lunedì 10 marzo 2025

8 marzo:è nato il Partito Liberaldemocratico.

 Il Terzo Polo riprende forma e organizzazione.

Il sito del partito, con il Manifesto Programmatico e lo Statuto lo trovate all'indirizzo https://partitoliberaldemocratico.com/

E’ aperto il Tesseramento, il costo della Tessera è di euro 25, entro quest’anno 2025, verranno convocati i Congressi Provinciali, Regionali e Nazionale per l’elezione degli organi Dirigenti del Partito.

La preparazione dei Congressi e la gestione di questi mesi è demandata ad un

“Comitato per il Congresso del Partito Liberaldemocratico”, 

che dirigerà anche il Partito in via transitoria fino all’elezione del Segretario e dell’Assemblea Nazionale, ferma restando la legale rappresentanza in via transitoria in capo all’attuale Presidente Andrea Marcucci.

Ecco il Simbolo del Partito Liberaldemocratico.





giovedì 2 gennaio 2025

Alcuni pensieri attorno al Capodanno 2025 di Paolo Razzuoli

"Anno bisesto anno funesto". Raramente un detto popolare ha colto nel segno come per il 2024 che, viene da dire, "meno male che è finito". Un anno difficile,

che non ha visto soluzioni per nessuna delle crisi che ha ereditato dal precedente (conflitto Russia-Ucraina e crisi Medio Orientale), ma che ci ha riservato

anche tanti eventi estremi sul fronte climatico e, tanto per non smentirsi, si chiude con il grave incidente aereo accaduto in Corea. Sul finire ci ha

poi riservato la sorpresa della caduta di Hassad in Siria: vedremo come si evolverà la situazione in quel Paese, anche se, purtroppo i precedenti ce lo

insegnano, in quell'area la caduta dei dittatori viene seguita da complessi periodi di instabilità.

E rimanendo in quell'area, il 2024 si conclude con un altro fatto molto grave: l'arresto e la detenzione in Iran della giornalista Cecilia Sala. Una situazione

sicuramente molto complessa che, speriamo, possa risolversi al più presto.

 

Venendo alle cose politiche di casa nostra, penso che la novità più interessante sia il tentativo di riaggregazione di un polo liberal-riformista, dopo

l'irresponsabile scelta di andare divisi alle europee. Argomento su cui tornerò: speriamo che almeno su questo versante, il 2024 lasci un po' di buona

eredità.

Ma entriamo un po' più nel dettaglio dei vari scenari.

Se il 2024 è stato un anno di profondi cambiamenti, alcuni attesi – come le elezioni europee e americane – e altri del tutto imprevisti, come il collasso

del regime di Assad in Siria, il 2025 si annuncia come l’anno in cui i grandi attori mondiali saranno chiamati alla prova dei fatti. A trasformare insomma

piani, promesse e ambizioni in azioni concrete.

In Europa, il 2025 sarà la prova dei fatti innanzitutto per la nuova Commissione europea. La riconferma di Ursula von der Leyen, è avvenuta in un quadro

in cui la maggioranza che la sostiene è più fragile e meno coesa, proprio mentre le sfide che dovrà affrontare l’Europa crescono e si fanno sempre più

pressanti. I prezzi dell’energia oggi sono tre volte più alti che negli Stati Uniti, la produzione industriale dei grandi paesi europei ha accelerato il

suo (apparentemente inesorabile) declino, e i rapporti con gli Stati Uniti di Trump si preannunciano molto più tesi.

 

Non che manchino i piani (vedi il piano Draghi sulla concorrenza); ma occorrono risorse, che difficilmente potranno essere trovate in contesti politici

molto fragili.

Proprio qui emergono le fragilità dei due principali “motori” europei, che di riforme strutturali proprio non parlano. La Germania, che andrà al voto a

febbraio, deve fare i conti con un sistema economico che non è più sostenibile: energia russa a basso costo e esportazioni verso la Cina non si possono

più dare per scontate.

