme a molte centinaia di dirigenti locali di Italia Viva e ai giovani della Scuola, che Matteo ha realizzato.

Pubblichiamo integralmente l'ultima newsletter di Luigi, che ha molti richiami che non potranno essere attivati, ma che potete trovare sui Social.

francesco colucci, Riformisti al Centro 


Ciao a tutti,

siamo all’ultima newsletter prima di qualche giorno di pausa agostana. Queste
ultime due settimane sono state intense e con tanti argomenti. Andiamo per ordine.


In Italia Viva continua lo “stato di agitazione” aperto dalla decisione annunciata dal Presidente del partito Matteo Renzi sul Corriere della Sera il 19 luglio, cioè che d’ora in poi la nostra comunità politica sarà schierata col centrosinistra sia a livello nazionale che in tutte le elezioni locali.


Come sapete, non ho trovato corretto che una decisione del genere (che contraddice completamente non solo quello che Matteo ha detto fino al giorno prima, non solo la nostra posizione politica degli ultimi cinque anni ma anche il mandato con cui Matteo è stato eletto al primo – e unico – congresso di Italia Viva neanche nove mesi fa) venga presa senza far esprimere la comunità politica di Italia Viva.


Un partito che fa così non è una comunità politica, ma una proprietà privata di
qualcuno che ne dispone a piacimento e non tollera - nei fatti - che opinioni diverse vengano espresse e discusse.


Questa stessa posizione – che condanna le scelte fatte in questo modo e chiede semplicemente di poter consultare gli iscritti - è stata espressa, in modo indipendente dalla mia, anche da circa 270 dirigenti di Italia Viva (tra presidenti provinciali, metropolitani, coordinatori di zona, membri di cabina di regia e amministratori locali) e 100 giovani delle scuole di formazione che abbiamo svolto in questi anni: trovate entrambi i documenti qui e qui , se vi va di leggerli e prenderli in considerazione. 

Tra l’altro, dopo questo weekend, mi sembra che le firme dei presidenti provinciali siano addirittura aumentate! 


Se ci fosse modo di discutere serenamente, si potrebbe dar voce a chi non è
convinto che la strada migliore sia l’alleanza col centrosinistra: semplicemente perché sembra davvero complicato stringere un patto per il governo del Paese (si, quando ci si candida non lo si fa per trovare il posto in Parlamento a qualcuno, ma per cambiare il Paese) con chi ha opinioni radicalmente opposte alle nostre su fisco, welfare, energia, ambiente, politiche di sviluppo, giustizia, politica estera e praticamente ogni altra dimensione della vita pubblica.  

 

Anche perché – e questo forse non è stato sufficientemente considerato – non è poi così pacifico che da quella parte muoiano dalla voglia di averci: guardate ad esempio qui un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca di Antonio Noto, che dovrebbe quantomeno indurre ad una riflessione. 


Io ad esempio la penso in modo diverso e… a settembre su questo ci sarà qualche novità!

 

In ogni caso, potete se volete recuperare questi (ed altri concetti) in queste mie due interviste a La Stampa  e Repubblica, in questa a Zapping - Radio1 e in queste dichiarazioni ai giornalisti fuori da Montecitorio.


In tutte queste iniziative sono stato sempre attento a non usare mai nessuna parola di attacco personale nei confronti di nessuno: qui si parla di politica, non di quello che si pensa di questa o quella persona. Anche perché persino qualora le strade si dividano, non c’è motivo per attaccare o insultare le persone con cui hai condiviso 15 anni di strada e con cui, comunque vada, rimarranno ricordi splendidi.


La reazione però non è stata dello stesso livello. Sui social qualche persona vera e decine di profili finti predisposti da chi evidentemente sognava di lavorare per l’ufficio comunicazione del M5S ha iniziato a insultare pesantemente sia me (se n’è accorto Il Tempo qui) che i dirigenti territoriali che avevano ritenuto di chiedere la possibilità di discutere. 

 

Gli insulti a me vanno bene, non mi preoccupano. Ma aggredire in questo modo, anche se con profili anonimi e finti,  militanti e dirigenti di base  che si sono spaccati la schiena anche per far prendere a qualcuno le millemila famigerate preferenze ed hanno il solo torto di chiedere una discussione ampia è un qualcosa che davvero lascia perplessi. 


