Vogliamo far riflettere, come Riformisti, su questa enorme crisi economica che si sta abbattendo sull’Italia
Proteste e ribellioni si stanno moltiplicando, man mano che
questa crisi, finiti i parziali sussidi, avanza nel paese, lasciando milioni di disoccupati, nuove povertà, chiusure di migliaia attività economiche
private.
Questo
periodo che stiamo iniziando a vivere ha qualche riferimento con la crisi
profonda e le lotte del sessantotto?
Allora le lotte, come oggi, apparvero spontanee, fuori dai sindacati e dai partiti.
Studenti e operai
scesero in Piazza, dapprima in pochi e poi sempre più numerosi, contro le
disuguaglianze presenti della società italiana.
Il Governo di allora, tutti partiti, tutti i sindacati furono presi di sorpresa e scavalcati.
Fu un
movimento spontaneo sorto nelle università e nelle fabbriche, prima in Francia,
poi in Italia, poi in molte parti del Mondo.
Un osservatore
superficiale dirà che c’entra il 68 con oggi. Vediamo.
Allora fu lotta di classe, la classe operaia unita agli studenti contro le classi dominanti.
Si prospetta oggi ugualmente una nuova, ma diversa lotta di classe, portata avanti dai i NON garantiti in questa crisi Pandemica che si sentono abbandonati da Istituzioni e dalla solidarietà dei garantiti,
Come allora
le manifestazioni più dure sono spontanee, scavalcano partiti e i gestori delle
categorie economiche.
Per ora
siamo all’inizio, ma l’acqua di vegetazione per far cresce le proteste e le
ribellioni c’è: nuove povertà, mancanza di lavoro, chiusure di attività, grande disperazione.
Anche nel ’68
tutto partì da poche proteste che nessuno curava, ma in breve divennero decine
di migliaia, prendendo di sorpresa coloro che ne avevano sottovalutato l’inizio.
Credo che
dobbiamo dare più attenzione al disagio sociale che sta crescendo nel paese,
man mano che la crisi si aggrava.
Dobbiamo dedicare ascolto, tempo e cura ai problemi di vita di tutti coloro che lavorano nel privato ed essere loro punto di riferimento.
Soprattutto
non si può buttare benzina sul fuoco, criminalizzando chi protesta, perché così
si rischia veramente di incendiare il paese.
Pubblico le parole della Canzone di Pierangeli, scritta un paio di anni prima del 68 che
divenne il simbolo di quella grande mobilitazione di popolo.
La cantavamo allora sempre e dovunque e le prime strofe sono profetiche, ricordano i commenti letti dei garantiti, in questi giorni sulla stampa.
CONTESSA
Che roba contessa all'industria di Aldo,
han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti,
volevano avere i salari aumentati,
dicevano pensi, di essere sfruttati.
E quando è arrivata la polizia
quei quattro straccioni han gridato più forte,
di sangue han sporcato i cortili e le porte,
chissà quanto tempo ci vorrà per pulire.
Compagni dai campi e dalle officine
prendete la falce e portate il martello
scendete giù in piazza e picchiate con quello
scendete giù in piazza e affossate il sistema.
Voi gente per bene che pace cercate,
la pace per fare quello che voi volete,
ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra,
vogliamo vedervi finire sottoterra.
Ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato,
nessuno più al mondo dev'essere sfruttato.
Sapesse contessa che cosa mi ha detto
un caro parente dell'occupazione,
che quella gentaglia rinchiusa là dentro
di libero amore facea professione.
Del resto mia cara, di che si stupisce,
anche l'operaio vuole il figlio dottore
e pensi che ambiente ne può venir fuori,
non c'è più morale contessa.
Se il vento fischiava ora fischia più forte,
le idee di rivolta non sono mai morte,
se c'è chi lo afferma non state a sentire
è uno che vuole soltanto tradire.
Se c'è chi lo afferma sputategli addosso,
la bandiera rossa ha gettato in un fosso
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