La Francia, invece, rischia di rimanere politicamente bloccata a lungo: le elezioni anticipate della scorsa estate e il divieto costituzionale di rivotare

entro un anno impediscono a Macron di provare a sbloccare la situazione, e al governo francese di agire con la forza necessaria per sanare i conti pubblici

e al contempo a trovare nuove strade di crescita.

Situazioni certo diverse, ma unite dal tratto comune di un quadro che non consente di affrontare le riforme di cui l'Europa ha urgente necessità.

 

Ed ora andiamo dall’altra parte dell’Atlantico dove il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, è una realtà concreta. Anche in questo caso, però, la prova

dei fatti arriva adesso. Dal 20 gennaio Trump dovrà dimostrare che le sue promesse non sono state solo un vociare indistinto ma di essere capace di dargli

concretezza. Dovrà scegliere quali e quante provare a realizzare subito, anche nel caso in cui mercati e opinione pubblica reagissero in maniera negativa.

Basta mettere in fila queste promesse per afferrarne la portata dirompente: imporre nuovi dazi alla Cina, ma minacciarli anche verso gli alleati (UE, Canada,

Messico); costringere i paesi europei della NATO ad aumentare ancora le spese per la difesa; espellere milioni di migranti irregolari; spingere la produzione

interna di petrolio e gas; abbassare le tasse senza approfondire le già alte disuguaglianze; licenziare decine di migliaia di dipendenti federali “alla

Milei”, semplificando norme e regolamenti; imporre un maggiore controllo presidenziale sulle decisioni della Fed sui tassi d’interesse.

Insomma, per l'Europa potrebbero arrivare tempi ancor più difficili: se ne accorgeranno anche quelli che hanno fatto e fanno l'occhiolino al nuovo inquilino

della Casa Bianca.

 

Il 2025 sarà l’anno della verità anche per la Cina. Xi Jinping, dopo aver ottenuto un terzo mandato nel 2022, conserva l’ambizione di rendere il proprio

un paese “pienamente sviluppato” entro il 2049, ma sa bene che al momento l’economia cinese è in bilico. La crescita sta infatti rallentando (si scenderà

forse sotto il 5% l’anno nel 2025); un dato che sta generando una sfiducia dei cittadini che il governo fatica a dissipare.

Ma torniamo in Europa. Il 2025 sarà un anno cruciale per capire che ne sarà delle grandi crisi alle nostre porte : quella in Ucraina e quelle (multiple

e incrociate) in Medio Oriente. Ci sarà una fine, o quantomeno una pausa, in queste guerre? E quanto queste sospensioni delle ostilità o de-escalation

saranno “giuste”? Quanto onerose?

Interrogativi che tutti ci poniamo, sperando che le ragioni della politica possano prevalere sulla forza delle armi.

Venendo ai temi di casa nostra, mi concentro sui movimenti che stanno interessando l'area liberal-democratica: tema che ad alcuno potrà sembrare marginale,

ma a mio avviso non lo è, posto che i suoi sviluppi potranno incidere sugli assetti ed equilibri di quadro politico.

Sulla inadeguatezza dell'attuale bipolarismo, o meglio "Bipopulismo", molto ho già scritto per cui non penso serva indugiarvi.

L'insuccesso delle liste diciamo "terzo poliste" alle elezioni europee non attesta certo la mancanza di uno spazio politico per tale proposta. Anzi, tenuta

presente la situazione a dir poco imbarazzante che ha preceduto la presentazione di quelle liste, il risultato ottenuto è stato sin troppo generoso.

 

Dopo quel risultato c'è chi ha fatto prevalere logiche di posizionamento personale, mentre altri hanno imboccato la strada più difficile: quella di cercare

ancora una volta l'aggregazione delle forze disponibili per la creazione di un nuovo soggetto di ispirazione liberal-democratica.