E dal Presidente nazionale c’è stata solo una lettera molto nervosa – e me ne
dispiace sinceramente – in cui in pratica dice che decide lui e basta, e gli altri è meglio che stiano zitti perché lui in passato li ha candidati in collegi sicuri, li ha fatti diventare presidenti di commissione. Quindi “zitti e ringraziate”, e basta.


Come ebbi già modo di dire nel documento politico che presentai allo scorso (primo e unico) congresso di Italia Viva nell’ottobre 2023, penso che una comunità politica che si regge sul rapporto di subordinazione e eterno riconoscimento al Capo che ti ha, nella sua infinita bontà, concesso  di avere qualche ruolo non sia una comunità sana. Il legame che dovrebbe reggere una comunità non è questo, ma la comune visione di società e il rispetto reciproco. Verso il leader, ma anche verso chiunque altro, soprattutto chi ha un’opinione diversa. Altrimenti più che una comunità politica sembra una comunità religiosa. 


In ogni caso, vedremo alla ripresa dopo le ferie. Sempre con serenità e senza mai offendere nessuno.

 L’argomento che viene usato molto in queste settimane (“l’Assemblea Nazionale del 28 settembre è sovrana, deciderà in autonomia!”) è purtroppo non corretto. Se il Presidente non vuole il Congresso – come ha chiarito in più occasioni, rimangiandosi quanto dichiarato fino a pochi giorni prima – l’Assemblea non ha modo di indire un congresso a meno di non sfiduciare il Presidente. Che penso non sia l’obiettivo di nessuno.

 

Il modo per rendere davvero sovrana l’Assemblea Nazionale invece sarebbe spaventosamente semplice: il Presidente annuncia le sue "dimissioni tecniche" 

 

In quel modo l’Assemblea ha due scelte:


a) Indice un Congresso in cui far esprimere tutti gli iscritti sulla nuova linea
politica
b) Non considera necessario il Congresso e si attribuisce il diritto di decidere per conto di tutto il partito: allora, se vuole, può rieleggere il Presidente dimissionario.


Naturalmente l’opzione b) – sebbene, questa sì, perfettamente legittima a norma di statuto – sarebbe politicamente molto strana….non solo perché, come detto più volte, una scelta strategica che impegna il partito per anni non può che essere presa dagli iscritti, ma anche perché l’Assemblea Nazionale non è stata eletta, ma nominata dal Presidente stesso….
 

Ma passiamo ad altro. Era ora, lo so….Ma non certo perché quanto detto finora rappresenti un inutile orpello o un fastidio. Certo immagino sia così per chi si aspetta sempre e soltanto un semplice  “signorsì” dopo ogni parola; ma quando si fa politica  il modo in cui una comunità sta insieme è fondamentale. Tanto quanto le grandi strategie mondiali e planetarie.


Per il secondo anno consecutivo sono stato invitato alla festa della Lega in Romagna per un dibattito con il loro capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. 
Un dibattito civile e di merito, tra opinioni diverse. Come dovrebbe essere in uno spazio pubblico che mira alla crescita, e non alla distruzione.


Qui potete trovare un paio di considerazione sul tema della ZES unica ma soprattutto sull’approccio da pubblicità ingannevole che ha questo governo su un tema importantissimo come quello delle tasse e delle piccole imprese.


Sempre a proposito di questo argomento qui potete trovare la mia dichiarazione di voto, a nome di Italia Viva, sul consuntivo 2023 e assestamento di bilancio 2024.

Il 25 luglio invece sono stato ospite di Sky Economia dove abbiamo parlato di
PNRR, mercati finanziari e crescita e concordato preventivo biennale. Ospite insieme a me c’era il sottosegretario Leghista Freni al quale ho fatto fatto una semplice domanda, a fronte del suo inaspettato liberismo visto il suo partito di appartenenza.
La trovate qua.


Nel frattempo sono iniziate le Olimpiadi, con il loro bel carico di polemiche. E una punta di amarezza. Queste Olimpiadi si sarebbero potute svolgere a Roma se il M5S con il suo populismo non l’avesse impedito.

Per le polemiche, soprattutto riguardanti la pugile algerina, vi rimando a questo mio tweet qua ​ ispiratomi dall’intervento di un sottosegretario di Forza Italia che sostanzialmente dice ai suoi colleghi di maggioranza “basta sciocchezze”.


Per chi ha continuato a seguire il dibattito parlamentare, nonostante il caldo che invita giustamente a fare altro, un altro tema che ha tenuto banco è “l’abolizione del redditometro”. Qui e qui vi dico come stanno realmente le cose e vi spiego perché al riguardo Lega e Fratelli d’Italia meriterebbero una multa al pari di quella ricevuta da Chiara Ferragni. 

