Pubblichiamo un articolo del Prof.Paolo Razzuoli sulla crisi del Terzo Polo.
E' sufficiente provare a parlare dell'argomento con qualcuno, per toccar con mano la sfiducia di cui gode in Italia la politica e, più in generale, la gestione della cosa pubblica. Un atteggiamento che, direi inevitabilmente, si riflette sulla diserzione delle urne che, come si è visto alle recenti elezioni europee, ormai supera il 50% degli aventi diritto al voto.
Uno scenario che certo non giova alla salute della democrazia, un pericolo di cui si parla per qualche giorno dopo le elezioni, e che puntualmente va nel dimenticatoio salvo riprenderlo alla successiva scadenza elettorale: così è puntualmente accaduto negli ultimi decenni allorché la partecipazione al voto è progressivamente scesa.
Mi rendo perfettamente conto della difficoltà del problema e dello straordinario sforzo che va messo in campo per cercare di risolverlo. Uno sforzo che va, a mio modo di vedere, articolato su tre versanti, da un lato una profonda revisione del sistema politico, in secondo luogo operando alcuni necessari nterventi di modifica istituzionale, ed in fine la presa di coscienza che è improcrastinabile un salto nella qualità della politica.
Tre canali di intervento complementari e necessari, per cercare di raggiungere l'obiettivo di una democrazia realmente governante e, nel contempo, di cercare di ricucire quel tessuto di fiducia fra società ed istituzioni che ora si è pericolosamente rotto.
Una rottura ancor più pericolosa, posto che in essa si sono inserite le più devastanti pulsioni populiste: pulsioni che alimentando le spinte antipolitiche contribuiscono in modo determinante a rompere quella coesione fra società ed istituzioni che costituisce la pietra miliare della democrazia rappresentativa.
Attorno a questi punti credo
possa essere costruita una credibile proposta di una forza riformista nella
quale potrebbero forse anche riconoscersi molti
di quegli elettori delusi e smarriti che non si presentano più alle urne. Una proposta riformista di natura liberal-democratica, che andrebbe costruita con una grande attenzione ai contenuti, per far sì che il riformismo non sia una parola vaga in cui più o meno tutti possano riconoscersi, bensì una piattaforma chiara nei metodi e nei contenuti, che indichi la meta e la traiettoria che si intende seguire.
In questi decenni, il bipolarismo italiano, delresto frettolosamente nato nella temperie politica del golpe mediatico-giudiziario di tangentopoli e di mani pulite, si è dimostrato inadeguato ad affrontare i tanti nodi in cui si dibatte il sistema Italia.
Credo che non sfugga a nessuno che quasi tutti i problemi dell'oggi sono gli stessi di quasi trent'anni fa, aggravati dalla inevitabile azione corrosiva del tempo: scarsa produttività, mancanza di una politica industriale seria, burocrazia invadente, inefficiente ipertrofica e costosa, problemi della giustizia, mancanza di visione nelle scelte politiche strategiche, decadimento di importanti servizi pubblici essenziali quale ad esempio la sanità. A ciò va aggiunta la debolezza dei numerosi governi che si sono succeduti, siano essi stati governi politici o tecnici, in una girandola ben nota su cui non serve indugiare.
Un bipolarismo, il nostro, che è servito sì per vincere le elezioni, ma non certo per governare. Infatti, non raramente, le varie componenti dei "poli" hanno poi fatto scelte diverse, ma, anche quando ciò non è accaduto, abbiamo assistito, come delresto anche nel momento presente, a fortissime conflittualità fra forze alleate nella maggioranza governativa. E ancora: vi immaginate Renzi, autore del Jobs Act, assieme a chi vuole cancellarlo? E ancora: vi immaginate i garantisti di Italia Viva assieme ai giustizialisti che a Genova hanno manifestato per le dimissioni di Giovanni Toti, imprigionato con una procedura che richiama il tribunale dell'inquisizione?
Una situazione che non consente certo di affrontare le difficili sfide poste da un serio disegno riformista, che richiede credibilità, coesione e forza politica.
A nessuno può inoltre
sfuggire la tendenza alla radicalizzazione dello scontro politico, che vede
sempre più rafforzarsi le componenti più estreme dei poli.
Una tendenza non solo italiana, come le recenti vicende francesi attestano, che impone scelte volte alla deradicalizzazione del sistema politico, che può essere ottenuta solo tramite la presenza di una forte componente centrista quale fattore di stabilizzazione del sistema.
La sfida vera è quella di
sconfiggere i populismi di destra e di sinistra. Non è certo quella di
sostituire i populisti di destra con quelli di sinistra.
Credo insomma che occorra il coraggio e la consapevolezza di prendere atto del fallimento di questo inconcludente bipolarismo che, con le sue debolezze e contraddizioni si è posto come fattore inibente di ogni tentativo di intervenire seriamente sulle fragilità del nostro sistema paese.