LO scorso 23 e 24 novembre a Milano, si è tenuto un interessante incontro fra tutte le forze disponibili a percorrere questa strada: un incontro in cui

si è potuta ascoltare la voce della politica vera, ed una forte volontà di coesione, pur nella consapevolezza degli ostacoli da superare.

Sarebbe un bellissimo regalo che il 2025 potrebbe fare al Paese, se potesse vedere la luce di questo progetto politico a cui sono impegnate realtà quali

"Orizzonti Liberali" di Luigi Marattin, i "Libdem" di Andrea Marcucci, esponenti della "Fondazione Einaudi", "NOS" di Alessandro Tommasi ed altri.

So bene dei fallimenti di cui è irta questa strada; ma la storia ci insegna che certe cose diventano possibili laddove un tempo non lo sono state. Quindi

la speranza è lecita, anche se la consapevolezza richiama la cautela.

Ovviamente ci sono tanti altri temi su cui l'Italia dovrà interrogarsi; e dovrà farlo nella consapevolezza che l'intero sistema Paese è chiamato ad un serio

sforzo di analisi e di autocritica. Dovrà certamente interrogarsi la politica, da tempo ormai incapace di dare risposte alle esigenze di cambiamento della

società, ma dovrà farlo altresì la società stessa, nel chiedere alla politica una capacità di visione e non soltanto il soddisfacimento di interessi corporativi.

Il Presidente della Repubblica ne ha tracciata una foto molto dettagliata, nel suo messaggio di auguri per il nuovo anno.

MI piace qui riportare le ultime parole di quel messaggio: "Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della

comunità nazionale. È un'impresa che si trasmette da una generazione all'altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza

siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte."

 Lucca, 1 gennaio 2025



 

martedì 12 novembre 2024

Assi viari lucchesi: finalmente!

I Riformisti plaudono alla decisione della Regione Toscana e del Comune di Capannori si sbloccare l’iter autorizzativo per realizzare l’Asse viario Nord Sud.

Ci sono stati molti ritardi per le indecisioni e divisioni nel PD, ma scelta finale e coraggiosa del Presidente Giani e l’Assessore Baccelli va apprezzata e condivisa.

Viene dato il via alla realizzazione di un’opera essenziale per lo sviluppo della Valle del Serchio e della Piana Lucchese, che liberà anche la circonvallazione e le Mura monumentali di Lucca dal traffico pesante.

Viene sconfitta finalmente la linea del no a tutto dell’ex Sindaco e Presidente della Provincia, Menesini, sul viale del tramonto e si vedono prevalere nuove linee politiche coraggiose da promettenti giovani politici.

Adesso da Regione, Lucca e Capannori ci attendiamo la velocizzazione del raddoppio ferroviario, altra opera essenziale, in grave ritardo realizzativo.

Francesco Colucci, Riformisti di Think Tank Reformists



sabato 12 ottobre 2024

ORIZZONTI LIBERALI: VERSO IL PARTITO LIBERAL-DEMOCRATICO

 Convocazione Assemblea degli Associati 26 Ottobre 2024

 Caro/a amico/a ,

nel ringraziarti di aver scelto da subito di far parte della comunità di Orizzonti Liberali, siamo qui a convocare - in ottemperanza all’articolo 26 dello Statuto - la prima Assemblea degli Associati in prima convocazione sabato 26/10 alle 6:30 di mattina ed in seconda convocazione sabato 26/10 alle 10:30 presso il Best Western Premier Hotel Royal Santina - Via Marsala 22 | 00185 - Roma (RM), con il seguente ordine del giorno:

1) Elezione Presidente e successivi adempimenti

2) Organizzazione evento “Il Coraggio di Partire - il cantiere per il futuro partito          Liberal-democratico” a Milano il prossimo 23-24 novembre

3) Analisi situazione politica nazionale e locale

4) Organizzazione dell’associazione su base regionale e provinciale

5) Varie ed eventuali

I lavori proseguiranno fino alle 16.00 del 26/10.