 

Piccola nota di colore: nei giorni scorsi alla Camera si discutevano gli ordini del giorno, e chi mi conosce sa bene quanto io poco apprezzi questa pratica (usando un eufemismo). Ad un certo punto però sono dovuto intervenire anche io stimolato dall’intervento della collega grillina Appendino. Non vi voglio fare spoiler ma ve ne consiglio fortemente la visione.

 

Anche quest’anno nell'anniversario della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 la politica ha dato il peggio di sé. Sul mio sito trovate una mia riflessione che non si sofferma tanto sul “chi” ma sul “perché” di quella strage. E non solo di quella strage.
 

Mi sembra sia tutto. 

 

Auguro a tutti voi uno splendido mese di agosto in cui ricaricare energia e entusiasmo. 

 

E ricordate cosa diceva il Maestro Francesco De Gregori:
“Questa notte passerà senza farci del male. Questa notte passerà. O la faremo
passare”.


Un abbraccio,
Luigi.


 Per leggere il sito di Luigi Marattin


https://www.luigimarattin.it  





 


 

domenica 4 agosto 2024

La buona politica: l'unico vaccino per sconfiggere l'antipolitica di Paolo Razzuoli

In un tempo di imperante antipolitica, affermo che la politica è una delle attività umane più nobili e necessarie per la convivenza civile.

Naturalmente occorre intendersi bene sul senso della politica.

Per questo chiedo soccorso all'etimologia: il termine "politica" deriva dal greco classico ed è costituito da due parole: "Polis", la città stato, e "techne",

tecnica o arte. Quindi la politica è l'arte - o la tecnica - di amministrazione della Polis, insomma dello Stato.

Quindi un'attività fondamentale per la convivenza civile, senza la quale nessuna comunità potrebbe vivere in modo armonico ed ordinato. Tanto meno la nostra,

stante le complessità delle società contemporanee.

Infatti Pericle definisce la politica «l'arte di vivere assieme».

Ed Aristotele: politica" significa l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini

partecipano".

 

Se poi sia più una scienza o un'arte, può incuriosire il giudizio di Otto Von Bismarck: "La politica non è una scienza, come molti signori professori s'immaginano,

ma un'arte."

Ma allora perché oggi è così diffuso il rifiuto della politica?

La risposta va ben articolata per evitare populistiche generalizzazioni. Ma certo, nel tempo che viviamo, in Italia ma non solo, credo sia assai palpabile

un processo degenerativo della politica che ha progressivamente allontanato la gente da essa, ma non solo, ha creato una diffidenza ed un rigetto, nel

quale si è progressivamente inoculato il virus del populismo e del sovranismo, estremamente pericolosi per la tenuta delle istituzioni di democrazia rappresentativa.

Dicevo non solo in Italia, anche se solo di essa mi occupo in queste mie riflessioni.

Pur non intendendo in alcun modo affrontare il tema della storia della politica, non può sfuggire che processi di degenerazione di essa sono riscontrabili

sin dai tempi più antichi: Basti pensare alla storia ateniese, che pur della democrazia è stata la culla, ed agli scritti di Tucilide che ne denunciano

la degenerazione.

Inoltre vanno considerate le profonde differenze fra l'esercizio della politica in un sistema autoritario, rispetto al sistema democratico: insomma il

Principe di Machiavelli è tratteggiato in uno scenario totalmente diverso da quello in cui opera un politico in una moderna democrazia liberale quale è,

salvo varie storture, quella italiana.

Se all'uscita dalla seconda guerra mondiale la politica godeva di una forte fiducia, attestata anche dall'elevatissima partecipazione al voto, con il trascorrere

dei decenni questa fiducia si è affievolita, sino a raggiungere gli attuali livelli di guardia. Questa progressiva sfiducia è anche rintracciabile in frasi

di figure celebri:

Enrico Berlinguer: “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela.”

Dario Fo: "Come esistono oratori balbuzienti, umoristi tristi, parrucchieri calvi, potrebbero esistere benissimo anche dei politici onesti."

Roberto Gervaso: "Buon politico è chi sa mentire; grande politico chi finisce col credere alle proprie menzogne."

Ma una idea di politica molto disinvolta non è certo soltanto un fenomeno dell'oggi. Ne fa fede questa frase di Otto Von Bismarck: "Non si mente mai così

tanto prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia."

