Sul senso dell'uguaglianza si è scritto e detto moltissimo, a partire dalla filosofia classica. Qui non voglio certo addentrarmi nella storia di come le epoche e culture hanno interpretato questo concetto. Mi limito ad un interrogativo di fondo: "che cosa significa uguaglianza?" Di quale uguaglianza parliamo?" la politica fa ampio uso di questo termine; Usiamo questa parola moltissime volte durante la giornata e, spesso, per rivendicarne un significato preciso. Ma siamo proprio sicuri di intendere la stessa cosa? Perché di uguaglianza si può parlare in tanti modi e con significati diversi. In estrema sintesi, forse eccessivamente semplificatoria, credo si possano elencare tre principali concetti di uguaglianza che si sono scontrati negli ultimi due secoli. Il primo è quello di uguaglianza giuridica, il che vuol dire che non ci devono essere leggi che valgono solo per un certo tipo di cittadini, il primo, il secondo e il terzo stato, o per una certa casta, ma che i diritti fondamentali (solitamente civili e politici) sono garantiti a tutti. Il secondo concetto è quello dell'uguaglianza delle opportunità o, "delle chances, o dei punti di partenza", cui si aggiunge necessariamente il principio del merito per la determinazione dei risultati. Il terzo è quello dell'uguaglianza di fatto, quello dei punti di arrivo per cui tutti debbono avere le medesime risorse. Se dovessimo illustrare queste diverse idee di uguaglianza facendo riferimento a una corsa, il concetto di uguaglianza giuridica ci direbbe che la gara è giusta se vince chi taglia per primo il traguardo, non chi ha il titolo di conte, barone, marchese, e così via. Il concetto di uguaglianza delle opportunità ci direbbe che una società è giusta se, partendo da uno stesso punto, vince chi taglia per primo il traguardo senza aiuti di sorta, ma solo in base al proprio merito, alla propria volontà, al proprio senso di responsabilità. In questa visione il criterio del merito diventa il criterio "giusto" per l'attribuzione dei premi proprio perché esiste anche un'uguaglianza delle opportunità. Il concetto di uguaglianza di fatto o dei punti di arrivo ci direbbe che una società è giusta se tagliano il traguardo tutti insieme, dandosi la mano. A questi tre modi di intendere l'uguaglianza, corrispondono altrettante visioni politiche: Il primo caso (uguaglianza giuridica), ci propone il modello liberale ottocentesco: lo stato deve fare in modo che la legge sia uguale per tutti, ossia deve garantire che il premio venga dato a chi effettivamente ha tagliato il traguardo per primo. Non è però compito dello stato quello di verificare se, e garantire che, tutti abbiano avuto le stesse possibilità di tagliare il traguardo per primi. Nel secondo caso (uguaglianza delle opportunità), non solo lo stato deve garantire l'uguaglianza giuridica, ma deve anche garantire un'adeguata uguaglianza dei punti di partenza. Ed infine il terzo caso (uguaglianza di fatto), è compito dello stato garantire che tutti taglino il traguardo insieme, il che vuol dire che chi è naturalmente più veloce deve dare una mano a chi è naturalmente più lento. Come dicevo sopra si tratta di una schematizzazione assai semplicistica, ma mi sembra possa rendere efficacemente l'idea di come il concetto di uguaglianza possa essere declinato in modi deltutto diversi. Ne deriva che quando si sente parlare dalla politica di uguaglianza, occorre chiedersi cosa realmente con ciò voglia intendersi, giacché a seconda del significato che le si attribuisce, si evoca un certo modello di società Le società differiscono nella misura in cui si dà prevalenza all'uno o all'altro concetto di uguaglianza e a quanto lo stato si debba impegnare per garantire la realizzazione dell'uno o dell'altro concetto. Temi fondamentali e discriminanti, per orientare le scelte elettorali. Sempre in estrema sintesi, si associa spesso al "liberismo" il concetto di uguaglianza di fronte alla legge, alla "democrazia sociale" quello