Ti preghiamo di confermare la tua presenza a Roma compilando questo format

L’assemblea è convocata in presenza, con possibilità di seguire i lavori da remoto senza tuttavia possibilità di voto in questa modalità.

Per le modalità di espressione della propria candidatura a presidente verrà inviato nei prossimi giorni un regolamento apposito.

Cordiali saluti.

Eric Zaghini, Il rappresentante legale di Orizzonti Liberali




 

 

martedì 1 ottobre 2024

Meno spesa meno tasse: anzitutto un problema di autorevolezza della politica di Paolo Razzuoli

Il pesante debito pubblico italiano non è un dato recente. Ho controllato le dichiarazioni programmatiche rese al Parlamento all'atto della richiesta di

Fiducia di molti dei tanti Presidenti del Consiglio che si sono succeduti dagli anni '80 in poi, e tutti hanno posto l'accento sulla necessità di ridurre

il fardello del debito pubblico. Salvo poi, soprattutto in alcuni casi, aver fatto una politica che proprio su fattori di ampliamento di tale debito ancorava

la ricerca del consenso elettorale.

Ciò soprattutto a partire dagli anni '80, allorché venendo sempre meno l'adesione ideale ai partiti, che già davano segnali di avvitamento in una spirale

di decadenza che li condurrà all'implosione, il consenso è stato sempre più ricercato mediante l'elargizione di sussidi, prebende e privilegi.

Un trend interrotto solo dai cosiddetti "Governi tecnici", una anomalia tutta italiana, a cui si è fatto ricorso in alcuni momenti in cui l'acuirsi della

crisi della politica non ha consentito di fronteggiare situazioni di particolare gravità emergenziale come, ad esempio, al momento dell'insediamento del

Governo Monti nell'autunno del 2011.

E per fortuna sono intervenuti i vincoli europei, che hanno costretto a contenere il disavanzo entro certi parametri. Non credo di dire una sciocchezza,

affermando che senza tali vincoli la politica avrebbe con ogni probabilità fatto peggio...

Aggiungo che la Riforma del quadro di revisione della spesa pubblica ("spending review") costituisce una delle riforme previste dal Piano Nazionale di

Ripresa e Resilienza (PNRR).

E' infatti dalla politica che credo si debba partire per cercare di rispondere alla domanda fondamentale: perché, nonostante che a parole ci sia piena consapevolezza

del problema, nessuno finora è riuscito a mettere in campo vere strategie di contenimento del debito?

Ebbene, credo che la risposta possa essere trovata nella incapacità della politica di possedere quella autorevolezza e quella forza senza le quali non

si può immaginare di affrontare un tema così complesso, così impattante su molti e diffusi interessi, sempre pronti ad erigere argini a qualsiasi ipotesi

che tali interessi possa ridimensionare.

Interessi che, puntualmente, trovano sempre gli strumenti per bloccare qualsiasi seria riforma, ricattando una politica sempre più avvitata nella ricerca

del consenso immediato, in barba ad una visione di lungo orizzonte, che invece costituisce il vero banco di prova di una classe politica che sappia guardare

alle prossime generazioni e non esclusivamente alle prossime elezioni.

Al di là delle semplificazioni e degli slogan, ridurre il disavanzo del bilancio pubblico non è certo operazione facile.

Come di tutta evidenza - posto che il deficit viene valutato in rapporto al Pil - occorre intervenire su due versanti, entrambi attualmente critici: quello

della crescita, quindi della competitività del sistema Paese da un lato, e quello di una seria e non superficiale analisi dei fattori distorsivi di spesa

dall'altro.

Versanti che richiedono una forte azione riformatrice, che solo una politica credibile, forte e sufficientemente coesa può far accettare all'opinione pubblica.