Ma riprendendo il filo del discorso, quali sono i principali tratti della degenerazione politica dell'oggi?

Anzitutto una classe politica sempre più interessata ad autoconservarsi anziché essere realmente rappresentativa dell'elettorato. Per ragioni ben note,

l'elettorato è stato privato della possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Ormai da decenni, la scelta della classe politica, soprattutto a livello

parlamentare ma non solo, viene fatta da strettissime consorterie di partito, anch'esse prive di una legittimazione dal basso. Infatti, i partiti si sono

progressivamente trasformati in entità leaderistiche, in cui il coinvolgimento della base o non esiste, o laddove esiste è poco più che un vuoto rituale.

In secondo luogo la politica si sta rivelando sempre più incapace di affrontare le sfide della contemporaneità, quali la globalizzazione, le migrazioni,

l'innovazione tecnologica e digitale, i cambiamenti climatici. Partendo dal presupposto che ciò che importa è la raccolta del consenso, all'elettorato

si cerca di dire ciò che esso si vuol sentir dire, anche dando sfogo alle peggiori pulsioni populiste, quindi di pancia più che di testa. Pulsioni che

nei social trovano un formidabile strumento di diffusione, e nel basso livello culturale dell'elettorato il più fertile terreno di coltura. E' ovvio che,

posto che poi le promesse si rivelano irrealistiche, la sfiducia ed il rigetto risulteranno conseguenti.

A proposito della vacuità delle promesse dei politici, voglio riportare una citazione attribuita al leader sovietico Nikita Chrušcëv: "Gli uomini politici

sono uguali dappertutto. Promettono di costruire un ponte anche dove non c’è un fiume."

Chi ha i capelli grigi come me, e ricorda Cruscev, fa un po' fatica ad attribuirgli questa frase; l'ho trovata su Internet e mi è sembrata utile riportarla.

E ancora, i politici sembrano più interessati alle "mosse" per assicurarsi ruoli personali, anziché mettere in primo piano l'impegno per la soluzione dei

problemi dell'agenda politica. Un conto è la "Politica" e altra cosa è il gioco politico. Si ha la netta sensazione che prevalgano, nelle loro scelte,

questioni di ruoli e di posizionamento personale, appunto di gioco politico, in luogo della coerenza di visione politica e di lavoro serio e costante per

l'individuazione delle soluzioni ai problemi.

Intendiamoci bene, come tutte le attività umane, anche la politica ha i suoi strumenti e le sue strategie. La ricerca del potere, quando è considerato lo

strumento per il concreto agire, è deltutto legittimo. Il potere è necessario poiché solo attraverso di esso, è possibile il possesso degli strumenti per

incidere realmente sulle scelte. Quindi il problema non è la ricerca del potere, bensì l'uso che ne viene fatto. Se il potere è finalizzato alla realizzazione

di un progetto politico, è deltutto legittimo che lo si cerchi; se il potere è invece asservito ad interessi di carriera personale, allora è un altro paio

di maniche.

Oggi è sempre più dominante l'impressione che il potere rappresenti uno strumento di conservazione di ruoli e posizioni personali; non stupisce quindi

il rifiuto sempre crescente che serpeggia fra la gente.

Naturalmente voglio tenermi distante da qualsiasi generalizzazione; ma il sentire della gente è questo e, al di là delle buone intenzioni, non sembra ci

sia una autentica presa di coscienza della situazione.

Una sfiducia che si traduce in una crescente astensione dal voto che, alle ultime elezioni europee, ha superato il 50% degli elettori. E' un dato pericoloso,

stante l'affanno in cui si muovono le democrazie liberal-rappresentative; la democrazia va presidiata con la partecipazione; la sua caduta non fa che accrescere

i rischi di una sua involuzione.

Un altro pericoloso dato della crisi è l'assunto populista secondo cui "uno vale uno". In questi decenni, di progressiva accentuazione di pulsioni antipolitiche,

si è demonizzato il professionismo politico. Niente di più falso: la politica è un'attività estremamente impegnativa che richiede studio, costanza, capacità,

sacrificio. Va nettamente distinta la ricerca di ruoli politici quali mezzi di sussistenza, da un professionismo fatto di studio, di lavoro, di impegno

nelle varie sedi in cui la politica viene esercitata.

Va smentita insomma questa frase qualunquista che su Internet ho trovata attribuita a Roberto Benigni: "La politica è l’unico mestiere dove non è richiesto

saper fare niente."