E non si può dire che segnali incoraggianti non siano giunti dall'elettorato. IL risultato ottenuto dal cosiddetto "Terzo Polo" alle elezioni del 2022, è stato sicuramente incoraggiante. E lo è stato ancor più laddove si considerino le circostanze che hanno portato alla definizione della proposta, presentata all'ultimo tuffo, e con molti dubbi sulla sua tenuta, stante l'inettitudine alla leadership dei due maggiori rappresentanti di Italia Viva ed Azione, ovvero le componenti che nell'esperienza si sono riconosciute.
Dubbi che poi si sono
rivelati purtroppo veritieri, stante le vicende che hanno portato l'esperienza
a dissolversi come neve al sole.
E qui mi corre l'obbligo di
tornare nuovamente sulla mancanza di leadership di Renzi e Calenda, una
mancanza che si è tradotta nel fallimento dell'esperienza.
Due parole sul senso della leadership. - La leadership è la capacità di farsi interprete e garante delle volontà collettive, gestendone le strategie ed aiutandone la crescita politico-culturale. E' dunque cosa ben diversa dall'amministratore delegato o dal presidente di una società per azioni.
La leadership è un'attitudine deltutto diversa da quella del dirigente d'azienda, e di leadership non c'è stata traccia, in una gestione che ha visto Italia Viva ed Azione considerate come strumenti di propietà di chi se ne è servito anzitutto per le proprie mire personali.
Da qui il mio rifiuto di aderirvi, anche se, auspicando la nascita di un polo che consentisse il superamento dell'attuale bipolarismo, in varie circostanze ho offerto vicinanza all'esperienza.
Certo alle Europee le cose sono andate male circa il risultato pratico. Ma vogliamo un attimo soffermarci sulle cause e sul modo con cui la proposta è stata presentata?
Non solo i due gruppi si sono
presentati divisi, ma non possiamo ignorare nemmeno il percorso accidentato in
cui dal
credibilità pensate che possano avere forze che, sotto la guida di figure sprovviste di vera leadership, hanno dato vita ad un "teatrino" del ridicolo e dell'assurdo?
Ebbene, il risultato del quasi 8% capitalizzato da Azione e da Stati Uniti d'Europa, non è certamente poco quale base di partenza per una nuova esperienza politica.
Certo occorre saperla costruire, anzitutto liberandola dalla ingombrante tutela dei due "galli cedroni", interessati a combattersi in barba a chi, nelle loro rispettive basi, credeva sinceramente nel progetto.
Speriamo quindi che il percorso possa proseguire. Ne conosco benissimo le difficoltà, ma so anche che la storia ci insegna che molte volte dopo le iniziali difficoltà i buoni progetti politici possono prendere il largo.
Renzi ha scritto che le elezioni europee hanno sancito l'irrilevanza del Terzo Polo: un'affermazione che offende qualsiasi intelligenza politica. Se Renzi ha deciso di privilegiare il suo posizionamento personale, ha tutto il diritto di farlo, ma non prenda in giro.
Se c'è un dato che emerge da queste elezioni europee, è proprio quello di lavorare per la costruzione di un serio polo centrista, liberal-riformista, partendo dal consenso ottenuto da coloro che ad esso si richiamano, ancorché in questa occasione presentatisi incolpevolmente divisi.
E qui ci sarebbe da riflettere attorno alla sincerità democratica di forze che nei fatti adottano mezzi da regime: una sorta di fascismo all'incontrario che, si badi bene, riguarda un po' tutti i soggetti attualmente presenti nel panorama politico italiano.
Quindi il ripristino delle preferenze, ed una Legge Elettorale di impianto proporzionalista, sul modello tedesco, con lo sbarramento per evitare l'eccessiva frammentazione.
Ogni componente potrà così presentarsi con il proprio programma; sarà poi la mediazione da farsi in sede politico-parlamentare, come delresto accade in Germania, che deciderà le alleanze. Si potranno poi studiare alcune riforme istituzionali per rafforzare l'esecutivo, quindi per l'ottenimento di una democrazia meglio governante. Come ben si vede, una strada completamente diversa rispetto a quella del premierato, proposta dall’attuale maggioranza.
Vedremo mai la nascita di questa forza? Non so, forse è utopia. Ma l'utopia nella storia umana ha spesso giocato un ruolo fondamentale.
Qualcosa sembra muoversi ed alcune figure di rilievo sembrano voler prendere le distanze dalle giravolte personalistiche del loro capo. C'è poi qualche segnale dalla società civile che speriamo trovi la forza di organizzarsi. Penso sia necessario un movimento di stimolo dal basso, anche se andrà guidato da una leadership forte e credibile.
Non è facile, ma di questo il
Paese avrebbe bisogno, per provare a fronteggiare le sfide che lo attendono sia
sul versante interno che su quello internazionale.
Certo la storia ci insegna che spesso non accade ciò che sarebbe opportuno accadesse. Speriamo che in questa circostanza si smentisca.
Infine la conclusione del mio ragionamento: andare oltre il suicidio dei "galli cedroni", ragionando finalmente di politica, ed armandosi di pazienza per affrontare un percorso seminato di ostacoli, che potrà dare frutti solo nel medio-lungo periodo, ma necessario per il Paese e, credo, anche capace di riportare alle urne quei milioni di elettori ed elettrici attualmente delusi, disaffezionati e smarriti.
Lucca, 29 luglio 2024
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