E' veramente molto arduo pensare che una politica sempre pronta a strumentalizzare tutto per ragioni di consenso, trasformando anche i problemi più seri

in un teatro di marionette, possa far fronte ad un impegno gigantesco, imposto da una società estremamente frammentata, in cui si muovono molteplici e

solidissimi interessi corporativi, fortemente conservatrice e sempre pronta a reagire qualvolta qualcuno provi a mettere in discussione l'attuale assetto.

A nessuno può sfuggire che ogni qualvolta qualcuno ha cercato di compiere qualche azione di razionalizzazione, o un sindacato o un comitato è sorto in

difesa degli interessi che si ritenevano lesi, così come settori della politica sono sempre stati pronti a cavalcare la protesta, quando ciò è stato ritenuto

utile per ragioni di bottega.

A scopo meramente esemplificativo, e non certo esaustivo, indico alcuni ambiti di intervento per la riduzione della spesa: ambiti che si tradurrebbero anche

in uno stimolo alla crescita ed alla competitività, dando così senso a quello stretto intreccio sussistente fra questi due fattori.

1) Analisi costi-benefici. - Anzitutto occorre partire da una seria volontà di indagare il rapporto costi-benefici, partendo dal presupposto che un importante

salto di qualità dei servizi potrà essere ottenuto anzitutto cercando di "spendere bene" e non, come da certi settori di pensiero sembra credersi, spendendo

sempre "di più".

2) Semplificazioni procedurali. - In Italia le procedure, sia per le persone che per le imprese, sono particolarmente gravose; una loro semplificazione

porterebbe benefici per tutti, e comporterebbe minor costi per l'apparato pubblico. Un fattore di efficientamento della P.A. potrebbe essere prodotto da

una massiccia estensione del principio del silenzio-assenso, e da una radicale semplificazione degli strumenti di giurisdizione civile ed amministrativa.

3 Invasività e costo della burocrazia. - In Italia l'intervento pubblico risulta particolarmente invasivo, e si esplica in una enorme ed abnorme quantità

di lacci e lacciuoli. Inoltre la burocrazia è costosa ed inefficiente, essendo anche progressivamente stato eliminato qualsiasi criterio meritocratico

nella valutazione delle performances.

4) Va tutelata la spesa sociale. - Quando si parla di debito pubblico, si citano sempre i pensionati, la spesa sociale e quella sanitaria. Ebbene, il tema

vero è quello dell'individuazione degli elementi distortivi di spesa in questi ambiti, non certo di un loro taglio indiscriminato, soprattutto pensando

agli scenari con cui dovranno confrontarsi le prossime generazioni. La tutela della coesione sociale è infatti un valore primario di una società giusta,

ordinata ed ispirata ai valori della nostra civiltà.

5) Costi degli apparati pubblici. - Un settore su cui è sicuramente possibile intervenire è quello dei costi diretti ed indiretti della politica e, più

in genere, degli enti pubblici. Al di là di incomprensibili privilegi assegnati ad alcune categorie (esempio personale delle Camere, del Quirinale, della

Banca d'Italia, della Corte deiConti o della Corte Costituzionale), vanno ricordati gli enormi costi per le consulenze, per i vari consigli di amministrazione

delle partecipate a livello locale, per i costi del complesso degli enti pubblici (non serve elencarli), che potrebbero essere ridimensionati mediante

una loro razionalizzazione. Insomma, c'è un ampio parterre di enti inutili che o andrebbero soppressi o quantomeno razionalizzati.

6) Costo delle opere pubbliche. - In Italia il costo delle opere pubbliche risulta mediamente superiore a quello degli altri Paesi UE. Normalmente si parte

con una previsione, che poi - puntualmente - risulta sempre sforata. Evidentemente c'è qualcosa che non funziona, o nella capacità di lavoro della Pubblica

Amministrazione, o in una legislazione che consente di fare furbate. Comunque sia, è un ambito su cui occorre intervenire. E qui ribadisco il tema della

qualità della dirigenza, che deve rispondere a criteri meritocratici e non a fattori di appartenenza politica.

