Inizio queste mie brevi
riflessioni con una citazione di Luigi Einaudi che, oltre ad essere stato un
grande presidente della Repubblica, è stato un acutoeconomista, un raffinato
intellettuale ed un illuminato politico:
"La necessità di
unificare l’Europa è evidente. Gli Stati esistenti sono polvere senza sostanza.
Nessuno di essi è in grado di sopportare il costo di unadifesa autonoma. Solo
l’unione può farli durare.
Il problema non è tra l’indipendenza e l’unione: è
tra l’esistere uniti e lo scomparire".
Parole queste che, nella loro
semplice ma eloquente chiarezza, sarebbero sufficienti ad indicare il senso di
una scelta: quella di non sottovalutare questeelezioni e, nel contempo, di
scegliere rappresentanti che, convintamente, credano nella prospettiva degli
Stati Uniti d'Europa.
Parole, quelle di Einaudi,
particolarmente profetiche avendo presente la temperie politico-culturale in
cui sono state pronunciate.
Da poco l'Europa era uscita da una delle più
grandi tragedie della sua storia. Una tragedia che ha insanguinato il
continente con una guerra terribile che proprio in Europa ha visto il punto d'innesco.
Sarà forse per l'immane
tragedia vissuta che una classe dirigente particolarmente illuminata ha saputo
nel secondo dopoguerra, se pur incontrando difficoltà, impostare le scelte di fondo
su cui poggiano le attuali istituzioni europee.
Ho citato Einaudi; ma molti
altri hanno contribuito, se pur appartenenti a culture diverse, alla
costruzione del percorso europeo: Altiero Spinelli ed Ernesto
Rossi, gli autori del
manifesto di Ventotene; De Gasperi, Schumann ed Adenauer, quali statisti
convinti propugnatori della visione europeista nei lororispettivi Paesi.
Non è certo questa la sede
per tracciare il percorso storico delle istituzioni europee. Una storia però
che andrebbe conosciuta, soprattutto dai più giovani ai quali maggiormente
appartiene il futuro.
Oggi va tanto di moda
criticare l'Europa. Lo si fa con particolare superficialità in Italia dove si
tende sempre ad addossare ad altri la responsabilità delle proprie inefficienze.
Lo si fa spesso senza alcun
pudore, senza rendersi conto dei danni che siffatti atteggiamenti producono.
Nessuno è tanto ingenuo da
non rendersi conto dei difetti che hanno le attuali istituzioni dell'Unione
Europea.
Ma nessuno può essere
altrettanto ingenuo, o peggio in malafede, da non capire che senza le
istituzioni europee la storia di questo continente non avrebbe consentito il raggiungimento
dei traguardi di sviluppo economico e civile che ha raggiunto.
Non importa
dilungarsi troppo; basta confrontare la storia europea della prima metà del
Novecento con quella successiva.
Il tempo che viviamo è
particolarmente complesso. La rapidità delle trasformazioni e le sfide
gigantesche con cui siamo chiamati a confrontarci, impongono lungimiranza e grande senso
di responsabilità. Siamo immersi in un trauma della storia dal quale non è
facile prevedere il percorso d'uscita.
Certo la strada non potrà
essere quella, peraltro già percorsa con le tragiche conseguenze che
conosciamo, dell'esaltazione dei sovranismi, dell'evocazione dei fantasmi dei
nazionalismi, insomma del ripiegamento su un passato che ci ha portato
sull'orlo di un abisso senza ritorno.
E' pertanto fondamentale che
nel Parlamento di Strasburgo si affermino forze sinceramente europeiste: è
importante affinché il nostro continente possa proseguire il suo percorso di sviluppo
in un mondo sempre più polarizzato, è importante affinché l'Europa possa
accreditarsi quale faro della democrazia rappresentativa, in un contesto in cui appare
minacciata da fattori esterni ed interni.
In estrema sintesi, basta
pensare alla deriva populista e autoritaria, che sta inquinando molte
democrazie anche ben consolidate.
In quest'ultima prospettiva,
le elezioni Europee e quelle americane del prossimo novembre, costituiscono un
banco di prova per la verifica della capacità di tenuta delle istituzioni
di democrazia rappresentativa: in questo senso il 2024
potrebbe presentarsi quale spartiacque della storia non può poi essere ignorato
il versante economico-politico, rispetto al quale l'Europa si trova di fronte
ad un bivio: imboccare la strada dell'unità o essere condannata
all'irrilevanza. ciò è vero per la dimensione economica, ormai appannaggio di
giganti quali Usa e Cina, o di economie emergenti quali quella indiana.
Mentre sul
versante più prettamente politico appare evidente come solo un'Europa unita
potrà far sentire la propria voce di fronte alle mire neoespansioniste della
Russia di cui la guerra Ucraina è un chiaro segnale, oppure negli altri scenari
di crisi che si stanno accendendo in varie parti del pianeta.
Un contesto che non credo
richieda ulteriori esempi.
Le elezioni europee sono
quindi particolarmente importanti proprio per ciò che si va ad eleggere. In
Italia, ma probabilmente non solo, le elezioni europee vengono vissute quale
termometro di consenso delle forze politiche interne.
No, queste elezioni non
vanno vissute con gli occhi rivolti all'interno (a Roma) bensì con occhi e testa
rivolti all'europa (Bruxelles e Strasburgo) : la nostra casa comune che
dobbiamo consolidare e far crescere.
Qualche mese fa ho visto la
lungimirante proposta di un politologo, Angelo Panebianco, di presentare per il
Parlamento Europeo liste omogenee su base transnazionale.
Una proposta che, se accolta,
avrebbe rappresentato uno straordinario scatto riformatore.
Naturalmente, come purtroppo
spesso capita alle proposte veramente innovative, non se n'è fatto di nulla.
Tuttavia possiamo sempre mandare nel Parlamento Europeo rappresentanti che ci
credono e che - se eletti - scelgano quel ruolo in modo pieno e consapevole.
L'impegno europeo non può essere di ripiego: richiede infatti studio,
dedizione, passione, conoscenza del territorio, delle culture, dei costumi,
della storia.
E' quanto mi sembra di
rinvenire nella proposta della lista Stati Uniti d'Europa, di cui indico alcuni
punti:
L’obiettivo principale è
trasformare l’Ue in un "vero e proprio Stato".
Alle elezioni europee dell’8
e 9 giugno i candidati di Italia Viva e Più Europa faranno parte della stessa
lista, chiamata “Stati Uniti d’Europa”, insieme ad altri quattro tra partiti
e movimenti politici: il Partito Socialista Italiano, i Radicali Italiani, i
Libdem Europei e L’Italia c’è.
Il programma è
suddiviso in 12 brevi capitoli. «La nostra Unione europea, frutto di scelte
coraggiose in un continente distrutto dalle guerre e diviso dalle ideologie, sta
affrontando oggi la fase più critica dal secondo dopoguerra.
Oggi l’Europa è a
un bivio: o assume un ruolo centrale nel mondo o è destinata a rimanere
marginale», si legge nel primo capitolo. «È ora di mettere mano ai Trattati
istitutivi e fare passi avanti verso gli Stati Uniti d’Europa, con un governo che risponda
al Parlamento europeo, una politica estera, di difesa, fiscale e migratoria
comune e l’eliminazione del voto all’unanimità.
Un vero e proprio Stato
Europeo».
L'8 e 9 giugno andiamo quindi
a votare, e scegliamo personale che offra garanzie per una realistica e seria
visione europeista.
Al di là di certa squallida retorica nostrana,
ricordiamoci che una seria politica europea è la "soluzione e non il
problema".