giovedì 2 gennaio 2025

Alcuni pensieri attorno al Capodanno 2025 di Paolo Razzuoli

"Anno bisesto anno funesto". Raramente un detto popolare ha colto nel segno come per il 2024 che, viene da dire, "meno male che è finito". Un anno difficile,

che non ha visto soluzioni per nessuna delle crisi che ha ereditato dal precedente (conflitto Russia-Ucraina e crisi Medio Orientale), ma che ci ha riservato

anche tanti eventi estremi sul fronte climatico e, tanto per non smentirsi, si chiude con il grave incidente aereo accaduto in Corea. Sul finire ci ha

poi riservato la sorpresa della caduta di Hassad in Siria: vedremo come si evolverà la situazione in quel Paese, anche se, purtroppo i precedenti ce lo

insegnano, in quell'area la caduta dei dittatori viene seguita da complessi periodi di instabilità.

E rimanendo in quell'area, il 2024 si conclude con un altro fatto molto grave: l'arresto e la detenzione in Iran della giornalista Cecilia Sala. Una situazione

sicuramente molto complessa che, speriamo, possa risolversi al più presto.

 

Venendo alle cose politiche di casa nostra, penso che la novità più interessante sia il tentativo di riaggregazione di un polo liberal-riformista, dopo

l'irresponsabile scelta di andare divisi alle europee. Argomento su cui tornerò: speriamo che almeno su questo versante, il 2024 lasci un po' di buona

eredità.

Ma entriamo un po' più nel dettaglio dei vari scenari.

Se il 2024 è stato un anno di profondi cambiamenti, alcuni attesi – come le elezioni europee e americane – e altri del tutto imprevisti, come il collasso

del regime di Assad in Siria, il 2025 si annuncia come l’anno in cui i grandi attori mondiali saranno chiamati alla prova dei fatti. A trasformare insomma

piani, promesse e ambizioni in azioni concrete.

In Europa, il 2025 sarà la prova dei fatti innanzitutto per la nuova Commissione europea. La riconferma di Ursula von der Leyen, è avvenuta in un quadro

in cui la maggioranza che la sostiene è più fragile e meno coesa, proprio mentre le sfide che dovrà affrontare l’Europa crescono e si fanno sempre più

pressanti. I prezzi dell’energia oggi sono tre volte più alti che negli Stati Uniti, la produzione industriale dei grandi paesi europei ha accelerato il

suo (apparentemente inesorabile) declino, e i rapporti con gli Stati Uniti di Trump si preannunciano molto più tesi.

 

Non che manchino i piani (vedi il piano Draghi sulla concorrenza); ma occorrono risorse, che difficilmente potranno essere trovate in contesti politici

molto fragili.

Proprio qui emergono le fragilità dei due principali “motori” europei, che di riforme strutturali proprio non parlano. La Germania, che andrà al voto a

febbraio, deve fare i conti con un sistema economico che non è più sostenibile: energia russa a basso costo e esportazioni verso la Cina non si possono

più dare per scontate.

La Francia, invece, rischia di rimanere politicamente bloccata a lungo: le elezioni anticipate della scorsa estate e il divieto costituzionale di rivotare

entro un anno impediscono a Macron di provare a sbloccare la situazione, e al governo francese di agire con la forza necessaria per sanare i conti pubblici

e al contempo a trovare nuove strade di crescita.

Situazioni certo diverse, ma unite dal tratto comune di un quadro che non consente di affrontare le riforme di cui l'Europa ha urgente necessità.

 

Ed ora andiamo dall’altra parte dell’Atlantico dove il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, è una realtà concreta. Anche in questo caso, però, la prova

dei fatti arriva adesso. Dal 20 gennaio Trump dovrà dimostrare che le sue promesse non sono state solo un vociare indistinto ma di essere capace di dargli

concretezza. Dovrà scegliere quali e quante provare a realizzare subito, anche nel caso in cui mercati e opinione pubblica reagissero in maniera negativa.

Basta mettere in fila queste promesse per afferrarne la portata dirompente: imporre nuovi dazi alla Cina, ma minacciarli anche verso gli alleati (UE, Canada,

Messico); costringere i paesi europei della NATO ad aumentare ancora le spese per la difesa; espellere milioni di migranti irregolari; spingere la produzione

interna di petrolio e gas; abbassare le tasse senza approfondire le già alte disuguaglianze; licenziare decine di migliaia di dipendenti federali “alla

Milei”, semplificando norme e regolamenti; imporre un maggiore controllo presidenziale sulle decisioni della Fed sui tassi d’interesse.