Si potrebbe andare ulteriormente avanti, ma non credo che ciò risulti utile. Ciò che invece mi pare debba essere ribadito è che, senza un salto di qualità

della politica, l'obiettivo di riduzione della spesa pubblica risulterà illusorio. Almeno sino a quando, eventuali situazioni traumatiche, non impongano

scelte draconiane. un contesto questo non certo auspicabile giacché, nelle situazioni di emergenza, finiscono sempre per prevalere gli interessi dei più

forti...

Ho trattato il tema della riduzione della spesa, senza affrontare sinora quello della riduzione della pressione fiscale. E' chiaro che, al netto dalla demagogia,

i due temi sono intrecciati: senza la riduzione della spesa pubblica, mai si potrà affrontare quello della riduzione della pressione fiscale.

Tema spinoso, anche perché in Italia, accanto ai cittadini onesti che di tasse ne pagano troppe, c'è una ampia fascia di cittadini che di tasse ne pagano

poche rispetto ai loro redditi.

Ad ogni approvazione del bilancio dello Stato (un tempo si chiamava Finanziaria) riemerge, come un fiume carsico, il tema della lotta all'evasione fiscale.

Pur non essendo un esperto di politiche fiscali, Mi pare che vada auspicata una riforma basata sul contrasto di interessi fra il cittadino ed il prestatore

d'opera, unico mezzo per ridurre al minimo l'evasione fiscale.

Spero di essere riuscito ad illustrare la mia tesi secondo cui, "meno spesa meno tasse" è anzitutto un problema di qualità e di autorevolezza della politica, una "precondizione" a monte, senza cui questo - come tanti altri nodi che attendono di essere sciolti - rimarranno irrisolti.

In questa prospettiva, il titanico progetto di creazione di una forza liberal-riformista di cui Orizzonti Liberali è uno step unitamente ad altre esperienze,

va nella direzione giusta.

L'affermazione di un soggetto ispirato ai valori ed alla prassi politica del liberal-riformismo sarebbe un fattore di stabilizzazione e crescita del sistema

Paese, sia per la sua storia e tradizione politico-culturale, sia per l'equilibrio di cui in ogni circostanza ha dato prova.

E' un'impresa difficilissima, a cui augurare la riuscita. Sarebbe un bene per il nostro "Sistema Paese".

 

Lucca, 30 settembre 2024

 


martedì 24 settembre 2024

I Riformisti e le elezioni in Provincia.

I Riformisti auspicano che ci sia una discontinuità politica nella gestione della Provincia, con le prossime elezioni di fine settembre.

La fallimentare Presidenza Menesini, con il PD silente e passivo, che è costata alla nostra popolazione milioni di euro, per errori e ritardi nelle principali opere pubbliche, dal Ponte sul Serchio, agli Assi Viari, al raddoppio Ferroviario, non deve trovare continuità nel nuovo Presidente e nella nuova Giunta.

Menesini si ripresenta per essere eletto assessore nella lista del PD.

Una sua elezione sarebbe la conferma e la continuazione della sciagurata sua gestione in danno di tutta la popolazione della Valle del Serchio e Garfagnana, di Lucca e la piana, come è stato fino ad oggi.

I Riformisti fanno appello ai Sindaci e ai Consiglieri di tutti questi Comuni, al di là della loro colorazione politica, perché si privilegi una scelta di discontinuità con la gestione Menesini per il rispetto delle popolazioni di quei territori che hanno avuto danni evidenti nelle loro vite e nelle loro attività economiche da errori, mancate scelte, ritardi e boicottaggi.

Francesco Colucci, Riformisti.