di uguaglianza nei punti di partenza e al "comunismo" quello di uguaglianza nei punti di arrivo. Ebbene, qual'è l'idea di uguaglianza in una moderna società democratica, secondo la visione di una prospettiva libheral-riformista? Ecco la mia risposta. Circa l'uguaglianza di fatto, quella cioè riconducibile ad una visione comunista, la storia già si è incaricata di darci la risposta. Abbiamo già visto quali danni possono fare le visioni millenaristiche e massimaliste. basta citare Salvemini: "Se l'uomo pretende il paradiso negando il purgatorio, sicuramente avrà l'inferno". E l'inferno hanno avuto coloro che per buona parte del XX secolo sono stati posti sotto il giogo del comunismo. La sola "uguaglianza formale" ormai non è più sufficiente perlomeno in Europa, dove si è affermato un umanesimo che ha comportato, se pur in modo diverso, lo sviluppo e l'affermazione di politiche di Welfare e di pisioni ispirate ad economie sociali di mercato. A questo proposito può essere interessante riguardare l'opera dell'economista cattolico tedesco Wilhelm Roepkee. Rimane l'uguaglianza delle opportunità: quella che mi sembra più coerente con la visione liberal-democratica, in una moderna società. Quindi "uguaglianza" per consentire a ciascuno di potersi realizzare ma, allo stesso tempo, spazi di libertà per potersi affermare secondo il proprio merito e le propie capacità competitive. Ovviamente nel rispetto della dignità della persona, quindi garantendo anche a chi rimane indietro, le condizioni per una vita dignitosa. Quindi nel solco del "Welfare State", e di una visione ispirata all'economia sociale di mercato. Uguaglianza delle opportunità che in Italia affonda le radici nell'Art. 3 della Carta Costituzionale che così testualmente recita: " Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." Analogamente per l'istruzione all'art.34 dove si fa riferimento al merito: "La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso." Come si vede, parlare di uguaglianza meritocratica e competitiva non è così contraddittorio. L'uguaglianza delle opportunità non esclude in alcun modo il merito e la competitività. Anzi, entrambi sono stimoli fondamentali per la crescita, senza la quale vengono meno anche gli strumenti per garantire parità di condizioni di partenza. Senza crescita si ferma anche quell'ascensore sociale che può garantire a ciascuno di compiere il proprio percorso secondo le proprie capacità ed il proprio merito. In Italia, la meritocrazia e la competitività hanno sempre trovato vita difficile, e chi ha provato a mettere in campo qualche idea per stimolarle non ha avuto fortuna. Il merito, soprattutto dalla fine degli anni '60 in poi, ha trovato diffuse ostilità a partire dal mondo della scuola, dove l'idea di uguaglianza è stata interpretata come uguaglianza di arrivo, con il conseguente abbassamento del livello dell'istruzione ora sotto gli occhi di tutti. Analogo ragionamento riguarda la Pubblica Amministrazione, in cui è stato abbattuto qualsiasi criterio meritocratico, agganciando gli scarni avanzamenti di carriera al solo parametro dell'anzianità di servizio. Circa la competitività, trova ostacoli nelle difese corporative, che si innalzano ogni qualvolta si tenta di immettere nel sistema qualche boccata di aria nuova in questa direzione. Ebbene, proprio su questo terreno un progetto politico liberal-riformista dovrebbe trovare la capacità di una sintesi all'altezza delle sfide del tempo che viviamo: Garantire una effettiva uguaglianza delle opportunità, in un contesto di libertà che consenta a ciascuno di esprimersi, con le proprie capacità, con il proprio coraggio, con la voglia di sapersi mettere in gioco. In poche parole, valorizzando finalmente il merito e la competitività. E' una sfida difficile: ma senza coraggio non si riuscirà a risollevare questo Paese da quella sorta di torpore in cui sembra essersi adagiato.
Lucca, 21 settembre 2024
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