Utile la distinzione di Max Weber: "Ci sono due modi di fare il politico: si può vivere “per” la politica oppure si può vivere “della” politica."

E ancora il grande sociologo tedesco: "la politica non è che aspirazione al potere e monopolio legittimo dell'uso della forza e, per questo, richiede l'operato

di appositi professionisti"

Ed infine l'altro assunto populista che pretende di contrapporre una società sana ad una classe politica corrotta (la casta appunto). Niente di più fuorviante.

Sostanzialmente, ogni società ha la politica ed il governo che si merita. Attribuire l'intera responsabilità agli altri è il classico mezzuccio italiano

per sottrarsi dalle proprie responsabilità. Montanelli sagacemente ha scritto: "L’Italia ha la classe politica che si merita. Siamo sicuri che ne troveremmo

di migliori? E se ne trovassimo, che cosa, quale “popolo” rappresenterebbero?"

ho molto indugiato sulla "cattiva politica" giacché, credo, che sia lì che vadano ricercate le principali cause dell'imperante "antipolitica". Credo che

il rigetto della politica possa essere combattuto con un unico vaccino: la "Buona Politica". E mi rendo ben conto che l'inversione di tendenza non è semplice,

poiché richiede la messa in discussione di atteggiamenti e criteri fortemente consolidati.

Tanto difficile che, quasi sempre, si pone l'accento su aspetti secondari dei problemi, in mancanza del coraggio e della determinazione necessari per affrontarne

i tratti salienti.

Altra tentazione è quella di ritenere che i problemi risiedano solo nell'inadeguatezza della nostra architettura istituzionale.

Posto che sono deltutto favorevole a riforme istituzionali fatte con criterio e rispondenti ad obiettivi ben individuati, pongo l'accento sulla necessità

di distinguere con chiarezza i temi istituzionali da quelli della qualità della politica.

Le due traiettorie sono complementari e sarebbe illusorio pensare che problemi tanto complessi possano essere risolti con scorciatoie istituzionali, peggio

ancora se immaginate per ridurre il ruolo di fondamentali istituzioni della democrazia rappresentativa.

In un mio articolo, intitolato "Obiettivo Democrazia governante: Qualità della politica e riforme istituzionali", pubblicato su Fucinaidee nel 2023, ho

cercato di approfondire questi temi. Correlato a questo contributo allego il testo di quelle riflessioni.

Quindi rapidamente, quali possono essere le traiettorie di una nuova "Buona Politica"?

Ridare rappresentatività alla classe politica ripristinando meccanismi di reale scelta da parte dell'elettorato;

Individuazione di un personale politico adeguato, anche professionalmente, sapendo che ciò implica anche il riconoscimento di un adeguato compenso;

Ed ancora, scelta di un personale politico che sappia sottrarsi alla "dittatura del presente" dei sondaggi, e che sappia immaginare una prospettiva di

ampi orizzonti per le sfide della contemporaneità;

ed infine, scelta di un personale politico che sappia far buon uso del potere (è da animelle candide demonizzare l'esercizio del potere), utilizzandolo

non quale strumento di sistemazione personale, ma quale mezzo necessario per dare concretezza alla propria visione politica.

Poche parole sui partiti, che pur sono uno strumento fondamentale per l'esercizio della democrazia: superamento degli attuali partiti leaderistici, tornando,

se pur con le diversità implicite nelle trasformazioni dei tempi, a forze organizzate attorno a leader e non a padroni legittimati dalla base degli iscritti,

che sappiano riprendere il loro ruolo di strutture intermedie fra società ed istituzioni, e che riprendano anche il ruolo di fucine per la formazione della

classe dirigente.

E' questa una illusoria utopia?

Può anche darsi, ma credo che questa rappresenti l'unica strada per sconfiggere seriamente le tossine ammorbanti dell'antipolitica.

Credo che l'unico vaccino utile sia quello della "Buona Politica". E' una sfida gigantesca che attende la politica italiana, e non solo quella. Oggi le

democrazie occidentali sono minacciate sia sul fronte esterno che su quello interno: quest'ultimo, le pulsioni populiste e antipolitiche, forse ancor più

minaccioso dei fattori esterni.

Vedremo quale china prenderanno gli eventi!!!

 

Documento correlato

 

Obiettivo Democrazia governante: riforme istituzionali e qualità della politica

di Paolo Razzuoli

 

Lucca, 2 agosto 2024