 

 

domenica 22 settembre 2024

Uguaglianza meritocratica e competitiva di Paolo Razzuoli

 Sul senso dell'uguaglianza si è scritto e detto moltissimo, a partire dalla filosofia classica. Qui non voglio certo addentrarmi nella storia di come le epoche e culture hanno interpretato questo concetto. Mi limito ad un interrogativo di fondo: "che cosa significa uguaglianza?" Di quale uguaglianza parliamo?" la politica fa ampio uso di questo termine; Usiamo questa parola moltissime volte durante la giornata e, spesso, per rivendicarne un significato preciso. Ma siamo proprio sicuri di intendere la stessa cosa? Perché di uguaglianza si può parlare in tanti modi e con significati diversi. In estrema sintesi, forse eccessivamente semplificatoria, credo si possano elencare tre principali concetti di uguaglianza che si sono scontrati negli ultimi due secoli. Il primo è quello di uguaglianza giuridica, il che vuol dire che non ci devono essere leggi che valgono solo per un certo tipo di cittadini, il primo, il secondo e il terzo stato, o per una certa casta, ma che i diritti fondamentali (solitamente civili e politici) sono garantiti a tutti. Il secondo concetto è quello dell'uguaglianza delle opportunità o, "delle chances, o dei punti di partenza", cui si aggiunge necessariamente il principio del merito per la determinazione dei risultati. Il terzo è quello dell'uguaglianza di fatto, quello dei punti di arrivo per cui tutti debbono avere le medesime risorse. Se dovessimo illustrare queste diverse idee di uguaglianza facendo riferimento a una corsa, il concetto di uguaglianza giuridica ci direbbe che la gara è giusta se vince chi taglia per primo il traguardo, non chi ha il titolo di conte, barone, marchese, e così via. Il concetto di uguaglianza delle opportunità ci direbbe che una società è giusta se, partendo da uno stesso punto, vince chi taglia per primo il traguardo senza aiuti di sorta, ma solo in base al proprio merito, alla propria volontà, al proprio senso di responsabilità. In questa visione il criterio del merito diventa il criterio "giusto" per l'attribuzione dei premi proprio perché esiste anche un'uguaglianza delle opportunità. Il concetto di uguaglianza di fatto o dei punti di arrivo ci direbbe che una società è giusta se tagliano il traguardo tutti insieme, dandosi la mano. A questi tre modi di intendere l'uguaglianza, corrispondono altrettante visioni politiche: Il primo caso (uguaglianza giuridica), ci propone il modello liberale ottocentesco: lo stato deve fare in modo che la legge sia uguale per tutti, ossia deve garantire che il premio venga dato a chi effettivamente ha tagliato il traguardo per primo. Non è però compito dello stato quello di verificare se, e garantire che, tutti abbiano avuto le stesse possibilità di tagliare il traguardo per primi. Nel secondo caso (uguaglianza delle opportunità), non solo lo stato deve garantire l'uguaglianza giuridica, ma deve anche garantire un'adeguata uguaglianza dei punti di partenza. Ed infine il terzo caso (uguaglianza di fatto), è compito dello stato garantire che tutti taglino il traguardo insieme, il che vuol dire che chi è naturalmente più veloce deve dare una mano a chi è naturalmente più lento. Come dicevo sopra si tratta di una schematizzazione assai semplicistica, ma mi sembra possa rendere efficacemente l'idea di come il concetto di uguaglianza possa essere declinato in modi deltutto diversi. Ne deriva che quando si sente parlare dalla politica di uguaglianza, occorre chiedersi cosa realmente con ciò voglia intendersi, giacché a seconda del significato che le si attribuisce, si evoca un certo modello di società Le società differiscono nella misura in cui si dà prevalenza all'uno o all'altro concetto di uguaglianza e a quanto lo stato si debba impegnare per garantire la realizzazione dell'uno o dell'altro concetto. Temi fondamentali e discriminanti, per orientare le scelte elettorali. Sempre in estrema sintesi, si associa spesso al "liberismo" il concetto