Insomma, per l'Europa potrebbero arrivare tempi ancor più difficili: se ne accorgeranno anche quelli che hanno fatto e fanno l'occhiolino al nuovo inquilino

della Casa Bianca.

 

Il 2025 sarà l’anno della verità anche per la Cina. Xi Jinping, dopo aver ottenuto un terzo mandato nel 2022, conserva l’ambizione di rendere il proprio

un paese “pienamente sviluppato” entro il 2049, ma sa bene che al momento l’economia cinese è in bilico. La crescita sta infatti rallentando (si scenderà

forse sotto il 5% l’anno nel 2025); un dato che sta generando una sfiducia dei cittadini che il governo fatica a dissipare.

Ma torniamo in Europa. Il 2025 sarà un anno cruciale per capire che ne sarà delle grandi crisi alle nostre porte : quella in Ucraina e quelle (multiple

e incrociate) in Medio Oriente. Ci sarà una fine, o quantomeno una pausa, in queste guerre? E quanto queste sospensioni delle ostilità o de-escalation

saranno “giuste”? Quanto onerose?

Interrogativi che tutti ci poniamo, sperando che le ragioni della politica possano prevalere sulla forza delle armi.

Venendo ai temi di casa nostra, mi concentro sui movimenti che stanno interessando l'area liberal-democratica: tema che ad alcuno potrà sembrare marginale,

ma a mio avviso non lo è, posto che i suoi sviluppi potranno incidere sugli assetti ed equilibri di quadro politico.

Sulla inadeguatezza dell'attuale bipolarismo, o meglio "Bipopulismo", molto ho già scritto per cui non penso serva indugiarvi.

L'insuccesso delle liste diciamo "terzo poliste" alle elezioni europee non attesta certo la mancanza di uno spazio politico per tale proposta. Anzi, tenuta

presente la situazione a dir poco imbarazzante che ha preceduto la presentazione di quelle liste, il risultato ottenuto è stato sin troppo generoso.

 

Dopo quel risultato c'è chi ha fatto prevalere logiche di posizionamento personale, mentre altri hanno imboccato la strada più difficile: quella di cercare

ancora una volta l'aggregazione delle forze disponibili per la creazione di un nuovo soggetto di ispirazione liberal-democratica.

LO scorso 23 e 24 novembre a Milano, si è tenuto un interessante incontro fra tutte le forze disponibili a percorrere questa strada: un incontro in cui

si è potuta ascoltare la voce della politica vera, ed una forte volontà di coesione, pur nella consapevolezza degli ostacoli da superare.

Sarebbe un bellissimo regalo che il 2025 potrebbe fare al Paese, se potesse vedere la luce di questo progetto politico a cui sono impegnate realtà quali

"Orizzonti Liberali" di Luigi Marattin, i "Libdem" di Andrea Marcucci, esponenti della "Fondazione Einaudi", "NOS" di Alessandro Tommasi ed altri.

So bene dei fallimenti di cui è irta questa strada; ma la storia ci insegna che certe cose diventano possibili laddove un tempo non lo sono state. Quindi

la speranza è lecita, anche se la consapevolezza richiama la cautela.

Ovviamente ci sono tanti altri temi su cui l'Italia dovrà interrogarsi; e dovrà farlo nella consapevolezza che l'intero sistema Paese è chiamato ad un serio

sforzo di analisi e di autocritica. Dovrà certamente interrogarsi la politica, da tempo ormai incapace di dare risposte alle esigenze di cambiamento della

società, ma dovrà farlo altresì la società stessa, nel chiedere alla politica una capacità di visione e non soltanto il soddisfacimento di interessi corporativi.

Il Presidente della Repubblica ne ha tracciata una foto molto dettagliata, nel suo messaggio di auguri per il nuovo anno.

MI piace qui riportare le ultime parole di quel messaggio: "Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della

comunità nazionale. È un'impresa che si trasmette da una generazione all'altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza

siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte."

 Lucca, 1 gennaio 2025



 

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