di uguaglianza di fronte alla legge, alla "democrazia sociale" quello di uguaglianza nei punti di partenza e al "comunismo" quello di uguaglianza nei punti di arrivo. Ebbene, qual'è l'idea di uguaglianza in una moderna società democratica, secondo la visione di una prospettiva libheral-riformista? Ecco la mia risposta. Circa l'uguaglianza di fatto, quella cioè riconducibile ad una visione comunista, la storia già si è incaricata di darci la risposta. Abbiamo già visto quali danni possono fare le visioni millenaristiche e massimaliste. basta citare Salvemini: "Se l'uomo pretende il paradiso negando il purgatorio, sicuramente avrà l'inferno". E l'inferno hanno avuto coloro che per buona parte del XX secolo sono stati posti sotto il giogo del comunismo. La sola "uguaglianza formale" ormai non è più sufficiente perlomeno in Europa, dove si è affermato un umanesimo che ha comportato, se pur in modo diverso, lo sviluppo e l'affermazione di politiche di Welfare e di pisioni ispirate ad economie sociali di mercato. A questo proposito può essere interessante riguardare l'opera dell'economista cattolico tedesco Wilhelm Roepkee. Rimane l'uguaglianza delle opportunità: quella che mi sembra più coerente con la visione liberal-democratica, in una moderna società. Quindi "uguaglianza" per consentire a ciascuno di potersi realizzare ma, allo stesso tempo, spazi di libertà per potersi affermare secondo il proprio merito e le propie capacità competitive. Ovviamente nel rispetto della dignità della persona, quindi garantendo anche a chi rimane indietro, le condizioni per una vita dignitosa. Quindi nel solco del "Welfare State", e di una visione ispirata all'economia sociale di mercato. Uguaglianza delle opportunità che in Italia affonda le radici nell'Art. 3 della Carta Costituzionale che così testualmente recita: " Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." Analogamente per l'istruzione all'art.34 dove si fa riferimento al merito: "La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso." Come si vede, parlare di uguaglianza meritocratica e competitiva non è così contraddittorio. L'uguaglianza delle opportunità non esclude in alcun modo il merito e la competitività. Anzi, entrambi sono stimoli fondamentali per la crescita, senza la quale vengono meno anche gli strumenti per garantire parità di condizioni di partenza. Senza crescita si ferma anche quell'ascensore sociale che può garantire a ciascuno di compiere il proprio percorso secondo le proprie capacità ed il proprio merito. In Italia, la meritocrazia e la competitività hanno sempre trovato vita difficile, e chi ha provato a mettere in campo qualche idea per stimolarle non ha avuto fortuna. Il merito, soprattutto dalla fine degli anni '60 in poi, ha trovato diffuse ostilità a partire dal mondo della scuola, dove l'idea di uguaglianza è stata interpretata come uguaglianza di arrivo, con il conseguente abbassamento del livello dell'istruzione ora sotto gli occhi di tutti. Analogo ragionamento riguarda la Pubblica Amministrazione, in cui è stato abbattuto qualsiasi criterio meritocratico, agganciando gli scarni avanzamenti di carriera al solo parametro dell'anzianità di servizio. Circa la competitività, trova ostacoli nelle difese corporative, che si innalzano ogni qualvolta si tenta di immettere nel sistema qualche boccata di aria nuova in questa direzione. Ebbene, proprio su questo terreno un progetto politico liberal-riformista dovrebbe trovare la capacità di una sintesi all'altezza delle sfide del tempo che viviamo: Garantire una effettiva uguaglianza delle opportunità, in un contesto di libertà che consenta a ciascuno di esprimersi, con le proprie capacità, con il proprio coraggio, con la voglia di sapersi mettere in gioco. In poche parole, valorizzando finalmente il merito e la competitività. E' una sfida difficile: ma senza coraggio non si riuscirà a risollevare questo Paese da quella sorta di torpore in cui sembra essersi adagiato. 

Lucca, 21 settembre 2024